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Cervino Film Festival: Ora e sempre primavera la' in Corea

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  • Cervino Film Festival: Ora e sempre primavera la' in Corea

    La Stampa
    July 26, 2004

    CERVINO FILM FESTIVAL Ora e sempre primavera La' in Corea

    by Rondolino Gianni


    Gianni Rondolino CERVINIA La giuria internazionale, di cui faceva
    parte l'alpinista e scrittore inglese Simon Yates, che con Joe
    Simpson si e' avventurato sulle Ande peruviane (la cui impresa e'
    stata immortalata da Kevin Macdonald nel film ""Touching the Void"" ,
    che uscira' prossimamente nelle nostre sale), ha voluto dare il
    premio al lungometraggio ""Primavera, estate, autunno, inverno... e
    ancora primavera"" del coreano Kim Ki-Duk, gia' noto al pubblico
    italiano. Ma forse c'erano altri film da segnalare nella sezione,
    breve ma corposa, dei lungometraggi in concorso alla 7 edizione del
    Cervino Internationale Film Festival che, sotto la direzione di
    Valeriana Rosso, si e' conclusa l'altra sera a Cervinia. Certo il
    film di Kim Ki-Duk e' per molti versi affascinante, con immagini che
    attirano per la loro bellezza, col ritmo lento e meditativo di una
    storia di formazione religiosa non priva di valenze simboliche, con
    una natura che si fa personaggio; ma proprio l'estetismo di fondo
    avrebbe dovuto mettere in guardia uno spettatore attento, un critico
    avveduto. Il quale, di fronte a due altri film come l'iraniano
    ""Piccoli fiocchi di neve"" di Ali-Reza Amini e il russo
    ""Affreschi"" di Aleksandr Gutman, certamente meno belli e raffinati,
    si sarebbe dovuto accorgere della loro incisivita' drammatica, del
    loro genuino spirito innovatore. Perche' di questo si tratta, di due
    sguardi sulla realta' non velati da formalismi di sorta, ma concreti,
    attenti al particolare, in cui il documentario si coniuga con la
    finzione per darci un ritratto sfaccettato di un'umanita' ferita,
    solitaria, incerta sul futuro.

    Il film iraniano narra la storia di due guardiani di una miniera
    sperduta fra le montagne che vivono la loro vita quotidiana, isolata
    dal mondo esterno, chiusa in pochi gesti e pochi fatti, che guardano,
    attraverso un binocolo, la realta' lontana, un mondo sconosciuto,
    forse un luogo dell'anima. Quello russo, girato in un villaggio
    armeno distrutto dal terremoto, e' invece la storia di Varukh, un
    ragazzo che vive fra le macerie, in mezzo a un popolo che conduce la
    sua vita di stenti senza lamentarsi, aggrappato a un passato che
    forse puo' tornare: un ragazzo che osserva il mondo con occhi al
    tempo stesso ingenui e curiosi, allegri e maturi.

    A cui e' affidata l'immagine di una nazione ferita, che guarda avanti
    senza lasciarsi sconfiggere dalle distruzioni, dai lutti, dalle
    paure. Due esempi di cinema ""povero"" che bene si collocano nel
    panorama variegato, ricco di documentari di montagna e d'avventura
    (fra cui alcuni sull'Everest e sul K2 ed uno, ""Bergfilm"" di Michael
    Wachtler, sul cinema di montagna di Arnold Fanck, Luis Trenker e Leni
    Riefenstahl), che ha offerto quest'anno il Cervino Film Festival.
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