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Eccidio di armeni, i giovani ricordano

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    Avvenire, Italia
    Sabato 23 aprile 2005


    Eccidio di armeni, i giovani ricordano

    Nell'anniversario dei massacri più gravi, i bambini disegnano i
    racconti dei nonni. Un nuovo approccio al problema storiografico
    della Turchia


    Di Camille Eid

    Nel cortile del Vang, l'antico monastero armeno di Isfahan, sono
    esposti da un mese oltre duecento disegni tracciati dagli studenti
    della scuola armena di questa città iraniana. Tutti rappresentano
    scene agghiaccianti: gente uccisa o condotta in esilio, chiese date
    alle fiamme, case distrutte. Nell'adiacente museo, frequentatissimo
    anche da musulmani iraniani, una grande cartina illustra le città
    dell'Anatolia toccate dal massacro. Dappertutto nel mondo, ovunque si
    trovino comunità armene, la vita si ferma il 24 aprile. È la
    commemorazione del genocidio subito dai loro nonni nel 1915 ad opera
    dei Giovani Turchi, di cui ricorre domani il novantesimo
    anniversario. A distanza di novant'anni, il gergo ufficiale di Ankara
    parla ancora del sözde ermeni soykirim, il «cosiddetto genocidio
    armeno». Non mancano tuttavia da qualche anno voci che sollecitano
    una revisione storiografica. Nel 2000 fu lo storico e sociologo turco
    Taner Akçam a lanciare un nuovo approccio alla ermeni sorunu (la
    Questione armena) nel suo libro «Svelando il tabù armeno» in cui
    difende la legittimità di parlare del genocidio e preconizza la via
    del dialogo con gli armeni. La reazione degli schieramenti politici
    turchi e della stampa locale all'opera di Akçam (ha venduto solo
    mille copie) non fu certo tenera, ma quella strada è stata da allora
    battuta da altri intellettuali. Una giornalista di Radikal scriveva
    «Per anni, la Turchia ha pensato che bastava proclamare l'assenza di
    genocidio, ma non ha preso alcuna iniziativa per provare che non si è
    prodotto. Voglio sapere la verità, nient'altro che la verità». Lo
    scorso mese, il quotidiano turco Milliyet annunciava la convocazione
    di un simposio che riunirà ad Ankara alla fine di maggio numerosi
    storici ed esperti internazionali della questione. «1915-1916:
    genocidio, diritto, psicologia e storia», questo è il tema
    dell'incontro finanziato (si parla di un bilancio di 65mila dollari)
    dal ministero degli Esteri turco e dal Consiglio per la sicurezza
    interna. Vi partecipano specialisti di genocidi, giuristi e storici
    dell'Impero ottomano di fama mondiale. Che il governo di Erdogan
    abbia deciso di cambiare modo di approccio alla questione è ormai
    chiaro. Lasciare campo libero agli armeni, pensano i turchi, per
    inondare il mercato internazionale di opere sui "fatti" del 1915 e i
    parlamenti di mezzo mondo di petizioni che sollecitano il
    riconoscimento del genocidio armeno non è certo una strategia
    vincente. La settimana scorsa, il capo della diplomazia di Ankara ha
    proposto all'Armenia di far luce una volta per tutte sui tragici
    eventi istituendo una commissione congiunta d'inchiesta, prima di
    aggiungere che l'amministrazione ottomana non ha mai ordinato uno
    sterminio sistematico e massiccio della popolazione armena sul suo
    territorio. Secco rifiuto di Erevan. «Non abbiamo nulla da provare.
    Il genocidio ha avuto luogo. È un fatto indiscutibile», ha risposto
    il premier armeno Margarian. «In Armenia - ha aggiunto - la gente non
    ha appreso di quella tragedia dai libri di scuola ma sulla propria
    pelle, dai padri e dai nonni». Sebbene la Turchia abbia riconosciuto
    l'indipendenza dell'Armenia nel 1991, non esistono relazioni
    diplomatiche tra i due Paesi a motivo del profondo disaccordo sul
    genocidio. A fronte di stime armene che parlano di almeno 1,2 milioni
    di vittime, Ankara riconosce la morte di un massimo di 300 mila
    armeni, principalmente a causa delle malattie o degli attacchi delle
    bande curde nel corso della loro deportazione in Siria. Soprattutto,
    la Turchia afferma che si trattava della repressione di un Impero in
    declino contro una popolazione accusata di connivenza con il nemico
    russo e che decine di migliaia di turchi sono stati uccisi dai
    ribelli nazionalisti armeni. Di sicuro, a favorire questo nuovo
    approccio turco la condizione posta dagli europei per l'ingresso
    nella Ue. Lo scorso 14 aprile, nel corso della riunione a Strasburgo
    della delegazione interparlementare Ue-Armenia è stato osservato un
    minuto di silenzio «in memoria delle vittime del genocidio». Inoltre,
    la dichiarazione finale ha «ribadito tutte le risoluzioni del
    Parlamento europeo sul genocidio armeno e, all'alba del 90esimo
    anniversario di questo evento, invita le autorità turche a
    intraprendere un processo di riconciliazione, totale e sincero,
    internazionale e nazionale, su questa questione». Un processo che si
    annuncia lungo. All'indomani del riconoscimento, nel maggio 2001 da
    parte del Parlamento francese, del genocidio armeno, il quotidiano
    turco Zaman deplorava il poco interesse per lo studio di quel periodo
    storico da parte dei turchi. «Si tratta di un'amara realtà»,
    constatava il quotidiano: Il Parlamento francese ha adottato quella
    legge perché si trovano in Francia oltre 26mila opere che difendono
    il punto di vista armeno. Cosa proponiamo noi invece? 84 libri e 29
    sussidi universitari».
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