GLI EBREI RACCONTANO IL GENOCIDIO ARMENO
Antonia Arslan
Avvenire.it
http://www.avvenire.it/Cultura/genocidio+armeni_201108160832418570000.htm
16 Ago, 2011
Italia
Lo scorso marzo, in California, ho letto in bozze, tutto d'un
fiato, un libro che mi ha colpito moltissimo, imparando molte cose,
commovendomi, confrontando idee e sensazioni. Ho amato i personaggi
che mi sfilavano davanti, condiviso le loro angoscianti esperienze e
la loro risoluta volonta di testimoniare. Ã~H una storia di armeni e
di ebrei. L'autore ha cercato e raccolto le parole degli ebrei che
hanno seguito in prima persona il procedere del genocidio armeno,
vivendo da vicino quei mesi e quegli anni terribili, spesso in
posizioni privilegiate di osservazione.
Del più famoso, l'ambasciatore americano a Costantinopoli, Henry
Morgenthau, nel gennaio scorso è stato tradotto in Italia, per
l'editrice Guerini, il Diario 1913-1916. Ma ce ne sono tanti altri.
Pro Armenia. Jewish Responses to the Armenian Genocide (Risposte
ebraiche al genocidio armeno), attraverso l'accurata scelta dei testi
fatta da un eccellente ricercatore californiano, Vartkes Yeghiayan,
da voce alla loro voce. Essi sfilano nel libro, uno dopo l'altro, e
raccontano. Quello che hanno visto, quello che pensano, il disgusto
che provano: e ognuno tiene un linguaggio differente, ognuno scrive
per un pubblico differente - o per se stesso. Ma in ogni testimonianza
ritorna, con infallibile puntualita, la stessa tragica storia. Come
in una scena di film, girata più volte da differenti angoli di
prospettiva, ma con gli stessi attori che recitano le stesse battute,
da ognuno ritroviamo descritta la tecnica delle stragi degli armeni:
l'uccisione degli uomini, la deportazione verso il nulla di donne,
vecchi e bambini, gli assalti alle carovane, i gendarmi avidi e
crudeli, l'apocalisse del ferro e del fuoco. A tutti appare chiara,
con palmare evidenza, la certezza della premeditazione: cioè la
volonta precisa, da parte dei Giovani turchi a capo del governo
ottomano, di pianificare con estrema accuratezza gli eventi.
Attraverso i tanti racconti di testimoni oculari, facenti parte di
un popolo, quello ebraico, ahimè più che esperto nel riconoscere i
sintomi di pogrom e persecuzioni, il lettore rivive con immediatezza
i fatti che condussero all'eliminazione degli armeni dalle loro
sedi ancestrali, e la brutalita efficiente dei membri del partito
e delle bande di irregolari. Questi si servirono per i loro scopi
di ogni astuzia e ogni mezzo possibile, disarmando i soldati di
origine armena, annientando gli sporadici tentativi di resistenza,
costringendo le donne alle marce della morte, col risultato finale di
"estirpare" dalle radici la struttura sociale, culturale e religiosa
del popolo armeno. Â"In tutti gli anni di questa guerra piena di
orrori - scrive per esempio nel 1917 Lewis Einstein, segretario
d'ambasciata a Costantinopoli - questo [l'annientamento degli armeni,
ndr] resta il più efferato. Niente può eguagliare la distruzione di
un'intera razza, organizzata in segretoÂ". E Aaron Aaronsohn, suddito
ottomano, nel suo appello Pro Armenia: Â"I massacri armeni sono stati
accuratamente pianificati dai turchi, ma i tedeschi condivideranno
per sempre l'odiosita di quest'attoÂ".
Concorda con forza, ancora nel 1917, André Mandel'štam, segretario
dell'ambasciata russa a Costantinopoli. Ancora più impressionanti
sono le testimonianze dei componenti del famoso gruppo "Nili",
costituito da alcuni giovani ebrei, figli di famiglie emigrate dalla
Romania in Palestina alla fine dell'Ottocento, che, dalla loro
postazione all'interno dell'impero ottomano, decisero di fornire
preziose informazioni strategiche all'intelligence inglese. L'aver
assistito impotenti al passaggio delle carovane degli armeni avviati
allo sterminio, e la sensazione che dopo gli armeni lo stesso destino
poteva toccare agli ebrei, influì potentemente sulla loro decisione.
Il capo del gruppo, Aaron Aaronsohn, era un agronomo geniale, che
nel 1906 aveva ritrovato in Palestina il "grano primigenio" allo
stato selvatico. Le informazioni fornite dal gruppo furono preziose
per l'esito della guerra in Siria e in Palestina. E tuttavia, sono
i loro scritti ad essere impressionanti: vi si percepisce non solo
l'accuratezza dei resoconti ma anche l'empatia compassionevole verso
le disgraziate vittime armene: Â"I campi sono deserti, attorno al
pozzo dei villaggi le ragazze armene non riempiono più le loro
anfore. I turchi sono passati di la! [...] Armeni, fratelli miei,
noi non possiamo aspettarci niente dai governi, noi abbiamo soltanto
le nostre anime...Â".
Commovente è la storia di Sara. Lei non scrive, soffre e agisce.
Nell'estate del 1915, viaggiando da Costantinopoli verso casa,
attraversa tutta l'Anatolia, vede con i suoi occhi ciò che viene fatto
agli armeni, e ne rimane intossicata per sempre, tanto da coinvolgere
profondamente i suoi fratelli, e da venir colpita in seguito da seri
disturbi psichici. Ma quando, nel settembre 1917, verra scoperta,
imprigionata e torturata, Sara non rivelera niente dell'attivita del
suo gruppo; si limitera a inveire contro i suoi torturatori in arabo,
yiddish e francese, chiamandoli codardi e bestie selvagge, ma anche
affermando la sua vittoria: Â"Voi siete perduti! I nostri salvatori
stano arrivando. Io ho salvato il mio popolo, io ho vendicato il
sangue degli armeni. Che siate maledetti fino alla fine dei tempi!Â".
Infine, non mancano pagine di Raphael Lemkin, il grande giurista
ebreo-polacco che inventò il termine "genocidio", riferendosi -
come scrive - prima di tutto agli armeni: della loro tragedia si
era infatti occupato fin dagli anni Venti. Una lettura avvincente e
stimolante, che apre inaspettate prospettive.
From: Emil Lazarian | Ararat NewsPress
Antonia Arslan
Avvenire.it
http://www.avvenire.it/Cultura/genocidio+armeni_201108160832418570000.htm
16 Ago, 2011
Italia
Lo scorso marzo, in California, ho letto in bozze, tutto d'un
fiato, un libro che mi ha colpito moltissimo, imparando molte cose,
commovendomi, confrontando idee e sensazioni. Ho amato i personaggi
che mi sfilavano davanti, condiviso le loro angoscianti esperienze e
la loro risoluta volonta di testimoniare. Ã~H una storia di armeni e
di ebrei. L'autore ha cercato e raccolto le parole degli ebrei che
hanno seguito in prima persona il procedere del genocidio armeno,
vivendo da vicino quei mesi e quegli anni terribili, spesso in
posizioni privilegiate di osservazione.
Del più famoso, l'ambasciatore americano a Costantinopoli, Henry
Morgenthau, nel gennaio scorso è stato tradotto in Italia, per
l'editrice Guerini, il Diario 1913-1916. Ma ce ne sono tanti altri.
Pro Armenia. Jewish Responses to the Armenian Genocide (Risposte
ebraiche al genocidio armeno), attraverso l'accurata scelta dei testi
fatta da un eccellente ricercatore californiano, Vartkes Yeghiayan,
da voce alla loro voce. Essi sfilano nel libro, uno dopo l'altro, e
raccontano. Quello che hanno visto, quello che pensano, il disgusto
che provano: e ognuno tiene un linguaggio differente, ognuno scrive
per un pubblico differente - o per se stesso. Ma in ogni testimonianza
ritorna, con infallibile puntualita, la stessa tragica storia. Come
in una scena di film, girata più volte da differenti angoli di
prospettiva, ma con gli stessi attori che recitano le stesse battute,
da ognuno ritroviamo descritta la tecnica delle stragi degli armeni:
l'uccisione degli uomini, la deportazione verso il nulla di donne,
vecchi e bambini, gli assalti alle carovane, i gendarmi avidi e
crudeli, l'apocalisse del ferro e del fuoco. A tutti appare chiara,
con palmare evidenza, la certezza della premeditazione: cioè la
volonta precisa, da parte dei Giovani turchi a capo del governo
ottomano, di pianificare con estrema accuratezza gli eventi.
Attraverso i tanti racconti di testimoni oculari, facenti parte di
un popolo, quello ebraico, ahimè più che esperto nel riconoscere i
sintomi di pogrom e persecuzioni, il lettore rivive con immediatezza
i fatti che condussero all'eliminazione degli armeni dalle loro
sedi ancestrali, e la brutalita efficiente dei membri del partito
e delle bande di irregolari. Questi si servirono per i loro scopi
di ogni astuzia e ogni mezzo possibile, disarmando i soldati di
origine armena, annientando gli sporadici tentativi di resistenza,
costringendo le donne alle marce della morte, col risultato finale di
"estirpare" dalle radici la struttura sociale, culturale e religiosa
del popolo armeno. Â"In tutti gli anni di questa guerra piena di
orrori - scrive per esempio nel 1917 Lewis Einstein, segretario
d'ambasciata a Costantinopoli - questo [l'annientamento degli armeni,
ndr] resta il più efferato. Niente può eguagliare la distruzione di
un'intera razza, organizzata in segretoÂ". E Aaron Aaronsohn, suddito
ottomano, nel suo appello Pro Armenia: Â"I massacri armeni sono stati
accuratamente pianificati dai turchi, ma i tedeschi condivideranno
per sempre l'odiosita di quest'attoÂ".
Concorda con forza, ancora nel 1917, André Mandel'štam, segretario
dell'ambasciata russa a Costantinopoli. Ancora più impressionanti
sono le testimonianze dei componenti del famoso gruppo "Nili",
costituito da alcuni giovani ebrei, figli di famiglie emigrate dalla
Romania in Palestina alla fine dell'Ottocento, che, dalla loro
postazione all'interno dell'impero ottomano, decisero di fornire
preziose informazioni strategiche all'intelligence inglese. L'aver
assistito impotenti al passaggio delle carovane degli armeni avviati
allo sterminio, e la sensazione che dopo gli armeni lo stesso destino
poteva toccare agli ebrei, influì potentemente sulla loro decisione.
Il capo del gruppo, Aaron Aaronsohn, era un agronomo geniale, che
nel 1906 aveva ritrovato in Palestina il "grano primigenio" allo
stato selvatico. Le informazioni fornite dal gruppo furono preziose
per l'esito della guerra in Siria e in Palestina. E tuttavia, sono
i loro scritti ad essere impressionanti: vi si percepisce non solo
l'accuratezza dei resoconti ma anche l'empatia compassionevole verso
le disgraziate vittime armene: Â"I campi sono deserti, attorno al
pozzo dei villaggi le ragazze armene non riempiono più le loro
anfore. I turchi sono passati di la! [...] Armeni, fratelli miei,
noi non possiamo aspettarci niente dai governi, noi abbiamo soltanto
le nostre anime...Â".
Commovente è la storia di Sara. Lei non scrive, soffre e agisce.
Nell'estate del 1915, viaggiando da Costantinopoli verso casa,
attraversa tutta l'Anatolia, vede con i suoi occhi ciò che viene fatto
agli armeni, e ne rimane intossicata per sempre, tanto da coinvolgere
profondamente i suoi fratelli, e da venir colpita in seguito da seri
disturbi psichici. Ma quando, nel settembre 1917, verra scoperta,
imprigionata e torturata, Sara non rivelera niente dell'attivita del
suo gruppo; si limitera a inveire contro i suoi torturatori in arabo,
yiddish e francese, chiamandoli codardi e bestie selvagge, ma anche
affermando la sua vittoria: Â"Voi siete perduti! I nostri salvatori
stano arrivando. Io ho salvato il mio popolo, io ho vendicato il
sangue degli armeni. Che siate maledetti fino alla fine dei tempi!Â".
Infine, non mancano pagine di Raphael Lemkin, il grande giurista
ebreo-polacco che inventò il termine "genocidio", riferendosi -
come scrive - prima di tutto agli armeni: della loro tragedia si
era infatti occupato fin dagli anni Venti. Una lettura avvincente e
stimolante, che apre inaspettate prospettive.
From: Emil Lazarian | Ararat NewsPress