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L'offensiva diplomatica russa sul Karabakh

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  • L'offensiva diplomatica russa sul Karabakh

    Osservatorio Balcani e Caucaso, Italia
    19 Agosto 2011


    L'offensiva diplomatica russa sul Karabakh

    [The Russian Diplomatic Offensive on Karabakh]

    -L'offensiva diplomatica russa sul Karabakh ita Richard Giragosian* | Yerevan
    19 agosto 2011

    Gli ultimi mesi hanno visto un intensificarsi delle iniziative
    diplomatiche russe per la soluzione della crisi in Nagorno Karabakh, a
    fronte di un sostanziale disimpegno da parte occidentale. Le
    conseguenze di questo trend per l'Armenia e per la regione
    nell'analisi di Richard Giragosian

    Questo articolo è stato originariamente pubblicato il 15 agosto 2011
    su Commonspace.eu. Commonspace è un'iniziativa volta a promuovere il
    dialogo tra Armenia ed Azerbaijan, promossa dall'organizzazione non
    governativa LINKS in collaborazione con l'agenzia di informazione
    ArmInfo News Agency e con il portale informativo 1news.az

    Per la maggior parte delle persone, il mese di agosto è dedicato alle
    vacanze e al tempo libero. Nel Caucaso però, per molti, il mese di
    agosto ha assunto un significato più serio e doloroso, per il ricordo
    dell'improvvisa e devastante guerra tra Russia e Georgia scoppiata a
    sorpresa nella notte tra il 7 e l'8 agosto 2008. Tre anni dopo quella
    guerra, questo agosto induce ad una rinnovata attenzione, e a qualche
    timore, sul ruolo della Russia nella regione.

    L'attenzione si concentra sull'attiva ed energica agenda diplomatica
    del presidente russo Dimitrij Medvedev, che continua ad essere
    personalmente coinvolto nel guidare gli sforzi di mediazione al
    conflitto del Nagorno Karabakh. Il presidente russo ha tenuto incontri
    separati con i suoi omologhi armeno e azero, incontrandosi con il
    presidente azero Aliyev a Sochi, il 9 agosto, e il 12 con il
    presidente armeno Sargsyan, a margine di un meeting
    dell'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) in
    Kazakhstan.

    Mosca guida i negoziati
    Mosca si è ormai affermata su ogni altro attore come la vera
    mediatrice tra Yerevan e Baku. C'è però una preoccupazione crescente
    sui piani a lungo termine della Russia, dato che molti considerano
    questa nuova offensiva diplomatica come la conferma di una
    problematica tendenza alla riaffermazione della potenza e
    dell'influenza russa nella regione.

    Da cosa è guidata la politica della Russia, e quali sono le
    prospettive per la regione di una tale accelerazione dell'impegno
    russo?

    Malgrado l'intensità della sua attività diplomatica, il bilancio
    recente della mediazione russa sul conflitto del Nagorno Karabakh è
    caratterizzato da insuccesso e frustrazione. La frustrazione di Mosca
    è emersa con maggiore evidenza dopo l'ultimo tentativo di arrivare ad
    un accordo tra Armenia e Azerbaijan, quando il presidente Medvedev, il
    25 giugno scorso, ha ospitato un summit presidenziale nella città
    russa di Kazan. Nonostante questo summit fosse presentato come una
    `ultima speranza' per ottenere qualche progresso, non si sono
    realizzate né le aspettative russe né le speranze occidentali.
    L'incapacità dei presidenti armeno e azero nel raggiungere un accordo
    ha provocato la stizza dei funzionari russi. Qualcuno ha interpretato
    il fallimento come una battuta d'arresto nell'affermazione
    dell'influenza russa nella regione, mentre altri l'hanno considerato
    come un affronto personale nei confronti del presidente Medvedev.

    Il presidente russo però, nonostante le frustrazioni, sembra ansioso
    di continuare nella sua personale iniziativa diplomatica. Anche in
    mancanza di successi nel meeting di Kazan, la Russia vede infatti dei
    vantaggi e si attende dei benefici dal suo coinvolgimento.

    I vantaggi per la Russia
    Il senso dell'importanza nel proseguire con il proprio ruolo guida
    scaturisce da diversi fattori. In primo luogo, il fatto che la Russia
    sia autorizzata ed incoraggiata ad assumere il ruolo guida come
    mediatrice nel conflitto del Karabakh rappresenta un riconoscimento
    della sua potenza ed influenza nel Caucaso meridionale. L'unico
    organismo diplomatico che abbia una formale investitura a mediare nel
    conflitto del Karabakh è l'Organizzazione per la Sicurezza e la
    Cooperazione in Europa (OSCE), attraverso il cosiddetto `Gruppo di
    Minsk', guidato in modo paritetico da Francia, Russia e Stati Uniti.
    Sia Parigi che Washington, però, sembrano aver ceduto l'iniziativa
    diplomatica a Mosca. All'indomani del terzo anniversario della guerra
    russo-georgiana, la passività occidentale nei confronti del
    consolidamento del potere e dell'influenza russa nel Caucaso può
    essere considerata come conseguenza di un imbarazzo geopolitico, o
    come il realistico riconoscimento che solo Mosca ha i mezzi per fare
    pressioni su armeni e azeri per il Karabakh. Sotto questo profilo,
    [per Mosca] si tratta anche di ottenere rispetto in quanto potenza
    regionale, un obiettivo troppo spesso incompreso o sottostimato.

    Un secondo beneficio per la Russia è l'opportunità di rassicurare
    l'Occidente, mostrando che gli interessi di Mosca non sempre
    costituiscono una minaccia. Attraverso la sua mediazione per il
    Karabakh, la Russia può dimostrare che i propri interessi non sempre
    si scontrano con quelli dell'Occidente, e che la sicurezza e la
    stabilità regionali rappresentano invece un interesse comune e
    condiviso. In terzo luogo, Mosca può raccogliere anche un altro
    dividendo dall'assumere un ruolo guida nel dirimere l'unico conflitto
    `congelato' della regione. La Russia si posiziona infatti come
    l'attore principale già sul terreno, pronta a rispondere - molto più
    rapidamente di ogni altra potenza occidentale - nel caso che la guerra
    per il Karabakh scoppiasse di nuovo. Tale posizione aiuta anche a
    prevenire ogni possibilità di un maggiore intervento da parte
    occidentale, o un diretto intervento da parte dei rivali della Russia
    nella regione, come la Turchia o l'Iran.

    In ultima analisi, anche a fronte della difficoltà nel conseguire un
    qualsiasi progresso concreto sul Karabakh, la Russia sta già traendo
    beneficio dal suo impegno diplomatico.

    Una sorpresa per il Karabakh
    Eppure, allo stesso tempo, potrebbe anche esserci una futura sorpresa
    per il Karabakh. La possibile sorpresa scaturisce da una valutazione
    del recente trend nella politica verso il Karabakh e la regione. È
    abbastanza chiaro, infatti, che per quanto riguarda le parti in
    conflitto, cioè l'Armenia, l'Azerbaijan e il Nagorno Karabakh, non c'è
    nessuna reale attesa di un cambiamento nelle rispettive posizioni
    diplomatiche. Allo stesso modo ci sono poche, per non dire nessuna,
    indicazione di un cambiamento nelle politiche di altri attori
    regionali, come la Turchia e l'Iran. Anche per quanto riguarda Stati
    Uniti e Unione Europea, non ci sono segni di un mutamento di rotta
    rispetto al Karabakh.

    L'eccezione a questo trend è rappresentata proprio dalla Russia, che
    potrebbe sorprendere molti con un significativo cambiamento nella
    propria politica. Ci sono già prove sostanziali di un tale mutamento
    nella politica russa nei confronti del Karabakh, e più in generale
    della regione, a partire in particolare dal crescente tentativo di
    Mosca di migliorare i propri rapporti con l'Azerbaijan e di
    approfondire la sua `partnership' con la Turchia. La Russia è già
    stabilmente posizionata in Armenia, grazie alla proprietà o al
    controllo totale di molti settori chiave dell'economia di Yerevan, e
    al suo ruolo dominante nel sorvegliare e `proteggere' gran parte dei
    confini esterni dell'Armenia. Mosca è incoraggiata in questo ruolo
    anche grazie alla presenza di una base militare, che funziona in
    termini molto sfavorevoli per il Paese ospite. Cosa significa questo
    per l'Armenia? Significa che, nell'ipotesi di un cambiamento nella
    politica russa, cioè di un allontanamento da una tradizionale e aperta
    posizione pro-Armenia per arrivare ad una più equilibrata e `neutrale'
    posizione sul Karabakh, Yerevan avrà scarse possibilità di reazione, e
    ancor meno di trovare accoglienza per le proprie istanze.

    *Richard Giragosian è direttore del Regional Studies Center (RSC),
    centro studi indipendente con sede a Yerevan, Armenia

    http://www.balcanicaucaso.org/aree/Armenia/L-offensiva-diplomatica-russa-sul-Karabakh-100654




    From: A. Papazian
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