GURDJIEFF FOLK INSTRUMENTS, ALLA RADICE DELL'ISPIRAZIONE
L'Indro
http://lindro.it/Gurdjieff-folk-instruments-alla,4859
5 dic 2011
Italia
Un ensenmble strumentale omaggia le creazoni musicali del maestro
spirituale armeno
Georges Ivanovic Gurdjieff (1872-1949) è noto più che altro come
maestro spirituale: di origine armena, nella prima meta del '900 prima
in oriente (Mosca, Istanbul) e poi in occidente (Parigi, Stati uniti)
sviluppò un metodo di ricerca interiore detto la Quarta Via, e fondò
una vera e propria scuola con numerosi seguaci. Tra loro l'architetto
Frank Lloyd Wright, la scrittrice Pamela Lyndon Travers (quella di
'Mary Poppins'), la poetessa Katherine Mansfield. Indirettamente,
la sua influenza è arrivata a svariati personaggi come il regista
teatrale inglese Peter Brook, nonche, e qui ci avviciniamo al tema
musicale, Robert Fripp e Franco Battiato.
Ma la musica aveva a che fare in modo molto più diretto con
l'insegnamento di Gurdjieff: infatti il suo metodo prevedeva degli
esercizi e dei lavori sul corpo da effettuarsi tramite una specie di
danza, accompagnata da un sottofondo che spesso era di sua stessa
invenzione. Gurdjieff suonava l'harmonium (ci sono anche delle
registrazioni riversate da vecchi dischi in ceralacca), ma per fissare
con più precisione le proprie idee melodiche si serviva di uno dei
suoi seguaci, il pianista e compositore russo Thomas De Hartmann.
Infatti le sue opere sono passate alla Storia della musica come
composizioni a quattro mani. In verita il maestro accennava melodie,
spesso riprendendole da canti popolari armeni che ricordava
dall'infanzia grazie a una memoria prodigiosa, e De Hartmann
inevitabilmente ci metteva del suo, finendo per inserire nel brano
definitivo echi tardo-romantici e più in generale una impostazione
classica, colta.
Esistono numerose registrazioni della musica di Gurdjieff e De Hartmann
suonata dallo stesso russo o da altri pianisti. Tra le più note quella
di Keith Jarrett ('G.I. Gurdjieff: Sacred Hymns', ECM Records, 1980)
e gli arrangiamenti di Laurence Rosenthal per il film di 'Peter Brook
Meetings with Remarkable Men', in cui Rosenthal conduce la National
Philarmonic Orchestra e gli Ambrosian Singers of London.
Ma qui abbiamo davanti qualcosa di completamente diverso. Levon
Eskenian, armeno come il maestro, ha percorso una strada oggi meno
originale che in passato ma sempre di grande fascino: la risalita
controcorrente. Dove infatti Gurdjieff era partito da un materiale
etnico (e religioso, ma in certi contesti storici e geografici diversi
dal nostro i due ambiti sono contigui se non sovrapposti: si pensi ai
canti che accompagnano le processioni della settimana santa ancora
in certi paesini del nostro sud) per arrivare a un'elaborazione
occidentale e armonicamente moderna, il Gurdjieff folk instruments
ensemble percorre il fiume all'incontrario, sfrondando il tutto da
orpelli e sovrastrutture, per risalire alla sorgente popolare di
quelle melodie.
Gli strumenti sono della tradizione armena, e orientale in genere:
il flauto blul, parente dell'indiano ney; il tipico e ipnotico oboe
detto duduk; l'oud, l'immancabile liuto arabo; altri cordofoni come
il turco saz, l'afghano tar e il persiano kamanche; arpe orizzontali
quali il kanun e il santur; percussioni varie e assortite, come tombak,
dap, dhol. Il risultato è estremamente evocativo: si passa da momenti
in cui uno o massimo due strumenti producono un effetto rilassato e
contemplativo, a situazioni più collettive dove dopo introduzioni in
tempo rubato il pezzo accelera verso una danza, nell'evoluzione tipica
della musica araba. Grande parte ha in ogni caso l'improvvisazione.
Non sappiamo precisamente cosa Gurdjieff avesse come obiettivo, ma
è certo che questo disco, sospeso tra rarefazione Ecm e spiritualita
proto new-age, lo raggiunge senz'altro.
L'Indro
http://lindro.it/Gurdjieff-folk-instruments-alla,4859
5 dic 2011
Italia
Un ensenmble strumentale omaggia le creazoni musicali del maestro
spirituale armeno
Georges Ivanovic Gurdjieff (1872-1949) è noto più che altro come
maestro spirituale: di origine armena, nella prima meta del '900 prima
in oriente (Mosca, Istanbul) e poi in occidente (Parigi, Stati uniti)
sviluppò un metodo di ricerca interiore detto la Quarta Via, e fondò
una vera e propria scuola con numerosi seguaci. Tra loro l'architetto
Frank Lloyd Wright, la scrittrice Pamela Lyndon Travers (quella di
'Mary Poppins'), la poetessa Katherine Mansfield. Indirettamente,
la sua influenza è arrivata a svariati personaggi come il regista
teatrale inglese Peter Brook, nonche, e qui ci avviciniamo al tema
musicale, Robert Fripp e Franco Battiato.
Ma la musica aveva a che fare in modo molto più diretto con
l'insegnamento di Gurdjieff: infatti il suo metodo prevedeva degli
esercizi e dei lavori sul corpo da effettuarsi tramite una specie di
danza, accompagnata da un sottofondo che spesso era di sua stessa
invenzione. Gurdjieff suonava l'harmonium (ci sono anche delle
registrazioni riversate da vecchi dischi in ceralacca), ma per fissare
con più precisione le proprie idee melodiche si serviva di uno dei
suoi seguaci, il pianista e compositore russo Thomas De Hartmann.
Infatti le sue opere sono passate alla Storia della musica come
composizioni a quattro mani. In verita il maestro accennava melodie,
spesso riprendendole da canti popolari armeni che ricordava
dall'infanzia grazie a una memoria prodigiosa, e De Hartmann
inevitabilmente ci metteva del suo, finendo per inserire nel brano
definitivo echi tardo-romantici e più in generale una impostazione
classica, colta.
Esistono numerose registrazioni della musica di Gurdjieff e De Hartmann
suonata dallo stesso russo o da altri pianisti. Tra le più note quella
di Keith Jarrett ('G.I. Gurdjieff: Sacred Hymns', ECM Records, 1980)
e gli arrangiamenti di Laurence Rosenthal per il film di 'Peter Brook
Meetings with Remarkable Men', in cui Rosenthal conduce la National
Philarmonic Orchestra e gli Ambrosian Singers of London.
Ma qui abbiamo davanti qualcosa di completamente diverso. Levon
Eskenian, armeno come il maestro, ha percorso una strada oggi meno
originale che in passato ma sempre di grande fascino: la risalita
controcorrente. Dove infatti Gurdjieff era partito da un materiale
etnico (e religioso, ma in certi contesti storici e geografici diversi
dal nostro i due ambiti sono contigui se non sovrapposti: si pensi ai
canti che accompagnano le processioni della settimana santa ancora
in certi paesini del nostro sud) per arrivare a un'elaborazione
occidentale e armonicamente moderna, il Gurdjieff folk instruments
ensemble percorre il fiume all'incontrario, sfrondando il tutto da
orpelli e sovrastrutture, per risalire alla sorgente popolare di
quelle melodie.
Gli strumenti sono della tradizione armena, e orientale in genere:
il flauto blul, parente dell'indiano ney; il tipico e ipnotico oboe
detto duduk; l'oud, l'immancabile liuto arabo; altri cordofoni come
il turco saz, l'afghano tar e il persiano kamanche; arpe orizzontali
quali il kanun e il santur; percussioni varie e assortite, come tombak,
dap, dhol. Il risultato è estremamente evocativo: si passa da momenti
in cui uno o massimo due strumenti producono un effetto rilassato e
contemplativo, a situazioni più collettive dove dopo introduzioni in
tempo rubato il pezzo accelera verso una danza, nell'evoluzione tipica
della musica araba. Grande parte ha in ogni caso l'improvvisazione.
Non sappiamo precisamente cosa Gurdjieff avesse come obiettivo, ma
è certo che questo disco, sospeso tra rarefazione Ecm e spiritualita
proto new-age, lo raggiunge senz'altro.