il Democratico, Italia
25 luglio 2011
Storia di una nazione mancata/ La situazione nel Nagorno Karabagh
[History of a failed nation: the situation in Nagorno Karabakh]
di Armando Pascale.
La modifica delle linee che delimitano gli Stati sulle nostre cartine
geografiche è un evento piuttosto raro, e lo è, ancor di più, la
nascita di nuove entità sovrane. Recentemente si è assistito alla auto
proclamazione dell'indipendenza del Kosovo, contestata dalla Serbia,
ma sostenuta da gran parte dell'Occidente. Recentemente l'indipendenza
del Sud Sudan, legittimata da un referendum popolare, ha chiuso in
maniera pacifica un capitolo fatto di sangue e guerre tra le
componenti etniche del paese africano, che dopo vari tentativi falliti
di federalizzazioni consociativa, ha optato per la via della
secessione.
Eppure nel XXI secolo le rivendicazioni di sovranità sono ancora tante
e in ogni angolo del globo. La situazione del Nagorno Karabakh fa da
pendant al lungo oblio storiografico che ha circondato la storia
armena recente. Una storia fatta di massacri infangati e sottaciuti,
che solo recentemente si stanno riportando alla memoria storica. Il
discusso status del Nagorno Karabagh è ignoto all'agone mediatico ed è
oggetto di studio di pochi internazionalisti.
La regione, situata nel Caucaso tra l'Armenia e l'Azerbaigian è al
centro di una contesa diplomatica tra i due Stati da quando, alla fine
degli anni'80, in simultanea con il crollo dell'Unione Sovietica, si
addivenì a un referendum che sancì l'auto proclamazione
dell'indipendenza della regione. Attualmente la regione non gode del
riconoscimento dello status di Stato sovrano da parte di nessun membro
della comunità internazionale. Essa si trova in una situazione di
parziale autogoverno ma è militarmente occupata dalle truppe armene e
al centro di rivendicazioni del governo Azero.
Il Karabagh già dall' epoca pre-cristiana era abitato da popolazioni
armene e perciò fu parte integrante dell'Armenia la quale, in seguito
a varie invasioni, per lunghi periodi subì le dominazioni straniere.
Mentre il Karabagh fu la regione che riuscì a mantenere, più
lungamente degli altri territori armeni, la propria indipendenza , o
ampia autonomia e fu governato, fino alla seconda metà del XVIII
secolo da principi armeni, feudatari degli shah di Persia.
Successivamente, all'inizio del XIX secolo entrò a far parte
dell'Impero Russo. Con la dissoluzione di quest'ultimo, in seguito
alla rivoluzione del 1917, il Karabagh fu conteso dalle due neonate
repubbliche di Armenia ed Azerbaigian. La prima reclamava la sovranità
sulla regione in virtù della sua omogeneità culturale con il neonato
paese, corroborato da affinità religiose e etnico-identitarie; la
seconda invece vedeva nell'annessione della regione la possibilità di
avere un confine naturale con la Turchia, partner economico e
commerciale dell'Azerbaigian, i cui abitanti, a stragrande maggioranza
musulmana, si consideravano una sola nazione con l'alleato turco.
L'ago della bilancia alla conferenza internazionale di pace che seguì
l'epilogo della prima guerra mondiale fu la Gran Bretagna, la quale,
con machiavellica diplomazia, si fece sostenitrice delle
rivendicazioni azere, nonostante queste fossero palesemente prive di
ogni base storica e giuridica. L'impero britannico, titolare di una
sorta di protettorato sull'intera transcaucasia tentò di motivare il
diniego all'annessione armena del Karabagh con la necessità di
bilanciare l'amplimento dei confini occidentali dell'Armenia con delle
province turche. In realtà il governo di Sua Maestà operò nel
tentativo di non scontentare i numerosi musulmani residenti
nell'Impero, affettivamente sostenitori della causa armena. La
situazione precipitò però nel corso dei primi anni '20 con
l'instaurazione del governo Sovietico del Caucaso. Stalin, desideroso
di non inimicarsi i petrolieri azeri, e di mantenere rapporti di buon
vicinato con la Turchia, sancì la definitiva annessione del Karabagh
alla Repubblica Sovietica di Azerbaigian. A questo punto l'Armenia si
trovò costretta nella morsa dell'alleanza turco-sovietica e fu privata
dei territori turchi ad occidente che le erano stati promessi dalle
potenze europee. Nei decenni successivi il Karabagh mantenne una
formale autonomia all'interno dell'Azerbaigian. Autonomia formale
perché incompatibile con la linea accentratrice e dirigista del
governo di Mosca. Anzi la politica di Baku fu quella di operare di
`azerizzazione forzata' di quei territori storicamente armeni. Tale
politica era volta a ridurre il loro numero, facendo aumentare,
viceversa, quello della popolazione azera, poiché, una volta che
questa avesse raggiunto un numero ragguardevole, divenendo la
maggioranza della popolazione, gli armeni non avrebbero più avuto
nessuna possibilità di reclamare l'unione all'Armenia e quindi il
problema del Karabagh si sarebbe risolto da sé. Venne così sostenuta
l'economia delle zone abitate da azeri, fu incoraggiata la loro
natalità e la loro immigrazione da regioni circostanti il Karabagh;
mentre fu volutamente fatta languire l'economia dei villaggi armeni i
cui abitanti furono stimolati ad emigrare fuori dalla regione. Nei
confronti degli armeni furono inoltre attuati molti soprusi e
violenze, furono impediti i contatti con l'Armenia e combattute tutte
le espressioni di appartenenza etnica, bollandole e condannandole come
nazionaliste.
L'annessione all'Unione Sovietica dell'Armenia favorì per alcuni anni
il mantenimento di una stabilità precaria dato che tutti i territori
coinvolti si trovarono assorbiti in un sistema statuale che aveva al
veritice la burocrazia del Partito a Mosca. Nonostante ciò
l'intellighenzia armena nella regione continuò ad operare segretamente
affinchè il Cremlino rendesse giustizia alla storia e assegnasse il
territorio alla sua madrepatria naturale.
La situazione si aggravò sul finire degli anni'80 ai tempi della
perestrojka di Gorbaciov. Col declino dell'Unione Sovietiche si
acuirono le spinte centrifughe all'interno dell'Azerbaigian, con il
consiglio nazionale della regione che votò, nel 1988, la riunione dei
territori alla repubblica armena. La risoluzione fu respinta sia da
Mosca che da Baku, ed ebbe il solo effetto di scatenare guerriglie e
devastazioni tra i due popoli confinanti e, fare le spese di questi
pogrom furono, ancora una volta, gli armeni. L'URSS, agli sgoccioli
dei suoi giorni, decise di sospendere l'amministrazione azera nel
territorio, in un tentativo di appianare le divergenze tra i
contendenti, ma inrealtà con il solo obiettivo di implementare l'opera
di pulizia etnica voluta dal Soviet Azero e di stanare i movimenti
indipendentisti e filo-armeni della regione.
Questo era il background che si presentava ai tempi della dissoluzione
dell'Unione Sovietica. Con la separazione dell'Azerbaigian dalla
Federazione, il Karabagh, sfruttò una clausola contenuta nella
costituzione sovietica, secondo cui se una repubblica proclamava la
secessione dalla Federazione, le singole unità amministrative locali,
avrebbero a loro volta dichiararsi indipendenti. Più tardi, nel
dicembre dello stesso anno, un referendum popolare sancì la
costituzione della Repubblica del Karabagh Montano, che tuttora non è
riconosciuta internazionalmente. Poco dopo, l'8 gennaio 1992, fu
costituito un governo presieduto da Oleg Yessaian., mentre Artur
Mkrtcian fu eletto presidente della repubblica. Dopo la morte di
quest'ultimo, avvenuta a tre mesi di distanza dalla sua nomina, la sua
carica fu assunta interinalmente dal vice presidente Gheorghi
Petrossian. Successivamente,nell'agosto dello stesso anno il governo
si dimise e in sua vece fu creato il Comitato di Difesa Statale,
presieduto da Robert Kociarian, al quale furono attribuite le funzioni
del governo.
In seguito a questi fatti crebbe ulteriormente la tensione fra
Karabagh ed Azerbaigian che, essendo di fatto estromesso dal Karabagh,
desiderava restaurarvi la propria autorità. Gli azeri oltre ad
istituire un blocco totale attorno alla regione contesa, diedero
inizio ad una vera e propria offensiva militare nei suoi confronti,
con numerosi cannoneggiamenti e bombardamenti aerei e terrestri dei
centri abitati.
Fu solo con l'infiammare della soluzione bellica che la situazione del
Karabagh destò la preoccupazione della comunità internazionale. Il
vuoto di potere creato dalla caduta dell'Unione Sovietica aveva
infatti generato un bagno di sangue all'interno del Caucaso e le
neonate instabili repubbliche, già falcidiate dalla dittatura
sovietica, si trovarono inabili a gestire la situazione.
Alla fine del 1993 la guerra aveva provocato migliaia di vittime e
centinaia di migliaia di rifugiati da entrambe le parti. Nel novembre
1993, Heydar Aliyev stimò che circa 16.000 militari azeri avevano
perso la vita e 22.000 erano rimasti feriti durante sei anni di
guerra. Le Nazioni Unite stimarono circa un milione di rifugiati in
Azerbaigian nel 1993. A tentare una mediazione furono la Russia, il
Kazakistan e l'Iran, a cui si aggiunsero altri paesi, l'ONU e la
Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Tutti i
negoziati ebbero scarso successo e spesso i cessate il fuoco non
vennero rispettati.
Il complesso processo di pace riguardante Nagorno Karabakh è entrato
in una nuova fase nel 2004, quando ha avuto inizio il `processo di
Praga'; in quel caso, come anche in occasione della dichiarazione di
Madrid del novembre 2007 o la dichiarazione di Mosca del novembre
2008, gli accordi sono stati sottoscritti da Armenia ed Azerbaigian,
senza la partecipazione delle autorità dello stesso Nagorno Karabakh.
Il 27 ottobre 2010, il presidente russo Medvedev ha annunciato che i
governi di Armenia e Azerbaigian hanno raggiunto un accordo per uno
scambio di prigionieri catturati durante il conflitto nella regione.
La definizione finale dei negoziati di pace è tuttavia complicata dal
problema del riconoscimento dello status ufficiale del Karabagh che,
benché non riconosciuto, dispone attualmente di tutti gli attributi
tipici di uno stato sovrano; ha un proprio parlamento rappresentativo,
un proprio governo, una propria burocrazia e rappresentanze permanenti
semi ufficiali in alcuni stati occidentali. Una sua eventuale
riannessione all'Azerbaigian violerebbe i principi di diritto
internazionale sull'effettività della sovranità. L'annessione del
Karabagh all'Azerbaigian è stata storicamente un sopruso Stalin
compiuto con il pregresso avallo della Gran Bretagna, a tutto danno di
una popolazione di lingua e cultura armena. D'altra parte, un suo
eventuale assorbimento nello stato armeno rischierebbe di minare
ulteriormente il delicato scenario delineatosi negli ultimi 20 anni in
questa regione del Caucaso, suscitando le ire degli Azeri supportanti
diplomaticamente (ma anche materialmente nella fornitura di arsenali
bellici) dalla Turchia.
Allo stato attuale dunque la strada più praticabile rimane quella del
consolidamento dello status quo. Con il placet della comunità
internazionale il Karabagh potrebbe ottenere lo status di stato
sovrano e fungere da Stato cuscinetto tra Azerbaigian e Armenia
contribuendo, eventualmente ad un riavvicinamento tra le parti
contendenti attuata mediante una progressiva integrazione economica e
sociale con i paesi confinanti.
http://ildemocratico.com/2011/07/25/storia-di-una-nazione-mancata-la-situazione-nel-nagorno-karabagh/
25 luglio 2011
Storia di una nazione mancata/ La situazione nel Nagorno Karabagh
[History of a failed nation: the situation in Nagorno Karabakh]
di Armando Pascale.
La modifica delle linee che delimitano gli Stati sulle nostre cartine
geografiche è un evento piuttosto raro, e lo è, ancor di più, la
nascita di nuove entità sovrane. Recentemente si è assistito alla auto
proclamazione dell'indipendenza del Kosovo, contestata dalla Serbia,
ma sostenuta da gran parte dell'Occidente. Recentemente l'indipendenza
del Sud Sudan, legittimata da un referendum popolare, ha chiuso in
maniera pacifica un capitolo fatto di sangue e guerre tra le
componenti etniche del paese africano, che dopo vari tentativi falliti
di federalizzazioni consociativa, ha optato per la via della
secessione.
Eppure nel XXI secolo le rivendicazioni di sovranità sono ancora tante
e in ogni angolo del globo. La situazione del Nagorno Karabakh fa da
pendant al lungo oblio storiografico che ha circondato la storia
armena recente. Una storia fatta di massacri infangati e sottaciuti,
che solo recentemente si stanno riportando alla memoria storica. Il
discusso status del Nagorno Karabagh è ignoto all'agone mediatico ed è
oggetto di studio di pochi internazionalisti.
La regione, situata nel Caucaso tra l'Armenia e l'Azerbaigian è al
centro di una contesa diplomatica tra i due Stati da quando, alla fine
degli anni'80, in simultanea con il crollo dell'Unione Sovietica, si
addivenì a un referendum che sancì l'auto proclamazione
dell'indipendenza della regione. Attualmente la regione non gode del
riconoscimento dello status di Stato sovrano da parte di nessun membro
della comunità internazionale. Essa si trova in una situazione di
parziale autogoverno ma è militarmente occupata dalle truppe armene e
al centro di rivendicazioni del governo Azero.
Il Karabagh già dall' epoca pre-cristiana era abitato da popolazioni
armene e perciò fu parte integrante dell'Armenia la quale, in seguito
a varie invasioni, per lunghi periodi subì le dominazioni straniere.
Mentre il Karabagh fu la regione che riuscì a mantenere, più
lungamente degli altri territori armeni, la propria indipendenza , o
ampia autonomia e fu governato, fino alla seconda metà del XVIII
secolo da principi armeni, feudatari degli shah di Persia.
Successivamente, all'inizio del XIX secolo entrò a far parte
dell'Impero Russo. Con la dissoluzione di quest'ultimo, in seguito
alla rivoluzione del 1917, il Karabagh fu conteso dalle due neonate
repubbliche di Armenia ed Azerbaigian. La prima reclamava la sovranità
sulla regione in virtù della sua omogeneità culturale con il neonato
paese, corroborato da affinità religiose e etnico-identitarie; la
seconda invece vedeva nell'annessione della regione la possibilità di
avere un confine naturale con la Turchia, partner economico e
commerciale dell'Azerbaigian, i cui abitanti, a stragrande maggioranza
musulmana, si consideravano una sola nazione con l'alleato turco.
L'ago della bilancia alla conferenza internazionale di pace che seguì
l'epilogo della prima guerra mondiale fu la Gran Bretagna, la quale,
con machiavellica diplomazia, si fece sostenitrice delle
rivendicazioni azere, nonostante queste fossero palesemente prive di
ogni base storica e giuridica. L'impero britannico, titolare di una
sorta di protettorato sull'intera transcaucasia tentò di motivare il
diniego all'annessione armena del Karabagh con la necessità di
bilanciare l'amplimento dei confini occidentali dell'Armenia con delle
province turche. In realtà il governo di Sua Maestà operò nel
tentativo di non scontentare i numerosi musulmani residenti
nell'Impero, affettivamente sostenitori della causa armena. La
situazione precipitò però nel corso dei primi anni '20 con
l'instaurazione del governo Sovietico del Caucaso. Stalin, desideroso
di non inimicarsi i petrolieri azeri, e di mantenere rapporti di buon
vicinato con la Turchia, sancì la definitiva annessione del Karabagh
alla Repubblica Sovietica di Azerbaigian. A questo punto l'Armenia si
trovò costretta nella morsa dell'alleanza turco-sovietica e fu privata
dei territori turchi ad occidente che le erano stati promessi dalle
potenze europee. Nei decenni successivi il Karabagh mantenne una
formale autonomia all'interno dell'Azerbaigian. Autonomia formale
perché incompatibile con la linea accentratrice e dirigista del
governo di Mosca. Anzi la politica di Baku fu quella di operare di
`azerizzazione forzata' di quei territori storicamente armeni. Tale
politica era volta a ridurre il loro numero, facendo aumentare,
viceversa, quello della popolazione azera, poiché, una volta che
questa avesse raggiunto un numero ragguardevole, divenendo la
maggioranza della popolazione, gli armeni non avrebbero più avuto
nessuna possibilità di reclamare l'unione all'Armenia e quindi il
problema del Karabagh si sarebbe risolto da sé. Venne così sostenuta
l'economia delle zone abitate da azeri, fu incoraggiata la loro
natalità e la loro immigrazione da regioni circostanti il Karabagh;
mentre fu volutamente fatta languire l'economia dei villaggi armeni i
cui abitanti furono stimolati ad emigrare fuori dalla regione. Nei
confronti degli armeni furono inoltre attuati molti soprusi e
violenze, furono impediti i contatti con l'Armenia e combattute tutte
le espressioni di appartenenza etnica, bollandole e condannandole come
nazionaliste.
L'annessione all'Unione Sovietica dell'Armenia favorì per alcuni anni
il mantenimento di una stabilità precaria dato che tutti i territori
coinvolti si trovarono assorbiti in un sistema statuale che aveva al
veritice la burocrazia del Partito a Mosca. Nonostante ciò
l'intellighenzia armena nella regione continuò ad operare segretamente
affinchè il Cremlino rendesse giustizia alla storia e assegnasse il
territorio alla sua madrepatria naturale.
La situazione si aggravò sul finire degli anni'80 ai tempi della
perestrojka di Gorbaciov. Col declino dell'Unione Sovietiche si
acuirono le spinte centrifughe all'interno dell'Azerbaigian, con il
consiglio nazionale della regione che votò, nel 1988, la riunione dei
territori alla repubblica armena. La risoluzione fu respinta sia da
Mosca che da Baku, ed ebbe il solo effetto di scatenare guerriglie e
devastazioni tra i due popoli confinanti e, fare le spese di questi
pogrom furono, ancora una volta, gli armeni. L'URSS, agli sgoccioli
dei suoi giorni, decise di sospendere l'amministrazione azera nel
territorio, in un tentativo di appianare le divergenze tra i
contendenti, ma inrealtà con il solo obiettivo di implementare l'opera
di pulizia etnica voluta dal Soviet Azero e di stanare i movimenti
indipendentisti e filo-armeni della regione.
Questo era il background che si presentava ai tempi della dissoluzione
dell'Unione Sovietica. Con la separazione dell'Azerbaigian dalla
Federazione, il Karabagh, sfruttò una clausola contenuta nella
costituzione sovietica, secondo cui se una repubblica proclamava la
secessione dalla Federazione, le singole unità amministrative locali,
avrebbero a loro volta dichiararsi indipendenti. Più tardi, nel
dicembre dello stesso anno, un referendum popolare sancì la
costituzione della Repubblica del Karabagh Montano, che tuttora non è
riconosciuta internazionalmente. Poco dopo, l'8 gennaio 1992, fu
costituito un governo presieduto da Oleg Yessaian., mentre Artur
Mkrtcian fu eletto presidente della repubblica. Dopo la morte di
quest'ultimo, avvenuta a tre mesi di distanza dalla sua nomina, la sua
carica fu assunta interinalmente dal vice presidente Gheorghi
Petrossian. Successivamente,nell'agosto dello stesso anno il governo
si dimise e in sua vece fu creato il Comitato di Difesa Statale,
presieduto da Robert Kociarian, al quale furono attribuite le funzioni
del governo.
In seguito a questi fatti crebbe ulteriormente la tensione fra
Karabagh ed Azerbaigian che, essendo di fatto estromesso dal Karabagh,
desiderava restaurarvi la propria autorità. Gli azeri oltre ad
istituire un blocco totale attorno alla regione contesa, diedero
inizio ad una vera e propria offensiva militare nei suoi confronti,
con numerosi cannoneggiamenti e bombardamenti aerei e terrestri dei
centri abitati.
Fu solo con l'infiammare della soluzione bellica che la situazione del
Karabagh destò la preoccupazione della comunità internazionale. Il
vuoto di potere creato dalla caduta dell'Unione Sovietica aveva
infatti generato un bagno di sangue all'interno del Caucaso e le
neonate instabili repubbliche, già falcidiate dalla dittatura
sovietica, si trovarono inabili a gestire la situazione.
Alla fine del 1993 la guerra aveva provocato migliaia di vittime e
centinaia di migliaia di rifugiati da entrambe le parti. Nel novembre
1993, Heydar Aliyev stimò che circa 16.000 militari azeri avevano
perso la vita e 22.000 erano rimasti feriti durante sei anni di
guerra. Le Nazioni Unite stimarono circa un milione di rifugiati in
Azerbaigian nel 1993. A tentare una mediazione furono la Russia, il
Kazakistan e l'Iran, a cui si aggiunsero altri paesi, l'ONU e la
Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Tutti i
negoziati ebbero scarso successo e spesso i cessate il fuoco non
vennero rispettati.
Il complesso processo di pace riguardante Nagorno Karabakh è entrato
in una nuova fase nel 2004, quando ha avuto inizio il `processo di
Praga'; in quel caso, come anche in occasione della dichiarazione di
Madrid del novembre 2007 o la dichiarazione di Mosca del novembre
2008, gli accordi sono stati sottoscritti da Armenia ed Azerbaigian,
senza la partecipazione delle autorità dello stesso Nagorno Karabakh.
Il 27 ottobre 2010, il presidente russo Medvedev ha annunciato che i
governi di Armenia e Azerbaigian hanno raggiunto un accordo per uno
scambio di prigionieri catturati durante il conflitto nella regione.
La definizione finale dei negoziati di pace è tuttavia complicata dal
problema del riconoscimento dello status ufficiale del Karabagh che,
benché non riconosciuto, dispone attualmente di tutti gli attributi
tipici di uno stato sovrano; ha un proprio parlamento rappresentativo,
un proprio governo, una propria burocrazia e rappresentanze permanenti
semi ufficiali in alcuni stati occidentali. Una sua eventuale
riannessione all'Azerbaigian violerebbe i principi di diritto
internazionale sull'effettività della sovranità. L'annessione del
Karabagh all'Azerbaigian è stata storicamente un sopruso Stalin
compiuto con il pregresso avallo della Gran Bretagna, a tutto danno di
una popolazione di lingua e cultura armena. D'altra parte, un suo
eventuale assorbimento nello stato armeno rischierebbe di minare
ulteriormente il delicato scenario delineatosi negli ultimi 20 anni in
questa regione del Caucaso, suscitando le ire degli Azeri supportanti
diplomaticamente (ma anche materialmente nella fornitura di arsenali
bellici) dalla Turchia.
Allo stato attuale dunque la strada più praticabile rimane quella del
consolidamento dello status quo. Con il placet della comunità
internazionale il Karabagh potrebbe ottenere lo status di stato
sovrano e fungere da Stato cuscinetto tra Azerbaigian e Armenia
contribuendo, eventualmente ad un riavvicinamento tra le parti
contendenti attuata mediante una progressiva integrazione economica e
sociale con i paesi confinanti.
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