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Il difficile dialogo sul Karabakh

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  • Il difficile dialogo sul Karabakh

    Osservatorio Balcani e Caucaso, Italia
    14 nov 2011


    Il difficile dialogo sul Karabakh

    [The difficult dialogue on Karabakh]

    Ilenia Santin

    Scontri sulla linea del cessate il fuoco rendono difficile la
    continuazione del dialogo diplomatico sul Nagorno Karabakh. Proseguono
    tuttavia la diplomazia della società civile e gli sforzi
    internazionali per un accordo di pace. Senza esito le prove di
    riavvicinamento tra Armenia e Turchia dopo il terremoto di Van

    Nel suo discorso alla 66° sessione dell'Assemblea Generale delle
    Nazioni Unite, il 23 settembre scorso, il presidente armeno Sargsyan
    ha lanciato un atto d'accusa contro l'Azerbaijan: `L'assenza di
    volontà da parte azera di raggiungere un accordo e la sua posizione 'o
    tutto o la guerra' impediscono qualsiasi progresso nei negoziati'. Il
    presidente armeno si è dichiarato inoltre preoccupato per il
    `diffondersi dell'armenofobia tra le giovani generazioni', affermando
    che `dichiarazioni bellicose e minacce di guerra da parte azera si
    sono intensificate e le violazioni del cessate il fuoco, che
    continuano a colpire le vite di persone innocenti, sono diventate
    sempre più frequenti. Qualsiasi avventurismo da parte azera - ha
    sostenuto Sargsyan - spianerebbe la strada al riconoscimento formale
    da parte armena dell'indipendenza del Nagorno Karabakh'.

    Pallottole e muri
    Sul fronte, intanto, continuano le schermaglie: il 6 ottobre tre
    soldati - uno armeno e due azeri - sono morti in uno scontro a fuoco.
    Baku ha intrapreso l'iniziativa della costruzione di un muro nel
    villaggio di Ota Gerbend, nella regione di Aghdam. La barriera - lunga
    700 metri e alta 3 - si tenderà lungo il confine sudoccidentale col
    Nagorno Karabakh e `servirà a proteggere gli azeri dagli spari
    provenienti dalla parte armena', ha riferito la Radio Pubblica Armena
    il 13 ottobre. Il portavoce della presidenza del Nagorno Karabakh,
    David Babayan, ha definito la costruzione del muro `in qualche modo
    bene accetta, poiché definisce il confine', mentre il portavoce
    dell'esercito del Karabakh, Senor Hasratyan, ha dichiarato all'agenzia
    ArmInfo che `le forze armate del Nagorno Karabakh non hanno mai
    sparato e mai spareranno contro i residenti azeri: le pallottole
    armene sono per i combattenti azeri che continuano a violare il
    cessate il fuoco'.

    Baku nel Consiglio di Sicurezza
    Secondo Armenialiberty, l'Armenia si è invece mostrata `impassibile'
    alla notizia dell'assegnazione all'Azerbaijan di uno dei seggi non
    permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU, a partire dal prossimo
    gennaio. Durante la seduta parlamentare del 25 ottobre, Eduard
    Sharmazanov, portavoce del partito Repubblicano, ha minimizzato
    l'evento: `La vittoria azera alle Nazioni Unite non avrà ripercussioni
    sul conflitto poiché i tre Paesi co-presidenti del Gruppo di Minsk
    sono membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e la loro posizione
    è in sintonia con l'Armenia', ha sostenuto Sharmazanov, riferendosi a
    quando, nel 2008, USA, Francia e Russia avevano votato contro la
    proposta di risoluzione sul Nagorno Karabakh presentata
    dall'Azerbaijan per chiedere il ritiro immediato e incondizionato
    delle truppe armene.

    La diplomazia della società civile
    Mentre i rapporti tra le parti restano tesi, a livello internazionale
    si susseguono le iniziative dei mediatori. L'`Istituto per l'Analisi e
    la Soluzione dei Conflitti' della George Mason University (Washington)
    ha ospitato il 17 ottobre una conferenza internazionale sulla
    `Valutazione dello stallo nel processo di pace in Nagorno Karabakh', a
    cui hanno partecipato esperti ed analisti da USA, Armenia e
    Azerbaijan. Moderata da Thomas de Waal del centro studi Carnegie
    Endowment, la conferenza ha segnato il primo incontro dopo tanto tempo
    tra armeni e azeri sul terreno della cosiddetta `diplomazia parallela'
    (`track two diplomacy'), messa in atto da attori della società civile
    per promuovere i contatti tra le parti. `I rappresentanti di entrambi
    i Paesi hanno raggiunto un sostanziale accordo sulla necessità di
    ampliare il dialogo e coinvolgere il Karabakh', ha spiegato Richard
    Giragosian a Mediamax il 26 ottobre. Il direttore del centro studi
    Regional Studies Center era tra i rappresentanti armeni al simposio:
    `Noi delegati armeni abbiamo ovviamente difeso la posizione di Armenia
    e Nagorno Karabakh ma parlare, discutere e dissentire è comunque
    meglio che sparare o rifiutarsi di stare nella stessa stanza. Come nel
    caso dei rapporti con la Turchia - ha proseguito Giragosian - è
    necessario maggiore dialogo [...] e le possibilità di dialogo e
    comprensione reciproca sono ora maggiori a livello di società civile'.

    Il Gruppo di Minsk
    Oltre ai progressi registrati dalla `diplomazia parallela', rimane
    costante l'impegno della `diplomazia tradizionale' rappresentata dal
    Gruppo OSCE di Minsk. Il 24 ottobre, al termine della loro ultima
    visita nella regione, i tre co-presidenti del Gruppo hanno rilasciato
    una dichiarazione congiunta dove annunciavano che `le parti si sono
    provvisoriamente accordate per investigare sui casi di violazione del
    regime del cessate il fuoco lungo la linea di contatto e sul confine
    tra Armenia e Azerbaijan'. Durante la visita, i tre mediatori hanno
    attraversato a piedi la linea di contatto ad est del Karabakh:
    `L'attraversamento ha dimostrato che la linea non è una barriera
    permanente tra popoli vicini e che quindi un coordinamento militare
    sarebbe possibile laddove le parti lo volessero'.

    Il viaggio di Sarkozy
    Ad occuparsi personalmente della questione anche il presidente
    francese Sarkozy, in visita nelle tre capitali sud caucasiche agli
    inizi di ottobre. Nella conferenza stampa del 7 ottobre a Yerevan,
    Sarkozy ha raccomandato alle autorità armene di `continuare il
    percorso verso la pace con l'Azerbaijan, cosa che incontra gli
    interessi di entrambi i Paesi... poiché entrambi i popoli hanno bisogno
    di pace'. Durante la tappa armena, il presidente francese ha colto
    l'occasione per esaminare anche il processo di riconciliazione con
    Ankara, raccomandando alla Turchia di `riconoscere come genocidio i
    massacri della Prima Guerra Mondiale: se la Turchia non facesse questo
    passo verso la riconciliazione, si potrebbe considerare la proposta di
    adottare una legge contro la negazione del genocidio. Non spetta alla
    Francia dare alcun ultimatum [...] perché spero che la società e la
    dirigenza turca rispondano appropriatamente'.

    Ankara-Yerevan: la diplomazia del terremoto
    Nonostante le pressioni internazionali, nemmeno il terremoto nella
    provincia di Van è riuscito ad avvicinare Ankara a Yerevan. Pur avendo
    accettato gli aiuti offerti da Yerevan - 40 tonnellate di materiale
    inviate alla città di Izmir per lo smistamento - il primo Ministro
    Davutoglu ha ridimensionato l'evento: `Gli aiuti non avranno alcun
    ruolo nel processo di riconciliazione: la posizione turca nei
    confronti dell'Armenia non cambierà perché dipende da problemi
    politici', ha riportato il canale televisivo internet Slaq.am il 28
    ottobre. Durante la seduta parlamentare del 3 novembre, il ministro
    degli Esteri Nalbandyan ha replicato che `tali dichiarazioni non
    contribuiscono certo al processo di normalizzazione dei rapporti [...]
    ma dimostrano che la Turchia continua la sua politica non
    costruttiva'.

    http://www.balcanicaucaso.org/aree/Nagorno-Karabakh/Il-difficile-dialogo-sul-Karabakh-107219



    From: Emil Lazarian | Ararat NewsPress
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