Gazzetta di Parma, Italia
11 maggio 2012
Armenia, paese di croci e monasteri
di Marco Masetti
Visitare l'Armenia è come fare un tuffo indietro nella storia, fino
alle origini del cristianesimo, per scoprire un paese martoriato nei
secoli, le cui croci di pietra, presenti ovunque, sembrano
testimoniare la grande partecipazione religiosa e l'estrema
sofferenza, non ancora sopita, alla quale è stata sottoposta la sua
popolazione. Ma l'Armenia sa anche stupire; incastonata in zona
caucasica al crocevia tra Asia, Medio Oriente ed Europa, si mostra
nettamente, in tutte le sue sfaccettature e manifestazioni, la più
europea delle nazioni che la circondano; poi, il paesaggio: catene
montuose, altopiani, laghi, in successione continua nell'ormai esiguo
territorio nazionale, che alternano a brutture post industriali
sovietiche, paesaggi naturali di una bellezza unica. Quindi la città,
perché l'Armenia è Yerevan, dal centro cittadino vivace, raccolto
nella semplice piazza circolare della Repubblica, dove tutte le sere
si riuniscono in molti, popolazione locale e turisti, ad ammirare il
grande e variopinto spettacolo di suoni e luci. Attorno alla piazza,
viali ampi e moderni, ricchi di negozi, anch'essi a racchiudere in
cerchio il centro storico, si perdono in periferie decadenti, offese
da palazzi dormitorio come celle d'alveare. Poi cultura, arte,
folclore, con musei e gallerie. Da non perdere il Matenadaran, la
grande biblioteca dei manoscritti e dell'alfabeto armeno e la Cascade,
la monumentale scalinata centro d'arte internazionale. Tanti e
variopinti i mercati, tra i quali spiccano a due passi dalla piazza
principale il Vernissage, dove artigiani e mercanti presentano il
sabato e la domenica i loro prodotti; il Vernissage dell'arte, a lato
del grande edificio dell'Opera, meta dei pittori locali e, il mercato
coperto Pag Shuka, quasi di fronte alla Moschea Blu. Tra tanti
contrasti ed interrogativi, un fatto è certo, l'Armenia non è luogo da
lasciare indifferenti.
Il 21 settembre 1991, staccandosi dall'Unione Sovietica, il Paese
diviene stato indipendente, fondando la terza Repubblica d'Armenia e,
con grande coraggio, ancora martoriato dal terremoto del 1988,
affronta l'enorme crisi economica insorta per mancanza delle risorse
energetiche un tempo garantite dall'Urss. Una difficile avventura
nella quale il paese è ancora impegnato e che ne caratterizza
palesemente la vita quotidiana, solo in parte aiutato dalle rimesse
dei tanti emigranti. All'occhio del visitatore, l'Armenia potrebbe
essere definita «Il Paese delle croci». Tante sono le croci, che ne
caratterizzano storia e luoghi, croci reali e croci simboliche, di
alcune delle quali proviamo a tracciare il profilo.
I KhatchkarI Khatchkar, o croci di pietra, discendenti dai menhir
(monoliti verticali), sono una presenza ricorrente di un viaggio in
Armenia. Ad attorniare i monasteri o nei negozi di souvenir, la loro
immagine si fissa immancabilmente negli occhi del turista. Queste
grandi lastre di pietra, solitamente di tufo intagliato, stimate in
30.000 sul territorio nazionale, sono simboli religiosi cristiani e
normalmente raffigurano, al centro, la «croce fiorita» armena,
caratterizzata da allegorie di foglie o frutti a rappresentare la
continuità della vita, con numerose varianti, alcune delle quali, in
rarissimi esemplari, arrivano anche a raffigurare Cristo. I Khatchkar,
immancabili in quasi tutti gli edifici religiosi, potevano essere
offerte votive, monumenti funerari o commemorativi, l'obbligo, era,
come per i monasteri, di essere orientati ad occidente. Tracce di
queste croci si hanno già dal V secolo, ma le più belle sono datate
tra il IX ed il X secolo. I migliori Khatchkar si trovano spesso
presso i monasteri; quello di Geghard, patrimonio dell'umanità,
incastonato in uno spettacolare canyon o il Monastero di Haghpat, in
posizione dominante su un altopiano. Visitare l'Armenia, infatti, è
anche visitare i suoi tanti monasteri, ma il fatto non deve sembrare
monotono, poiché molto spesso il contesto paesaggistico nel quale
questi sono inseriti è di per sé meta di grande interesse. Ne sono
testimonianza il Monastero di Noravank, uno splendido complesso in
quota ad una gola rocciosa; il Monastero Khor Virap, nello splendido
scenario che ha come sfondo il Monte Ararat o, citandone solo alcuni,
il Monastero di Sevan, in zona panoramica sulla sponda dell'omonimo
lago.
Echmiadzin e la Chiesa Armena: la Chiesa Apostolica Armena è
antichissima, nata tra il I-II secolo, anche se l'evangelizzazione
proseguì ad opera di San Gregorio l'Illuminatore, alla fine del III
secolo. Interessanti le vicende tramandate che hanno portato re
Tiridate III ad adottare il Cristianesimo come religione di stato,
primo paese al mondo, precedendo anche l'Impero Romano. La versione
più nota coinvolge Gregorio, rinchiuso dal re in un pozzo profondo
infestato da serpenti, dal quale nessuno era mai uscito vivo, per
punirlo della sua fede cristiana, ma Gregorio, segretamente nutrito da
una vedova, venne liberato dal re dopo tredici anni, ancora in vita.
Di lì la conversione del sire. Il pozzo è visitabile presso il
Monastero Khor Virap con alle spalle lo stupendo scorcio del Monte
Ararat. Oggi il fulcro della Chiesa Armena è Echmiadzin, dove vive il
suo massimo rappresentante, il Catholicos, attualmente Karekin II, a
capo di una comunità di circa novemila fedeli sparsa in tutto il
mondo, che cerca una rivitalizzazione dopo settant'anni di regime
sovietico. Un'interessante presenza armena è anche in Italia, con i
Padri Mechitaristi, sull'Isola di San Lazzaro, a Venezia, ex
lazzaretto, che merita sicuramente una visita. Echmiadzin è il luogo
dove l'Illuminatore fece costruire nel 301 la cattedrale omonima,
divenendo da allora luogo di residenza del Catholicos e meta di tutti
i fedeli. L'attuale austera cattedrale è frutto di numerosi interventi
architettonici nei secoli, ma l'atmosfera che vi si respira nelle
solenni funzioni, riporta l'uomo al misticismo delle sue origini.
Memoriale e Museo del Genocidio: un popolo in «croce», quello armeno,
ormai a testimoniarlo è la storia. Dalle grandi estensioni
dell'antichità, che hanno visto la «Grande Armenia» estendersi dalla
Cappadocia, alla Cilicia, a Gerusalemme ed all'Eufrate, le tante
vicissitudine, ultime quelle con la Turchia, l'Unione Sovietica e
l'Azerbaigian, hanno ridotto il territorio nazionale a soli 29.800 Kmq
e la popolazione a poco più di tre milioni di abitanti. Ma tra tutte
le piaghe sopportate, sicuramente il Metz Yeghem, il Grande Male, come
gli armeni lo chiamano, è coinciso col genocidio perpetrato dal
governo dei Giovani Turchi tra il 1915 e il 1917, che provocò la morte
di un milione e mezzo di persone. Significativo richiamo a questa
tragica vicenda, anche il libro di Antonia Arslan, «La masseria delle
allodole». Il complesso, formato dal Memoriale e dal Museo del
Genocidio, si trova sulla collina delle rondini, nei pressi di Yerevan
e una visita può far riflettere, come poi accadde anche nei confronti
degli Ebrei, di quanto sia stato capace l'uomo. Di grande emozione il
24 aprile di ogni anno, quando per commemorare l'inizio del genocidio
del 1915, migliaia di armeni da tutto il mondo risalgono la collina
per deporre un fiore alla base circolare della fiamma eterna. L'ultima
«croce» che ancora ferisce questo popolo è il rifiuto della Turchia di
riconoscere il genocidio e l'indifferenza di alcuni governi che per
non incrinare i rapporti con lo stato turco non prendono posizione in
merito.
http://www.gazzettadiparma.it/viaggi/dettaglio/2/133414/Armenia_paese_di_croci_e_monasteri.html
11 maggio 2012
Armenia, paese di croci e monasteri
di Marco Masetti
Visitare l'Armenia è come fare un tuffo indietro nella storia, fino
alle origini del cristianesimo, per scoprire un paese martoriato nei
secoli, le cui croci di pietra, presenti ovunque, sembrano
testimoniare la grande partecipazione religiosa e l'estrema
sofferenza, non ancora sopita, alla quale è stata sottoposta la sua
popolazione. Ma l'Armenia sa anche stupire; incastonata in zona
caucasica al crocevia tra Asia, Medio Oriente ed Europa, si mostra
nettamente, in tutte le sue sfaccettature e manifestazioni, la più
europea delle nazioni che la circondano; poi, il paesaggio: catene
montuose, altopiani, laghi, in successione continua nell'ormai esiguo
territorio nazionale, che alternano a brutture post industriali
sovietiche, paesaggi naturali di una bellezza unica. Quindi la città,
perché l'Armenia è Yerevan, dal centro cittadino vivace, raccolto
nella semplice piazza circolare della Repubblica, dove tutte le sere
si riuniscono in molti, popolazione locale e turisti, ad ammirare il
grande e variopinto spettacolo di suoni e luci. Attorno alla piazza,
viali ampi e moderni, ricchi di negozi, anch'essi a racchiudere in
cerchio il centro storico, si perdono in periferie decadenti, offese
da palazzi dormitorio come celle d'alveare. Poi cultura, arte,
folclore, con musei e gallerie. Da non perdere il Matenadaran, la
grande biblioteca dei manoscritti e dell'alfabeto armeno e la Cascade,
la monumentale scalinata centro d'arte internazionale. Tanti e
variopinti i mercati, tra i quali spiccano a due passi dalla piazza
principale il Vernissage, dove artigiani e mercanti presentano il
sabato e la domenica i loro prodotti; il Vernissage dell'arte, a lato
del grande edificio dell'Opera, meta dei pittori locali e, il mercato
coperto Pag Shuka, quasi di fronte alla Moschea Blu. Tra tanti
contrasti ed interrogativi, un fatto è certo, l'Armenia non è luogo da
lasciare indifferenti.
Il 21 settembre 1991, staccandosi dall'Unione Sovietica, il Paese
diviene stato indipendente, fondando la terza Repubblica d'Armenia e,
con grande coraggio, ancora martoriato dal terremoto del 1988,
affronta l'enorme crisi economica insorta per mancanza delle risorse
energetiche un tempo garantite dall'Urss. Una difficile avventura
nella quale il paese è ancora impegnato e che ne caratterizza
palesemente la vita quotidiana, solo in parte aiutato dalle rimesse
dei tanti emigranti. All'occhio del visitatore, l'Armenia potrebbe
essere definita «Il Paese delle croci». Tante sono le croci, che ne
caratterizzano storia e luoghi, croci reali e croci simboliche, di
alcune delle quali proviamo a tracciare il profilo.
I KhatchkarI Khatchkar, o croci di pietra, discendenti dai menhir
(monoliti verticali), sono una presenza ricorrente di un viaggio in
Armenia. Ad attorniare i monasteri o nei negozi di souvenir, la loro
immagine si fissa immancabilmente negli occhi del turista. Queste
grandi lastre di pietra, solitamente di tufo intagliato, stimate in
30.000 sul territorio nazionale, sono simboli religiosi cristiani e
normalmente raffigurano, al centro, la «croce fiorita» armena,
caratterizzata da allegorie di foglie o frutti a rappresentare la
continuità della vita, con numerose varianti, alcune delle quali, in
rarissimi esemplari, arrivano anche a raffigurare Cristo. I Khatchkar,
immancabili in quasi tutti gli edifici religiosi, potevano essere
offerte votive, monumenti funerari o commemorativi, l'obbligo, era,
come per i monasteri, di essere orientati ad occidente. Tracce di
queste croci si hanno già dal V secolo, ma le più belle sono datate
tra il IX ed il X secolo. I migliori Khatchkar si trovano spesso
presso i monasteri; quello di Geghard, patrimonio dell'umanità,
incastonato in uno spettacolare canyon o il Monastero di Haghpat, in
posizione dominante su un altopiano. Visitare l'Armenia, infatti, è
anche visitare i suoi tanti monasteri, ma il fatto non deve sembrare
monotono, poiché molto spesso il contesto paesaggistico nel quale
questi sono inseriti è di per sé meta di grande interesse. Ne sono
testimonianza il Monastero di Noravank, uno splendido complesso in
quota ad una gola rocciosa; il Monastero Khor Virap, nello splendido
scenario che ha come sfondo il Monte Ararat o, citandone solo alcuni,
il Monastero di Sevan, in zona panoramica sulla sponda dell'omonimo
lago.
Echmiadzin e la Chiesa Armena: la Chiesa Apostolica Armena è
antichissima, nata tra il I-II secolo, anche se l'evangelizzazione
proseguì ad opera di San Gregorio l'Illuminatore, alla fine del III
secolo. Interessanti le vicende tramandate che hanno portato re
Tiridate III ad adottare il Cristianesimo come religione di stato,
primo paese al mondo, precedendo anche l'Impero Romano. La versione
più nota coinvolge Gregorio, rinchiuso dal re in un pozzo profondo
infestato da serpenti, dal quale nessuno era mai uscito vivo, per
punirlo della sua fede cristiana, ma Gregorio, segretamente nutrito da
una vedova, venne liberato dal re dopo tredici anni, ancora in vita.
Di lì la conversione del sire. Il pozzo è visitabile presso il
Monastero Khor Virap con alle spalle lo stupendo scorcio del Monte
Ararat. Oggi il fulcro della Chiesa Armena è Echmiadzin, dove vive il
suo massimo rappresentante, il Catholicos, attualmente Karekin II, a
capo di una comunità di circa novemila fedeli sparsa in tutto il
mondo, che cerca una rivitalizzazione dopo settant'anni di regime
sovietico. Un'interessante presenza armena è anche in Italia, con i
Padri Mechitaristi, sull'Isola di San Lazzaro, a Venezia, ex
lazzaretto, che merita sicuramente una visita. Echmiadzin è il luogo
dove l'Illuminatore fece costruire nel 301 la cattedrale omonima,
divenendo da allora luogo di residenza del Catholicos e meta di tutti
i fedeli. L'attuale austera cattedrale è frutto di numerosi interventi
architettonici nei secoli, ma l'atmosfera che vi si respira nelle
solenni funzioni, riporta l'uomo al misticismo delle sue origini.
Memoriale e Museo del Genocidio: un popolo in «croce», quello armeno,
ormai a testimoniarlo è la storia. Dalle grandi estensioni
dell'antichità, che hanno visto la «Grande Armenia» estendersi dalla
Cappadocia, alla Cilicia, a Gerusalemme ed all'Eufrate, le tante
vicissitudine, ultime quelle con la Turchia, l'Unione Sovietica e
l'Azerbaigian, hanno ridotto il territorio nazionale a soli 29.800 Kmq
e la popolazione a poco più di tre milioni di abitanti. Ma tra tutte
le piaghe sopportate, sicuramente il Metz Yeghem, il Grande Male, come
gli armeni lo chiamano, è coinciso col genocidio perpetrato dal
governo dei Giovani Turchi tra il 1915 e il 1917, che provocò la morte
di un milione e mezzo di persone. Significativo richiamo a questa
tragica vicenda, anche il libro di Antonia Arslan, «La masseria delle
allodole». Il complesso, formato dal Memoriale e dal Museo del
Genocidio, si trova sulla collina delle rondini, nei pressi di Yerevan
e una visita può far riflettere, come poi accadde anche nei confronti
degli Ebrei, di quanto sia stato capace l'uomo. Di grande emozione il
24 aprile di ogni anno, quando per commemorare l'inizio del genocidio
del 1915, migliaia di armeni da tutto il mondo risalgono la collina
per deporre un fiore alla base circolare della fiamma eterna. L'ultima
«croce» che ancora ferisce questo popolo è il rifiuto della Turchia di
riconoscere il genocidio e l'indifferenza di alcuni governi che per
non incrinare i rapporti con lo stato turco non prendono posizione in
merito.
http://www.gazzettadiparma.it/viaggi/dettaglio/2/133414/Armenia_paese_di_croci_e_monasteri.html