Termometro Politico, Italia
12 maggio 2012
Armenia: vince la continuità, ma la società civile si è svegliata
[Armenia wins continuity, but civil society has awakened]
di Davide Denti
Le urne sono chiuse anche a Yerevan e nella provincia armena. Il 62,2%
dei quasi due milioni e mezzo di armeni registrati ha votato, e il
risultato è molto meno rivoluzionario delle aspettative. Ma se il
governo si assicura il migliore degli scenari possibili, la società
civile armena è oggi consapevole che la democrazia non può essergli
negata impunemente ancora a lungo.
I risultati, tra seggi e percentuali
Il duo del presidente Serzh Sargsyan e del primo ministro Tigran
Sargsyan, entrambi del Partito Repubblicano Armeno (HHK), ha retto
estremamente bene il colpo delle urne, portando a casa il 44,8% dei
voti (era il 34% nel 2007), così come il suo compagno di coalizione,
il partito Armenia Prospera (BHK), legato all'ex presidente Kocharyan,
raddoppia i consensi passando dal 15% al 30%. Solo il terzo partito
della coalizione di governo, Stato di Diritto (OEK) perde due punti
percentuali, ma si mantiene di poco sopra la soglia di sbarramento del
5%. Il risultato, con un sistema elettorale misto (2/3 proporzionale e
1/3 maggioritario), è che i partiti di governo raccolgono una comoda
maggioranza di 111 seggi su 131. Più o meno come nel 2007 (erano 109),
ma allora i partiti di governo erano 4: la Federazione Rivoluzionaria
Armena (ARF) ci mise poco meno di un anno prima di lasciare la
coalizione.
L'opposizione si deve accontentare dei 20 seggi restanti, stavolta da
dividere ancora tra più forze: 7 per il Congresso Nazionale Armeno
(ANC), blocco elettorale del primo presidente dell'Armenia
indipendente, Levon Ter-Petrosyan; 6 per la Federazione
Rivoluzionaria Armenia, il più antico partito armeno, socialista e
nazionalista; e 5 per il partito Heritage dell'ex ministro degli
esteri Raffi Hovannisyan.
Insomma, i due maggiori partiti di governo guadagnano seggi, l'alleato
minore si salva e resta in riserva, le opposizioni entrano tutte in
parlamento ma con il minor numero possibile di seggi. Il migliore dei
risultati possibili, per Sargsyan. Ma corrisponde alla volontà
popolare degli elettori armeni?
Elezioni libere e competitive? Forse, ma non abbastanza
La scommessa principale, per l'Armenia tanto quanto per i suoi
interlocutori internazionali (UE in testa), era che le elezioni si
dimostrassero `free and fair', libere e competitive, così da
legittimare il governo e porre le basi per un rafforzamento della
democrazia nel paese. I risultati mostrano un miglioramento, ma ancora
non c'è una svolta.
La campagna elettorale si è dimostrata pacifica e vivace, e i mezzi
d'informazione hanno offerto una copertura equilibrata delle forze in
campo; la rinnovata legge elettorale ha offerto un quadro più equo
alla competizione elettorale. Tuttavia, numerosi deficit rimangono:
l'incertezza sulla correttezza dei registri elettorali, le denunce di
corruzione, voti di scambio, e possibili voti multipli dovuti
all'evaporazione dell'inchiostro dei timbri elettorali sui documenti
di voto, dimostrano che il processo elettorale in Armenia non è ancora
totalmente consolidato e libero. In particolare, gli osservatori
europei hanno puntato il dito contro la diffusa ed indebita
interferenza dei rappresentanti di partito nell'esercizio dei seggi,
indicandolo come un comportamento `inaccettabile', da correggere entro
le elezioni presidenziali del 2013.
Le prime dichiarazioni degli osservatori internazionali sono caute e
felpate, segno che il bilancio è più in toni di grigio che in bianco o
nero. Oltre ai disfunzionamenti della macchina amministrativa, l'OSCE
si dichiara fortemente preoccupato per `la generale mancanza di
fiducia nell'integrità del processo [elettorale] tra i partiti
politici e il grande pubblico'. In particolare, un gran numero di
giovani e di attivisti armeni si erano esposti in prima persona,
facendo campagna per un'elezione onesta piuttosto che per un singolo
partito, e quindi registrando le varie irregolarità; 30.000
osservatori locali erano sparsi tra i 2.000 seggi del paesi.
L'insoddisfazione, tra loro, è ora inevitabile, ma uno dei risultati
principali di questa elezione è forse a livello normativo: ciò che
fino a ieri era visto come la normalità della vita elettorale in
Armenia (brogli, voto di scambio, corruzione) oggi è considerato
inaccettabile, benché continui ad accadere.
Prospettive: elezioni presidenziali e relazioni con l'UE
I risultati delle elezioni sembrano spianare la strada alla rielezione
di Serzh Sargsyan a presidente del paese nel 2013, sempre che prima di
allora non si squagli la coalizione con Armenia Prospera. Dall'altra
parte Levon Ter-Petrosyan, con il 7% dei consensi per il suo blocco
elettorale, si scopre veramente indietro. Se l'opposizione volesse
veramente sfidare Sargsyan, dovrà accordarsi su un candidato unico;
viste le divergenze politiche con la Federazione Rivoluzionaria Armena
e con Heritage, entrambi molto più radicali soprattutto in politica
estera, il compito non sarà facile.
Il giudizio finale degli osservatori internazionali sul carattere
libero e democratico delle elezioni sarà importante anche nel quadro
delle relazioni tra UE e Armenia. Yerevan, da sempre alleato, naturale
o forzato, di Mosca, partecipa oggi alla piattaforma del Partenariato
Orientale della Politica Europea di Vicinato. Bruxelles ha fatto
chiaramente capire che l'assenza di progresso democratico ed
elettorale avrebbe significato anche un regresso nelle relazioni
bilaterali. Oggi l'UE è il primo partner commerciale dell'Armenia, e i
negoziati diplomatici concernono l'introduzione di un'area di libero
scambio, e il rilassamento del regime dei visti.
Da EastJournal
http://www.termometropolitico.it/15256_armenia-vince-la-continuita-ma-la-societa-civile-si-e-svegliata.html
12 maggio 2012
Armenia: vince la continuità, ma la società civile si è svegliata
[Armenia wins continuity, but civil society has awakened]
di Davide Denti
Le urne sono chiuse anche a Yerevan e nella provincia armena. Il 62,2%
dei quasi due milioni e mezzo di armeni registrati ha votato, e il
risultato è molto meno rivoluzionario delle aspettative. Ma se il
governo si assicura il migliore degli scenari possibili, la società
civile armena è oggi consapevole che la democrazia non può essergli
negata impunemente ancora a lungo.
I risultati, tra seggi e percentuali
Il duo del presidente Serzh Sargsyan e del primo ministro Tigran
Sargsyan, entrambi del Partito Repubblicano Armeno (HHK), ha retto
estremamente bene il colpo delle urne, portando a casa il 44,8% dei
voti (era il 34% nel 2007), così come il suo compagno di coalizione,
il partito Armenia Prospera (BHK), legato all'ex presidente Kocharyan,
raddoppia i consensi passando dal 15% al 30%. Solo il terzo partito
della coalizione di governo, Stato di Diritto (OEK) perde due punti
percentuali, ma si mantiene di poco sopra la soglia di sbarramento del
5%. Il risultato, con un sistema elettorale misto (2/3 proporzionale e
1/3 maggioritario), è che i partiti di governo raccolgono una comoda
maggioranza di 111 seggi su 131. Più o meno come nel 2007 (erano 109),
ma allora i partiti di governo erano 4: la Federazione Rivoluzionaria
Armena (ARF) ci mise poco meno di un anno prima di lasciare la
coalizione.
L'opposizione si deve accontentare dei 20 seggi restanti, stavolta da
dividere ancora tra più forze: 7 per il Congresso Nazionale Armeno
(ANC), blocco elettorale del primo presidente dell'Armenia
indipendente, Levon Ter-Petrosyan; 6 per la Federazione
Rivoluzionaria Armenia, il più antico partito armeno, socialista e
nazionalista; e 5 per il partito Heritage dell'ex ministro degli
esteri Raffi Hovannisyan.
Insomma, i due maggiori partiti di governo guadagnano seggi, l'alleato
minore si salva e resta in riserva, le opposizioni entrano tutte in
parlamento ma con il minor numero possibile di seggi. Il migliore dei
risultati possibili, per Sargsyan. Ma corrisponde alla volontà
popolare degli elettori armeni?
Elezioni libere e competitive? Forse, ma non abbastanza
La scommessa principale, per l'Armenia tanto quanto per i suoi
interlocutori internazionali (UE in testa), era che le elezioni si
dimostrassero `free and fair', libere e competitive, così da
legittimare il governo e porre le basi per un rafforzamento della
democrazia nel paese. I risultati mostrano un miglioramento, ma ancora
non c'è una svolta.
La campagna elettorale si è dimostrata pacifica e vivace, e i mezzi
d'informazione hanno offerto una copertura equilibrata delle forze in
campo; la rinnovata legge elettorale ha offerto un quadro più equo
alla competizione elettorale. Tuttavia, numerosi deficit rimangono:
l'incertezza sulla correttezza dei registri elettorali, le denunce di
corruzione, voti di scambio, e possibili voti multipli dovuti
all'evaporazione dell'inchiostro dei timbri elettorali sui documenti
di voto, dimostrano che il processo elettorale in Armenia non è ancora
totalmente consolidato e libero. In particolare, gli osservatori
europei hanno puntato il dito contro la diffusa ed indebita
interferenza dei rappresentanti di partito nell'esercizio dei seggi,
indicandolo come un comportamento `inaccettabile', da correggere entro
le elezioni presidenziali del 2013.
Le prime dichiarazioni degli osservatori internazionali sono caute e
felpate, segno che il bilancio è più in toni di grigio che in bianco o
nero. Oltre ai disfunzionamenti della macchina amministrativa, l'OSCE
si dichiara fortemente preoccupato per `la generale mancanza di
fiducia nell'integrità del processo [elettorale] tra i partiti
politici e il grande pubblico'. In particolare, un gran numero di
giovani e di attivisti armeni si erano esposti in prima persona,
facendo campagna per un'elezione onesta piuttosto che per un singolo
partito, e quindi registrando le varie irregolarità; 30.000
osservatori locali erano sparsi tra i 2.000 seggi del paesi.
L'insoddisfazione, tra loro, è ora inevitabile, ma uno dei risultati
principali di questa elezione è forse a livello normativo: ciò che
fino a ieri era visto come la normalità della vita elettorale in
Armenia (brogli, voto di scambio, corruzione) oggi è considerato
inaccettabile, benché continui ad accadere.
Prospettive: elezioni presidenziali e relazioni con l'UE
I risultati delle elezioni sembrano spianare la strada alla rielezione
di Serzh Sargsyan a presidente del paese nel 2013, sempre che prima di
allora non si squagli la coalizione con Armenia Prospera. Dall'altra
parte Levon Ter-Petrosyan, con il 7% dei consensi per il suo blocco
elettorale, si scopre veramente indietro. Se l'opposizione volesse
veramente sfidare Sargsyan, dovrà accordarsi su un candidato unico;
viste le divergenze politiche con la Federazione Rivoluzionaria Armena
e con Heritage, entrambi molto più radicali soprattutto in politica
estera, il compito non sarà facile.
Il giudizio finale degli osservatori internazionali sul carattere
libero e democratico delle elezioni sarà importante anche nel quadro
delle relazioni tra UE e Armenia. Yerevan, da sempre alleato, naturale
o forzato, di Mosca, partecipa oggi alla piattaforma del Partenariato
Orientale della Politica Europea di Vicinato. Bruxelles ha fatto
chiaramente capire che l'assenza di progresso democratico ed
elettorale avrebbe significato anche un regresso nelle relazioni
bilaterali. Oggi l'UE è il primo partner commerciale dell'Armenia, e i
negoziati diplomatici concernono l'introduzione di un'area di libero
scambio, e il rilassamento del regime dei visti.
Da EastJournal
http://www.termometropolitico.it/15256_armenia-vince-la-continuita-ma-la-societa-civile-si-e-svegliata.html