MIGRANTI ARMENI IN TURCHIA, UNA STORIA AL FEMMINILE [ARMENIAN MIGRANTS IN TURKEY: A WOMAN'S STORY]
Osservatorio Balcani e Caucaso, Italia
7 nov 2012
Fazıla Mat | Istanbul
7 novembre 2012
Secondo stime non ufficiali tra i 10 e i 20mila immigrati armeni
lavorano in Turchia senza i permessi necessari. In gran parte si
tratta di donne. A farne le spese maggiori, però, sono i figli degli
immigrati, ai quali non è garantita nemmeno l'istruzione. Nostro
reportage
Istanbul, cortile della chiesa armena Surp Hovhannes. Ogni sera il
via-vai si fa intenso col calare del sole. Giovani donne armene,
lavoratrici immigrate, si avvicendano per riportare a casa i
figli all'uscita dalla scuola elementare situata nel seminterrato
della chiesa. Una scuola "clandestina", frequentata da 105 bambini
privi per la maggior parte di una carta d'identita, perché nati in
Turchia da genitori senza permesso di soggiorno. Una situazione che,
in tutta la Turchia, interessa circa mille bambini e che rappresenta
uno dei problemi più seri per gli immigrati armeni che si trovano
in condizione di "irregolarita".
Secondo stime non ufficiali, tra i 10 e i 20mila immigrati armeni
lavorano in Turchia senza i permessi necessari. In gran parte si
tratta di donne. Le difficolta economiche riscontrate in Armenia le
hanno portate a spostarsi all'estero per cercare lavoro. Istanbul,
per la vastita delle possibilita offerte, è diventata la destinazione
principale per molte di loro. Hanno trovato impiego in fabbriche,
atelier tessili, oppure commerciano tra i due paesi. La maggioranza
di loro, però, lavora in casa come donna delle pulizie, badante per
anziani e malati e baby-sitter.
Storie di immigrati
Gli uomini, invece, molto spesso restano senza lavoro: per loro
l'occupazione principale è badare affinché alla propria famiglia non
accada nulla di male. Alcuni immigrati armeni, però, lavorano presso
gli orafi del Gran Bazaar, oppure fanno i calzolai negli atelier di
GedikpaÅ~_a. E' il caso di A. "Siamo qui per lavorare. Cosa ci starei
a fare se ci fosse lavoro in Armenia?". In poche parole l'uomo,
che preferisce non dare le proprie generalita, riassume il motivo
per cui si trova a Istanbul con la moglie e la figlia. A. ci tiene
a precisare che, comunque, non si lamenta di niente.
"Ho tre figli, e lo stipendio da insegnante che mi veniva dato in
Armenia non ci permetteva di mantenerci", spiega una delle responsabili
della scuola elementare di Surp Hovhannes, laureata, come molte altre
donne che hanno scelto di lasciare il proprio paese.
"Viviamo a Istanbul da sette anni. All'inizio, prima di iniziare a
lavorare a scuola, per qualche mese ho fatto la domestica, ma non
ho potuto continuare perché mi pesava molto non essere trattata
alla pari".
Le famiglie armene vivono prevalentemente raccolte nel quartiere
di Kumkapı, uno dei quartieri storici degli armeni "autoctoni" di
Istanbul, la cui comunita conta oggi 60mila persone. Qui le economiche
e poco decorose "camere per celibi" destinate qualche decennio fa
ai migranti provenienti dall'Anatolia, si sono trasformate nel tempo
negli alloggi per i migranti provenienti dall'estero, che si trovano
a condividere spazi ristretti anche in più persone.
"Sono qui dal 2002 e vivo assieme a mio marito, mia figlia e mia
suocera. Quando siamo arrivati non era facile trovare un alloggio. A
noi è andata bene, perché c'era gia mia suocera qui. Ora invece
c'è un passaparola sulle stanze disponibili che inizia fin dalla
stazione dei pullman", ci dice Y., madre di una bambina che frequenta
la sesta classe.
La stazione di cui parla Y. è la Emniyet Otogar dove una volta a
settimana partono e arrivano gli autobus tra Istanbul e Yerevan. Dato
che la frontiera tra la Turchia e l'Armenia è chiusa, il viaggio viene
compiuto attraverso la Georgia. Per arrivare, ci vogliono almeno 36
ore di viaggio. Il biglietto di andata e ritorno costa 100 dollari,
un affare a confronto del biglietto aereo Yerevan-Istanbul che può
raggiungere i 750 dollari.
Perché la Turchia? Molti immigrati danno la stessa risposta: "Era la
destinazione più vicina, aveva una popolazione armena locale e poi
effettuare il primo ingresso era più facile rispetto ad altri paesi
come Ucraina e Russia. Per entrare ci vuole solo un visto turistico
acquistabile alla frontiera, che costa 15 dollari ed è valido per
un mese".
E' una volta in Turchia, però, che iniziano i problemi. Perché
se di lavoro ce n'è, è quasi sempre in nero. Fino allo scorso
febbraio uno straniero, se aveva i mezzi economici, poteva rinnovare
il visto turistico uscendo per un giorno dal territorio turco per
rientrare di nuovo. Ora, secondo la nuova legge per contrastare il
lavoro irregolare degli immigrati, si impone che il "turista" dopo un
periodo di permanenza massima di tre mesi non possa rientrare prima
di 90 giorni trascorsi fuori dalla Turchia.
Se per molti immigrati uscire dalla Turchia ogni mese era gia fuori
questione, con stipendi che oscillano tra i 550 e gli 800 dollari, oggi
le cose diventano ancora più complicate. E la prospettiva che i datori
di lavoro assumano regolarmente, versando i 780 dollari previsti dalla
legge, resta quasi sempre una chimera. E infatti, niente di concreto
sembra cambiato nella vita dei diretti interessati: "Viviamo sempre
con l'ansia del visto e della deportazione", ci confessa preoccupata M.
Secondo R., invece, che due anni fa ha raggiunto il marito e la suocera
(che hanno regolare permesso di soggiorno) "la polizia sa distinguere
le persone. Non toccano le persone per bene che lavorano".
Suo marito ha subito tre interventi chirurgici, ma ha diritto a essere
ricoverato negli ospedali turchi. Chi invece è "irregolare" quando
si ammala viene seguito nell'ospedale Surp Pırgic della comunita
armena a Istanbul.
Per R. il dolore più grande è non riuscire a vedere i genitori. La
madre è venuta una volta a trovarli, ma la figlia più piccola di un
anno non ha mai conosciuto i nonni. "Se andassimo noi non riusciremmo
a tornare tanto facilmente...". Chi viene individuato all'uscita dalla
frontiera può rientrare solo versando una penale di 15 dollari per
ciascun giorno trascorso illegalmente nel paese, oppure accettando
di non rientrare più in Turchia per 5 anni. "Ho tutti i parenti
in Armenia", racconta S. "Quando c'è un matrimonio o un funerale,
non possiamo muoverci e questo ci fa soffrire molto. Non ci consola
nemmeno il fatto di riuscire a mandare soldi a casa".
Fortemente penalizzati i figli degli immigrati
Sono però i più piccoli ad essere maggiormente penalizzati da questa
situazione. Quando una coppia "irregolare" di immigrati armeni ha
un figlio in Turchia non può chiedere la cittadinanza alle autorita
per il nuovo nato. Ma anche l'assenza di relazioni diplomatiche tra
Ankara e Yerevan rende tutto ancor più complicato. Il bambino non può
ottenere un passaporto se non andando in Armenia, ma non viene fatto
passare alla frontiera se non ha alcun documento di identificazione.
"Mia figlia non riesce a immaginarsi l'Armenia, quando gliene parlo.
Per lei è una realta molto distante", ci dice un'altra immigrata. E'
un serpente che si morde la coda. Ma non finisce qui.
Il groviglio di divieti e difficolta si ripercuote direttamente sul
diritto dei bambini ad avere un'istruzione. I figli degli immigrati
armeni, con un passaporto armeno o senza documenti d'identita, non
possono frequentare le scuole pubbliche turche. A partire dall'anno
scorso un regolamento ha concesso a questi ragazzi di potersi iscrivere
alle 17 scuole delle minoranze armene locali in qualita di "ospiti",
ossia permettendo loro di frequentare le lezioni senza però che gli
venga rilasciato alcun diploma valido a livello nazionale.
Pochi gli iscritti quest'anno, perché, a detta degli interessati, per
le famiglie c'è sempre il rischio di venire esposti e in buona parte
perché il programma scolastico, pur trattandosi di scuole armene,
è interamente modellato su quello turco, senza alcun riferimento al
popolo armeno e alla sua storia. Un programma che ad ogni modo non
consentirebbe ai ragazzi di inserirsi nelle scuole armene se tornassero
indietro. C'è poi anche il problema della lingua: l'armeno dell'Est
(parlato in Armenia) è infatti una variante diversa da quello usato
in Turchia.
La scuola elementare di Surp Hovhannes
La scuola elementare di Surp Hovhannes cerca, da dieci anni, di
rimediare a questa difficile situazione, mentre le autorita turche,
data l'assenza di alternative valide, chiudono un occhio sulla sua
"clandestinita". Sei classi gestite da sette maestre volontarie
seguono il programma delle scuole armene.
"All'inizio avevamo appena sette bambini. Ora sono oltre un centinaio,
inclusi quelli della materna. Quest'anno siamo riusciti ad aprire
anche la sesta classe, ma per l'anno prossimo non c'è più spazio",
ci spiega una delle responsabili scolastiche.
Sono diverse iniziative congiunte a mantenere in piedi la scuola:
"La chiesa ci da gli spazi e si accolla tutte le bollette. La Caritas,
a partire dal terzo anno, ha iniziato a fornirci i pasti per i bambini
e ci ha messo a disposizione due persone per le pulizie, così non
dobbiamo occuparci anche di quello, mentre i libri ce li manda il
ministero della Diaspora dall'Armenia. Il comune di Bakırköy, poi,
l'anno scorso ha organizzato attivita sportive per i bambini fornendo
dei pulmini per il trasporto. Una volta hanno anche previsto una
visita dentistica".
Dove andranno i bambini quando non ci sara più posto? "Due miei amici
sono tornati in Armenia dai nonni" dice N.,12 anni, "altri due hanno
iniziato a frequentare le scuole armene locali, ma raccontano che è
tutto diverso rispetto a qui".
La madre è però ancora incerta sul da farsi. Sembra sicura solo
su una cosa: "Un giorno, anche da vecchi, ritorneremo in Armenia. I
bambini devono poter mantenere il legame con il loro paese d'origine".
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Turchia/Migranti-armeni-in-Turchia-una-storia-al-femminile-125834
Osservatorio Balcani e Caucaso, Italia
7 nov 2012
Fazıla Mat | Istanbul
7 novembre 2012
Secondo stime non ufficiali tra i 10 e i 20mila immigrati armeni
lavorano in Turchia senza i permessi necessari. In gran parte si
tratta di donne. A farne le spese maggiori, però, sono i figli degli
immigrati, ai quali non è garantita nemmeno l'istruzione. Nostro
reportage
Istanbul, cortile della chiesa armena Surp Hovhannes. Ogni sera il
via-vai si fa intenso col calare del sole. Giovani donne armene,
lavoratrici immigrate, si avvicendano per riportare a casa i
figli all'uscita dalla scuola elementare situata nel seminterrato
della chiesa. Una scuola "clandestina", frequentata da 105 bambini
privi per la maggior parte di una carta d'identita, perché nati in
Turchia da genitori senza permesso di soggiorno. Una situazione che,
in tutta la Turchia, interessa circa mille bambini e che rappresenta
uno dei problemi più seri per gli immigrati armeni che si trovano
in condizione di "irregolarita".
Secondo stime non ufficiali, tra i 10 e i 20mila immigrati armeni
lavorano in Turchia senza i permessi necessari. In gran parte si
tratta di donne. Le difficolta economiche riscontrate in Armenia le
hanno portate a spostarsi all'estero per cercare lavoro. Istanbul,
per la vastita delle possibilita offerte, è diventata la destinazione
principale per molte di loro. Hanno trovato impiego in fabbriche,
atelier tessili, oppure commerciano tra i due paesi. La maggioranza
di loro, però, lavora in casa come donna delle pulizie, badante per
anziani e malati e baby-sitter.
Storie di immigrati
Gli uomini, invece, molto spesso restano senza lavoro: per loro
l'occupazione principale è badare affinché alla propria famiglia non
accada nulla di male. Alcuni immigrati armeni, però, lavorano presso
gli orafi del Gran Bazaar, oppure fanno i calzolai negli atelier di
GedikpaÅ~_a. E' il caso di A. "Siamo qui per lavorare. Cosa ci starei
a fare se ci fosse lavoro in Armenia?". In poche parole l'uomo,
che preferisce non dare le proprie generalita, riassume il motivo
per cui si trova a Istanbul con la moglie e la figlia. A. ci tiene
a precisare che, comunque, non si lamenta di niente.
"Ho tre figli, e lo stipendio da insegnante che mi veniva dato in
Armenia non ci permetteva di mantenerci", spiega una delle responsabili
della scuola elementare di Surp Hovhannes, laureata, come molte altre
donne che hanno scelto di lasciare il proprio paese.
"Viviamo a Istanbul da sette anni. All'inizio, prima di iniziare a
lavorare a scuola, per qualche mese ho fatto la domestica, ma non
ho potuto continuare perché mi pesava molto non essere trattata
alla pari".
Le famiglie armene vivono prevalentemente raccolte nel quartiere
di Kumkapı, uno dei quartieri storici degli armeni "autoctoni" di
Istanbul, la cui comunita conta oggi 60mila persone. Qui le economiche
e poco decorose "camere per celibi" destinate qualche decennio fa
ai migranti provenienti dall'Anatolia, si sono trasformate nel tempo
negli alloggi per i migranti provenienti dall'estero, che si trovano
a condividere spazi ristretti anche in più persone.
"Sono qui dal 2002 e vivo assieme a mio marito, mia figlia e mia
suocera. Quando siamo arrivati non era facile trovare un alloggio. A
noi è andata bene, perché c'era gia mia suocera qui. Ora invece
c'è un passaparola sulle stanze disponibili che inizia fin dalla
stazione dei pullman", ci dice Y., madre di una bambina che frequenta
la sesta classe.
La stazione di cui parla Y. è la Emniyet Otogar dove una volta a
settimana partono e arrivano gli autobus tra Istanbul e Yerevan. Dato
che la frontiera tra la Turchia e l'Armenia è chiusa, il viaggio viene
compiuto attraverso la Georgia. Per arrivare, ci vogliono almeno 36
ore di viaggio. Il biglietto di andata e ritorno costa 100 dollari,
un affare a confronto del biglietto aereo Yerevan-Istanbul che può
raggiungere i 750 dollari.
Perché la Turchia? Molti immigrati danno la stessa risposta: "Era la
destinazione più vicina, aveva una popolazione armena locale e poi
effettuare il primo ingresso era più facile rispetto ad altri paesi
come Ucraina e Russia. Per entrare ci vuole solo un visto turistico
acquistabile alla frontiera, che costa 15 dollari ed è valido per
un mese".
E' una volta in Turchia, però, che iniziano i problemi. Perché
se di lavoro ce n'è, è quasi sempre in nero. Fino allo scorso
febbraio uno straniero, se aveva i mezzi economici, poteva rinnovare
il visto turistico uscendo per un giorno dal territorio turco per
rientrare di nuovo. Ora, secondo la nuova legge per contrastare il
lavoro irregolare degli immigrati, si impone che il "turista" dopo un
periodo di permanenza massima di tre mesi non possa rientrare prima
di 90 giorni trascorsi fuori dalla Turchia.
Se per molti immigrati uscire dalla Turchia ogni mese era gia fuori
questione, con stipendi che oscillano tra i 550 e gli 800 dollari, oggi
le cose diventano ancora più complicate. E la prospettiva che i datori
di lavoro assumano regolarmente, versando i 780 dollari previsti dalla
legge, resta quasi sempre una chimera. E infatti, niente di concreto
sembra cambiato nella vita dei diretti interessati: "Viviamo sempre
con l'ansia del visto e della deportazione", ci confessa preoccupata M.
Secondo R., invece, che due anni fa ha raggiunto il marito e la suocera
(che hanno regolare permesso di soggiorno) "la polizia sa distinguere
le persone. Non toccano le persone per bene che lavorano".
Suo marito ha subito tre interventi chirurgici, ma ha diritto a essere
ricoverato negli ospedali turchi. Chi invece è "irregolare" quando
si ammala viene seguito nell'ospedale Surp Pırgic della comunita
armena a Istanbul.
Per R. il dolore più grande è non riuscire a vedere i genitori. La
madre è venuta una volta a trovarli, ma la figlia più piccola di un
anno non ha mai conosciuto i nonni. "Se andassimo noi non riusciremmo
a tornare tanto facilmente...". Chi viene individuato all'uscita dalla
frontiera può rientrare solo versando una penale di 15 dollari per
ciascun giorno trascorso illegalmente nel paese, oppure accettando
di non rientrare più in Turchia per 5 anni. "Ho tutti i parenti
in Armenia", racconta S. "Quando c'è un matrimonio o un funerale,
non possiamo muoverci e questo ci fa soffrire molto. Non ci consola
nemmeno il fatto di riuscire a mandare soldi a casa".
Fortemente penalizzati i figli degli immigrati
Sono però i più piccoli ad essere maggiormente penalizzati da questa
situazione. Quando una coppia "irregolare" di immigrati armeni ha
un figlio in Turchia non può chiedere la cittadinanza alle autorita
per il nuovo nato. Ma anche l'assenza di relazioni diplomatiche tra
Ankara e Yerevan rende tutto ancor più complicato. Il bambino non può
ottenere un passaporto se non andando in Armenia, ma non viene fatto
passare alla frontiera se non ha alcun documento di identificazione.
"Mia figlia non riesce a immaginarsi l'Armenia, quando gliene parlo.
Per lei è una realta molto distante", ci dice un'altra immigrata. E'
un serpente che si morde la coda. Ma non finisce qui.
Il groviglio di divieti e difficolta si ripercuote direttamente sul
diritto dei bambini ad avere un'istruzione. I figli degli immigrati
armeni, con un passaporto armeno o senza documenti d'identita, non
possono frequentare le scuole pubbliche turche. A partire dall'anno
scorso un regolamento ha concesso a questi ragazzi di potersi iscrivere
alle 17 scuole delle minoranze armene locali in qualita di "ospiti",
ossia permettendo loro di frequentare le lezioni senza però che gli
venga rilasciato alcun diploma valido a livello nazionale.
Pochi gli iscritti quest'anno, perché, a detta degli interessati, per
le famiglie c'è sempre il rischio di venire esposti e in buona parte
perché il programma scolastico, pur trattandosi di scuole armene,
è interamente modellato su quello turco, senza alcun riferimento al
popolo armeno e alla sua storia. Un programma che ad ogni modo non
consentirebbe ai ragazzi di inserirsi nelle scuole armene se tornassero
indietro. C'è poi anche il problema della lingua: l'armeno dell'Est
(parlato in Armenia) è infatti una variante diversa da quello usato
in Turchia.
La scuola elementare di Surp Hovhannes
La scuola elementare di Surp Hovhannes cerca, da dieci anni, di
rimediare a questa difficile situazione, mentre le autorita turche,
data l'assenza di alternative valide, chiudono un occhio sulla sua
"clandestinita". Sei classi gestite da sette maestre volontarie
seguono il programma delle scuole armene.
"All'inizio avevamo appena sette bambini. Ora sono oltre un centinaio,
inclusi quelli della materna. Quest'anno siamo riusciti ad aprire
anche la sesta classe, ma per l'anno prossimo non c'è più spazio",
ci spiega una delle responsabili scolastiche.
Sono diverse iniziative congiunte a mantenere in piedi la scuola:
"La chiesa ci da gli spazi e si accolla tutte le bollette. La Caritas,
a partire dal terzo anno, ha iniziato a fornirci i pasti per i bambini
e ci ha messo a disposizione due persone per le pulizie, così non
dobbiamo occuparci anche di quello, mentre i libri ce li manda il
ministero della Diaspora dall'Armenia. Il comune di Bakırköy, poi,
l'anno scorso ha organizzato attivita sportive per i bambini fornendo
dei pulmini per il trasporto. Una volta hanno anche previsto una
visita dentistica".
Dove andranno i bambini quando non ci sara più posto? "Due miei amici
sono tornati in Armenia dai nonni" dice N.,12 anni, "altri due hanno
iniziato a frequentare le scuole armene locali, ma raccontano che è
tutto diverso rispetto a qui".
La madre è però ancora incerta sul da farsi. Sembra sicura solo
su una cosa: "Un giorno, anche da vecchi, ritorneremo in Armenia. I
bambini devono poter mantenere il legame con il loro paese d'origine".
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Turchia/Migranti-armeni-in-Turchia-una-storia-al-femminile-125834