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Il Libro di Mush - - Antonia Arslan

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  • Il Libro di Mush - - Antonia Arslan

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    30 ago 2012

    Il Libro di Mush - - Antonia Arslan

    di Mara Marantonio - 30-08-2012


    A inizio 2012 è uscita con l'Editore Skira, specializzato in
    pubblicazioni dedicate alle arti figurative -e con attenzione alla
    narrativa-, l'ultima opera della studiosa padovana di origine armena
    Antonia Arslan: uno scritto breve ed intenso, Il Libro di Mush.

    Dopo aver trattato, nei primi due romanzi, la tragedia armena
    attraverso le vicissitudini della propria famiglia, con il terzo lo
    sguardo comprende l'intero Popolo, in quanto tale. L'idea di scrivere
    quest'opera, davvero preziosa, è nata in California in occasione
    dell'apertura di un'esposizione sul Popolo Armeno, cui l'Autrice aveva
    partecipato. Le vicende ivi rappresentate, le immagini, i colloqui con
    le persone presenti (negli USA vive una folta comunità diasporica), le
    loro sollecitazioni hanno fatto riemergere i ricordi dei racconti
    uditi tanti anni prima e ne è scaturita la presente storia.

    Il Libro di cui si tratta è un manoscritto medievale (del 1202),
    consistente in una raccolta di omelie (Msho Charantir, cioè Omiliario
    di Mush), ornata di stupende miniature che ne fanno un tesoro
    inestimabile, composta all'inizio del XIII secolo nello scriptorium
    del monastero di Avakvank (presso Erzynka) su commissione di un
    sensibile mercante. Un volume enorme, alto un metro e largo mezzo, del
    peso di circa ventotto chilogrammi. Di lì a pochi anni tuttavia il
    mercante fu ucciso durante l'invasione mongola e il libro rubato, come
    sovente accade in simili circostanze. Qualche tempo dopo i monaci di
    Surp Arakelotos Vank (Monastero dei Santi Apostoli) di Mush vennero a
    sapere che l'opera scomparsa era in vendita; dopo lunghe trattative e
    a caro prezzo lo comprarono e così, per diversi secoli, il prezioso
    manoscritto vegliò sugli abitanti dell'omonima Valle e su tutto il
    Popolo Armeno.

    Il romanzo si apre con una scena tragica e coerente: siamo nel giugno
    1915 e i militari della terza armata turca, reduci dalla sconfitta
    subita nel Caucaso ad opera dei russi, sfogano la loro rabbia
    sull'immancabile, prescelto capro espiatorio. I villaggi armeni della
    Valle sono messi a ferro e fuoco, gli abitanti trucidati, senza
    distinzione di sesso ed età e l'antico Monastero è dato alle fiamme...

    `Un'eliminazione programmata e precisa, scientifica, per svuotare la
    valle di ogni sangue armeno...'.
    Nello stupendo scenario naturale di Cortina d'Ampezzo ho assistito, lo
    scorso 11 agosto, alla presentazione de Il Libro di Mush, da parte
    della stessa Autrice (coadiuvata da un intervistatore d'eccezione, il
    Magnifico Rettore dell'Università degli Studi di Padova, Giuseppe
    Zaccaria), grazie ad una notevole iniziativa culturale, dal titolo
    `Una montagna di Libri', nata alcuni anni fa, dall'entusiasmo e dalla
    costanza di Francesco Chiamulera. Con la sua forte capacità di
    instaurare subito un rapporto empatico con il pubblico, Antonia Arslan
    ci ha narrato la storia, frammista (forse) a leggenda,
    dell'eccezionale manoscritto, il vero protagonista del romanzo,
    scoperto tra le rovine del Monastero devastato (si trovava nel
    ripostiglio in cui le galline venivano poste a covare dai monaci)
    grazie a due donne, risultate tra i pochi sopravvissuti alla furia
    degli assassini. Le donne, entrambe giovani, si chiamano Anoush e
    Kohar. La prima, snella e delicata, è sposata e già madre di tre
    figli; l'altra, bruna con larghe spalle e florido seno, ha un
    fidanzato falegname -che comanda a...bacchetta- ed è prossima alle
    nozze. In quel caldo, tragico pomeriggio, erano scese al fiume
    Aratsani per un bagno ristoratore. Poiché sul fiume c'è sempre un velo
    di nebbia, esse s'immergono nude, dopo aver lasciato gli abiti sotto
    un masso. D'altronde `Mush' (così si chiama anche il centro
    principale) in armeno significa `Nebbiosa'; siamo in una valle,
    all'epoca dei fatti narrati, fertilissima, con fiorenti paesi,
    attraversata da due fiumi. Un altopiano isolato, centro rilevante
    della civiltà armena, con il Monastero, quello appunto dei Santi
    Apostoli, fondato nel quarto secolo da San Gregorio l'Illuminatore. Il
    luogo è circondato da montagne, con rari valichi d'entrata. Un piccolo
    paradiso, che può tuttavia trasformarsi, come accadrà, in una trappola
    mortale. Le ragazze scherzano tra loro, ignare di ciò che le attende.
    L'incanto si spegne allorché odono all'improvviso `un rumore ritmato
    che si avvicina velocemente'. Cavalli al galoppo, cavalieri turchi.
    Tutta la natura pare trattenere spaventata il respiro. L'attesa che
    scenda la sera per poter ritornare a casa senza imbattersi in quella
    presenza nemica; l'ansia che cede il posto alla paura, man mano che
    esse proseguono nella via del ritorno; poi l'illusione che il silenzio
    aleggiante sul loro villaggio sia dovuto al fatto che tutti gli
    abitanti siano lassù, al Monastero dato alle fiamme dagl'invasori, per
    dare una mano a spegnere l'incendio. Il Monastero violato era stata la
    prima, atroce scoperta. Poi l'Orrore. L'intero villaggio è stato
    saccheggiato e distrutto, gli abitanti uccisi; compresi i loro
    familiari, inclusi i bambini, a cominciare dall'ultimogenito di Anush,
    Krikor. La ricerca spasmodica dei loro cari, il sangue dovunque, la
    consapevolezza che `sempre le madri armene hanno dovuto far fronte a
    ciglio asciutto alla morte dei figli, secoli di oppressione e di
    servaggio glielo hanno insegnato'.

    Fin dalle prime pagine il romanzo, declinato secondo brevi capitoli
    numerati, colpisce per la prosa intensa, drammatica, vissuta nel
    profondo, dove, alla tragica realtà del presente, si alternano i
    ricordi solari, i sogni, le illusioni che vi sia ancora qualcuno in
    vita. Qualche altro superstite c'è. Tra il tremendo odore del sangue e
    la terribile visione dei corpi oltraggiati dei genitori e della
    sorellina le due donne trovano Hovsep, compagno di giochi dei piccoli
    di Anoush, l'unico a salvarsi della sua famiglia. Con delicatezza, ma
    con decisione tipicamente materna, esse lo raccolgono e lo inducono a
    seguirle. Poco dopo, oltrepassate quelle case, divenute tombe
    sconsacrate dalla violenza e dalla morte, un altro incontro, con due
    persone sfuggite appena in tempo prima alla strage. Si tratta di una
    coppia di greci: Eleni, la levatrice del villaggio, e Makarios, il
    figlio del ciabattino. Cresciuti insieme nel Paese natale, anni
    addietro avrebbero dovuto convolare a nozze, ma il carattere
    irrequieto di lui aveva mandato a monte il progetto. Si erano poi
    ritrovati, diverso tempo dopo, a vivere tra gli armeni: Forse, chissà,
    l'antico sogno di vita insieme avrebbe potuto ancora realizzarsi. Ma
    prima, secondo l'uomo, era necessario andarsene, fuggire da quei
    luoghi, poiché la furia vendicatrice dei Turchi questa volta non
    avrebbe conosciuto limiti. Paura ben fondata. Il piccolo gruppo si
    dirige verso il Monastero, dove s'imbatte in altre scene di
    devastazione e morte e dove, con rispettoso coraggio, raccoglie ciò
    che può essergli utile nella fuga verso l'agognata salvezza. Non con
    l'atteggiamento del saccheggiatore, ma con l'affetto del figlio che
    cerca nutrimento dal petto della propria madre. Prima però è
    indispensabile dare dignitosa sepoltura ai monaci uccisi dai barbari.
    Tra il piccolo Hovsep e Anoush si instaura un rapporto dolcissimo: lui
    ha perduto i suoi familiari, lei è sola al mondo. Il bambino riflette
    su quella madre che ha di fronte:

    `Ha un odore diverso da mia mamma.....Ma è sempre un odore di mamma,
    caldo e dolce. Questa non la voglio perdere, la curerò io'.
    L'amore afferma così la sua energia inesauribile. Poi l'incredibile
    scoperta, grazie ancora a Hovsep. Un vago sentore amico di pollaio e
    di uova, pur frammisto a quello di sangue e di morte, attrae il
    ragazzino. Meraviglia per tutti è il ritrovamento del Libro prezioso;
    in un luogo -come precisato sopra, nel buio del ripostiglio dove la
    galline stavano a covare- non certo `sacro', ma emblematico, perché è
    una sede dove la vita rinasce, nell'umiltà del quotidiano. Il Libro,
    di nuovo risplendente dopo essere stato ripulito con devozione ed
    affetto, è il simbolo dell'orgogliosa dignità di un Popolo: saranno
    queste donne semplici a portarlo lontano dai pericoli, su verso le
    montagne. Ma come fare, dati il peso e la mole? Di nuovo Hovsep entra
    in scena proponendo di dividerlo in cinque pezzi, tanti quanti sono i
    membri del gruppo! Kohar, vera mente organizzativa della compagnia,
    contropropone di scinderlo in due parti: saranno quindi lei ed Anoush
    a caricarselo sulle spalle. E così avviene; non prima di aver giurato,
    tutti e cinque insieme (anche Makarios, sulle prime un po'riluttante),
    di difenderlo con la vita `da ogni insulto e profanazione'.
    Emozionante è seguire, pagina dopo pagina, il viaggio, attraverso le
    montagne impervie del Caucaso, di queste persone che hanno perduto
    tutto, la casa e gli affetti più cari, ma non la forte coscienza e
    dignità di Sé. L'Angelo Muto le segue e sa indirizzarle: i tre Armeni
    e i due Greci, stretti in un'unità inscindibile. Alle scene tragiche
    si sovrappone la bellezza della natura in un contrasto struggente:

    `Il giorno dopo è una bellissima giornata, con nuvole leggere e un
    vento fresco...Tutti si sono svegliati un po' rinfrancati'.
    E ti commuovi nel pensare come la perduta maternità fisica di Anoush
    venga recuperata sublimandosi in Maternità simbolica di Popolo. Anche
    in questo romanzo emerge la `specificità del femminile', aspetto
    importante nell'opera di Antonia Arslan. Lascio al `lettore paziente',
    come lo chiama l'Autrice, la gioia di scoprire e partecipare alla
    storia racchiusa in questa..ballata, certo drammatica, ma illuminata
    da una luce di speranza. Rivelo soltanto che una delle due donne
    muore, ottenendo dai compagni di essere sepolta con la metà del Libro
    di cui era stata custode. Detta metà fu poi recuperata da un ufficiale
    russo e portata a Tiblisi; l'altra donna, dopo aver raggiunto Yerevan,
    consegna la propria parte del volume ai monaci di Etchmiadzin.
    L'Omiliario verrà ricomposto negli anni Venti del Novecento ed oggi si
    può ammirare nella sala più importante del Madenadaran (in armeno
    antico: Biblioteca) di Yerevan. Sedici fogli, che erano stati staccati
    nel secolo XIX, sono custoditi nelle raccolte dei Padri Mekhitaristi
    di S. Lazzaro a Venezia, mentre quarantacinque si trovano a Vienna,
    anch'essi nel locale monastero dei Padri Mekhitaristi.

    Una vicenda di luminoso significato universale in grado di far
    comprendere come le persone ed i popoli che rinunciano alla loro
    Identità siano condannati a soccombere, mentre coloro i quali ne
    conservano la Memoria -quella autentica, condivisa- vivranno per
    sempre, nonostante le sofferenze e i lutti. Il Libro Salvato è un
    simbolo di valore incalcolabile. Un affettuoso grazie all'Autrice.

    http://www.sololibri.net/Il-Libro-di-Mush-Antonia-Arslan.html



    From: Emil Lazarian | Ararat NewsPress
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