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La confusione ungherese, il baratro caucasico e la latitanza dell'UE

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  • La confusione ungherese, il baratro caucasico e la latitanza dell'UE

    Libertiamo.it, Italia
    21 settembre 2012

    La confusione ungherese, il baratro caucasico e la latitanza dell'UE

    Posted on 20 settembre 2012.
    Autore: Federico Mozzi

    - L'estradizione e il ritorno in libertà di Ramil Safarov, ufficiale
    azero condannato in Ungheria all'ergastolo per omicidio, rischia di
    mettere a repentaglio i pallidi spiragli di pace tra Armenia e
    Azerbaijan in una nuova spirale di violenze verbali che Unione
    Europea, Stati Uniti e perfino Russia sembrano incapaci di fermare.

    Il 19 febbraio 2004, durante un corso trimestrale di inglese promosso
    dalla NATO nell'ambito del `Partnership for Peace programme', il
    tenente Safarov uccise nel sonno con 16 colpi di accetta il tenente
    armeno Gurgen Margarjan. Solo l'intervento di un ufficiale ungherese,
    e una porta fortuitamente bloccata, impedirono a Safarov di procedere
    con un secondo tentativo di omicidio.
    Secondo la versione di Safarov, il gesto sarebbe ampiamente
    giustificato dai continui insulti subiti al convegno e dal perdurare
    di una sorta di `stress post-traumatico' dovuto alle supposte atrocità
    che la famiglia dell'omicida avrebbe subito da parte armena durante la
    guerra del 1988-1994 nella regione del Jabrayl, uno dei 7 distretti
    azeri attualmente occupati da Jerevan e Stepanakert.

    Quali che siano le reali motivazioni, il tenente venne condannato da
    un tribunale ungherese a scontare una pena senza appello che,
    tuttavia, si è improvvisamente interrotta agli inizi di settembre in
    seguito all'estradizione verso l'Azerbaijan e il conseguente - e
    oggettivamente prevedibile - perdono della pena da parte del
    Presidente Aliyev. Dopo il rientro Safarov è stato promosso a maggiore
    e, soprattutto, elevato al rango di eroe nazionale.


    Le reazioni da parte armena non si sono certo fatte attendere con
    l'immediata rottura dei rapporti diplomatici tra i due Paesi. Diversi
    protestanti si sono spinti fino a bruciare la bandiera ungherese
    bombardando il consolato di pomodori e lo stesso Presidente della
    Repubblica, Serzh Sargsyan, non è stato parco nel ribadire che, anche
    se `[l'Armenia] non vuole una guerra, se saremo costretti la
    combatteremo e vinceremo. Non siamo spaventati dagli assassini, anche
    quando godono della protezione di un Capo di Stato'. Con un piccolo
    quanto brutale gesto, il Caucaso è avanzato di un passo più vicino al
    baratro di un conflitto generale di cui, ormai, pare essere ignota più
    la tempistica che l'eventualità.

    La giustificazione ungherese, malgrado formalmente irreprensibile, in
    quanto giustificata dagli articoli della Convenzione europea del 1983
    sul `Trasferimento delle persone condannate' e dall'assicurazione
    azera che Safarov avrebbe scontato almeno altri 25 anni di pena,
    sembra tuttavia flebile e riconducibile a scenari che hanno ben poco a
    che fare con il diritto e molto con l'economia. Per quale motivo una
    diplomazia solitamente accorta come quella ungherese - capace di
    rappresentare fino a 50 stati durante la guerra di Libia - si sarebbe
    `concessa' un tale errore di valutazione?

    Secondo il blog liberale `Hungarian Spectrum', l'Azerbaijan avrebbe
    promesso l'acquisto di titoli di Stato ungheresi per un valore di 3.8
    miliardi di euro in cambio del rilascio del proprio ufficiale in una
    trattativa condotta principalmente da Viktor Orbán, Primo Ministro, e
    Péter Szijjártó, Ministro per la relazione economiche esterne,
    piuttosto che dal Ministero degli Esteri.
    Malgrado entrambe le parti si siano affrettate a negare tali
    affermazioni, è indubbio che un Paese alla disperata ricerca di
    liquidità quale l'Ungheria rischi di intraprendere l'allettante strada
    del supporto economico di Baku. Baku, la cui politica estera, per
    inciso, ruota attorno all'illusione che il bisogno europeo
    d'idrocarburi e quello israelo-statunitense di basi aeree in caso di
    conflitto con l'Iran garantisca all'Azerbaijan un perenne
    `salvacondotto' per le proprie azioni. Ma è, questa, solamente
    un'illusione?

    Oltre a gettare cupi spiragli sulle possibilità che le trattative
    condotte sotto l'egida dei mediatori internazionali `Gruppo di Minsk'
    portino a qualche conclusione, la vicenda pone infatti diverse domande
    circa l'effettiva credibilità dell'Unione Europea nell'area. Questo,
    malgrado le diverse decine di milioni di euro impiegati annualmente in
    svariati programmi per facilitare l'integrazione dei Paesi caucasici
    verso l'Unione.

    Con la Russia materialmente alle porte con le esercitazioni `Caucasus
    2012' e `Interaction-2012' - quest'ultima appena conclusasi proprio in
    Armenia - e gli Stati Uniti latitanti attorno alle `gaffe' di Romney,
    il rischio è che Bruxelles si riduca, nuovamente, a spettatrice invece
    che protagonista delle crisi che verranno.
    Crisi che, nel migliore dei casi, faranno rimpiangere il conflitto
    georgiano del 2008, nel peggiore la Yugoslavia del 1991-1995.

    http://www.libertiamo.it/2012/09/20/la-confusione-ungherese-il-baratro-caucasico-e-la-latitanza-dellue/

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