NAGORNO KARABAKH: SUL FILO DELL'EQUILIBRIO INSTABILE
Termometro Politico, Italia
27 giugno 2013
Un conflitto derubricato
Il ponte dell'inimicizia che si estende tra Armenia ed Azerbaijan
porta il nome di Nagorno-Karabakh: una regione di appena undicimila
chilometri quadrati, abitata da meno di centocinquantamila persone,
di etnia prevalentemente armena.
Era il 1992 quando ad Helsinki il Segretario dell'Organizzazione per la
Sicurezza e la Cooperazione in Europa (che da questo momento chiameremo
semplicemente OSCE) inseriva tra le note dell'agenda internazionale
una Conferenza, da tenersi (solo presumibilmente) a Minsk, in merito
all'affaire del Nagorno. Al cd. Gruppo di Minsk, la cui Presidenza
è attualmente condivisa da tre Paesi, sono invitati a partecipare
Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Cecoslovacchia, Federazione Russa,
Francia, Germania, Italia, Stati Uniti, Svezia, Turchia e - in qualita
di parte interessata - anche i rappresentanti del Nagorno-Karabakh.
Ã~I di pochi giorni fa il meeting di Enniskillen (cittadina
dell'Irlanda del Nord), a seguito del quale i copresidenti del Gruppo
di Minsk hanno comunicato di continuare a credere con fermezza nella
strategia che il working group ha elaborato negli ultimi quattro anni,
in vista di una definitiva risoluzione del conflitto, che assumera
concretezza solo quando la popolazione sara capace di mettere in
disparte passati rancori.
In verita, la sensazione irritante con cui parte dell'opinione pubblica
ha accolto la neutralita delle dichiarazioni divulgate dalle agenzie di
stampa potrebbe trovare la sua raison d'être nell'ambiguo approccio
europeo alle problematiche dell'area caucasica. Ancora oggi non è
affatto semplice parlare di un conflitto che sull'ultimo scorcio degli
anni Ottanta si è abbattuto su una modesta porzione dell'Eurasia:
erano gli anni in cui la polveriera balcanica minacciava un'esplosione
imminente e l'intervento prioritario della comunita internazionale a
fronte dei molteplici crimini di guerra e di una sistematica pulizia
etnica ha lasciato cadere nell'oblio il conflitto armeno-azero.
Solamente nel 1992 l'Osce si preoccupava di comprendeva la reale
portata delle ostilita e - scostando quella discreta cortina di
silenzio - si proponeva di avviare i negoziati di pace, ricorrendo
all'arte mutevole della mediazione internazionale. Correva ancora
l'anno 1992, quando il Nagorno-Karabakh proclamava ufficialmente
la nascita della nuova Repubblica, sebbene il (proprio) Parlamento
ne avesse dichiarato l'indipendenza gia quattro anni prima. Così,
ricominciava il conflitto ancora una volta dimenticato.
In un ormai distante 1994, i rappresentanti dei due Paesi firmavano
in Kirghizistan un cessate il fuoco, che non è bastato a rendere
giustizia alle oltre trentamila vittime e a quasi un milione di
sfollati.
La moderata esposizione dell'impegno internazionale
Anche adesso che lo status quo appare la forma capovolta del progresso,
non si è registrata alcuna evoluzione: succede che le frequenti
schermaglie costringano l'esercito armeno a schierarsi a difesa dei
confini della regione e della fascia di sicurezza circostante e,
ad aggravare un prospetto di per sé poco confortante, continua
una guerra tra cecchini che ogni anno aumenta il numero dei caduti,
anche tra i civili.
A dispregio delle trattative di pace, i dati della spesa militare
sfoggiano una potenziale aggressivita abilmente mimetizzata da una
caotica diplomazia, e lasciano presagire che il conflitto non è
affatto congelato, bensì dinamico e carico di tensione. Mettere
un punto alle ostilita non sembra un obiettivo raggiungibile nel
medio termine: l'Armenia invoca logiche culturali e sociologiche
che motiverebbero come il Nagorno-Karabakh sia parte integrante
dell'identita nazionale; viceversa, l'Azerbaijan antepone ragioni di
orgoglio nazionale.
La storia del Caucaso ricorda che i conflitti dell'era post-sovietica
patiscono le conseguenze dei giochi di potere intrapresi dalle potenze
concorrenti e, se è vero che niente è lasciato al caso, è semplice
intuire perché, specialmente dal 2010, l'Azerbaijan si sia avvalso
dell'assistenza militare prestata dalla Turchia, mentre Mosca sia il
principale alleato dell'Armenia.
Anche l'Iran, nei giorni appena trascorsi, ha rinnovato il proprio
impegno verso una composizione del contenzioso del Nagorno-Karabakh,
palesando una sensibilita di vecchia data che lega la Repubblica
Islamica alle vicissitudini della limitrofa Armenia, un'isola etnica
nel cuore della regione turco-tatara.
(Per continuare la lettura cliccate su "2â~@³)
http://www.termometropolitico.it/55869_nagorno-karabakh-sul-filo-dellequilibrio-instabile.html
Termometro Politico, Italia
27 giugno 2013
Un conflitto derubricato
Il ponte dell'inimicizia che si estende tra Armenia ed Azerbaijan
porta il nome di Nagorno-Karabakh: una regione di appena undicimila
chilometri quadrati, abitata da meno di centocinquantamila persone,
di etnia prevalentemente armena.
Era il 1992 quando ad Helsinki il Segretario dell'Organizzazione per la
Sicurezza e la Cooperazione in Europa (che da questo momento chiameremo
semplicemente OSCE) inseriva tra le note dell'agenda internazionale
una Conferenza, da tenersi (solo presumibilmente) a Minsk, in merito
all'affaire del Nagorno. Al cd. Gruppo di Minsk, la cui Presidenza
è attualmente condivisa da tre Paesi, sono invitati a partecipare
Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Cecoslovacchia, Federazione Russa,
Francia, Germania, Italia, Stati Uniti, Svezia, Turchia e - in qualita
di parte interessata - anche i rappresentanti del Nagorno-Karabakh.
Ã~I di pochi giorni fa il meeting di Enniskillen (cittadina
dell'Irlanda del Nord), a seguito del quale i copresidenti del Gruppo
di Minsk hanno comunicato di continuare a credere con fermezza nella
strategia che il working group ha elaborato negli ultimi quattro anni,
in vista di una definitiva risoluzione del conflitto, che assumera
concretezza solo quando la popolazione sara capace di mettere in
disparte passati rancori.
In verita, la sensazione irritante con cui parte dell'opinione pubblica
ha accolto la neutralita delle dichiarazioni divulgate dalle agenzie di
stampa potrebbe trovare la sua raison d'être nell'ambiguo approccio
europeo alle problematiche dell'area caucasica. Ancora oggi non è
affatto semplice parlare di un conflitto che sull'ultimo scorcio degli
anni Ottanta si è abbattuto su una modesta porzione dell'Eurasia:
erano gli anni in cui la polveriera balcanica minacciava un'esplosione
imminente e l'intervento prioritario della comunita internazionale a
fronte dei molteplici crimini di guerra e di una sistematica pulizia
etnica ha lasciato cadere nell'oblio il conflitto armeno-azero.
Solamente nel 1992 l'Osce si preoccupava di comprendeva la reale
portata delle ostilita e - scostando quella discreta cortina di
silenzio - si proponeva di avviare i negoziati di pace, ricorrendo
all'arte mutevole della mediazione internazionale. Correva ancora
l'anno 1992, quando il Nagorno-Karabakh proclamava ufficialmente
la nascita della nuova Repubblica, sebbene il (proprio) Parlamento
ne avesse dichiarato l'indipendenza gia quattro anni prima. Così,
ricominciava il conflitto ancora una volta dimenticato.
In un ormai distante 1994, i rappresentanti dei due Paesi firmavano
in Kirghizistan un cessate il fuoco, che non è bastato a rendere
giustizia alle oltre trentamila vittime e a quasi un milione di
sfollati.
La moderata esposizione dell'impegno internazionale
Anche adesso che lo status quo appare la forma capovolta del progresso,
non si è registrata alcuna evoluzione: succede che le frequenti
schermaglie costringano l'esercito armeno a schierarsi a difesa dei
confini della regione e della fascia di sicurezza circostante e,
ad aggravare un prospetto di per sé poco confortante, continua
una guerra tra cecchini che ogni anno aumenta il numero dei caduti,
anche tra i civili.
A dispregio delle trattative di pace, i dati della spesa militare
sfoggiano una potenziale aggressivita abilmente mimetizzata da una
caotica diplomazia, e lasciano presagire che il conflitto non è
affatto congelato, bensì dinamico e carico di tensione. Mettere
un punto alle ostilita non sembra un obiettivo raggiungibile nel
medio termine: l'Armenia invoca logiche culturali e sociologiche
che motiverebbero come il Nagorno-Karabakh sia parte integrante
dell'identita nazionale; viceversa, l'Azerbaijan antepone ragioni di
orgoglio nazionale.
La storia del Caucaso ricorda che i conflitti dell'era post-sovietica
patiscono le conseguenze dei giochi di potere intrapresi dalle potenze
concorrenti e, se è vero che niente è lasciato al caso, è semplice
intuire perché, specialmente dal 2010, l'Azerbaijan si sia avvalso
dell'assistenza militare prestata dalla Turchia, mentre Mosca sia il
principale alleato dell'Armenia.
Anche l'Iran, nei giorni appena trascorsi, ha rinnovato il proprio
impegno verso una composizione del contenzioso del Nagorno-Karabakh,
palesando una sensibilita di vecchia data che lega la Repubblica
Islamica alle vicissitudini della limitrofa Armenia, un'isola etnica
nel cuore della regione turco-tatara.
(Per continuare la lettura cliccate su "2â~@³)
http://www.termometropolitico.it/55869_nagorno-karabakh-sul-filo-dellequilibrio-instabile.html