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A tu per tu con: Silvia e Ugo ("Face to face with Silvia and Ugo")

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  • A tu per tu con: Silvia e Ugo ("Face to face with Silvia and Ugo")

    A tu per tu con: Silvia e Ugo

    Reset Italia
    ven 08 mar, 2013


    Incontro Ugo con Silvia e i bambini, Riccardo di 5 anni e Letizia di 3
    un venerdì uggioso di gennaio, in un tardo pomeriggio post asilo. Ugo
    lo conosco da più di venticinque anni, è stato il mio testimone di
    nozze e da più di tre anni è malato di SLA, la ormai non più rara
    malattia meglio nota come Sclerosi Laterale Amiotrofica. Comunica
    tramite un sintetizzatore vocale comandato dagli occhi, l'unica parte
    del corpo che riesce ancora a muovere.

    D. Chiedo a Silvia: parlami dell'inizio del vostro rapporto.
    R. Ci siamo conosciuti da adulti: un anno di fidanzamento, oltretutto
    vissuto a distanza per impegni lavorativi in Cina di Ugo [che è
    ingegnere meccanico]. Abbiamo litigato tantissimo, da fidanzati! Per
    fortuna ci siamo sposati dopo pochi mesi. Un giorno, istantaneamente,
    ho avuto una certezza: che quest'uomo, dalla notte dei tempi, era
    stato pensato da Dio per me. Non c'erano altre persone con cui, come
    con lui, sentissi di non aver bisogno di fingere. Non potevo
    lasciarmelo scappare! Era una delle piccole grandi certezze della
    vita, intuizioni come fiammelle che sono la strada per trovare il
    fuoco. Ci siamo sposati nel 2005, ti ricordi vero il nostro
    matrimonio?! Nel febbraio 2008 nasce Riccardo, dopo poco rimango in
    attesa di Letizia la cui nascita è prevista per settembre 2009. A
    giugno 2009 scopriamo che Ugo è affetto da SLA.

    D. Come è andata?
    R. Ugo in quel periodo si sentiva un poco stanco. Un amico fisiatra
    ha l'accortezza di indicarci alcuni esami che sembra opportuno
    effettuare. Il verdetto è terribile: Ugo è affetto da SLA. Il nostro
    impatto con la malattia è stato brutale. Lo specialista ha guardato in
    faccia mio marito e me, che avevo il pancione del settimo mese di
    gravidanza, e ci ha detto senza mezzi termini di non fare progetti a
    lunga scadenza; di non accendere un mutuo a dieci anni, e che se Ugo
    voleva fare una corsa oggi non la rimandasse a domani perché forse
    domani non avrebbe più potuto farla. E' stato uno choc ed un
    insulto. Abbiamo cercato di reagire e di affrontare comunque la realtÃ
    inattesa e carica di angoscia. L'aiuto ci è venuto dal Centro Nemo del
    Niguarda di Milano, un polo specializzato per la SLA, dove l'approccio
    è del tutto diverso: al drastico `non c'è nulla da fare' che ci
    eravamo sentiti sentenziare dal medico si contrappone qui un semplice
    e concreto `vediamo cosa si può fare'. Ci sono stati accanto per
    aiutarci a capire qual è il modo migliore di affrontare la
    situazione. Purtroppo, con Ugo la SLA si dimostra subito una brutta
    bestia vorace. All'inizio di settembre, quando Letizia nasce, Ugo giÃ
    fatica a stare in piedi. Iniziamo mesi terribili, in cui, con velocitÃ
    spaventosa, Ugo sembra cedere terreno alla malattia in una ritirata
    senza tregua: in pochi mesi è in sedia a rotelle. A febbraio 2010,
    dopo un ricovero al Nemo, Ugo non muove più le braccia.

    D. Come hai fatto tu, con i bambini, in questa circostanza ad andare avanti?
    R. Quando Ugo esce dal Nemo, a febbraio, inizia un movimento di
    amicizia e solidarietà che ben presto assume proporzioni non
    previste. I nostri amici, in particolare quelli del movimento di
    Comunione e Liberazione si organizzano in turni: ogni sera arrivano
    almeno in due, con la cena pronta e le maniche rimboccate. Certo,
    questa situazione ha degli aspetti difficili: significa che la propria
    casa smette di essere casa propria, e deve aprirsi per forza ad un
    via-vai di generosità e amicizia che ha aspetti bellissimi ma richiede
    comunque accettazione ed accoglienza. Nasce una grande attenzione nei
    confronti della nostra situazione; eppure, paradossalmente, molte
    delle persone che vengono qui dicono di farlo perché si sentono
    aiutate da noi. Si viene per dare una mano, ma spesso la motivazione
    profonda è più forte, e risiede nel bisogno che tutti abbiamo di
    essere aiutati. Questo ha del miracoloso. Noi non facciamo proprio
    niente, non vogliamo insegnare niente a nessuno, eppure quando
    qualcuno viene qui poi ci confida di stare meglio lui stesso, e ci
    sono diverse persone che chiedono di poter venire ad aiutarci. Pensa
    che in parrocchia si fanno i turni perché ogni giorno ci sia qualcuno
    che recita il rosario per Ugo. Noi così sappiamo che quotidianamente
    qualcuno dedica tempo e preghiere espressamente per noi. Altri hanno
    organizzato pellegrinaggi alla tomba di don Giussani, di cui è stata
    recentemente inaugurata la causa di beatificazione, per chiedere la
    grazia della guarigione. A pregare per noi ci sono persone amiche, ma
    anche tanti sconosciuti: addirittura un monastero di clausura in
    Armenia, a cui un amico ha raccontato la nostra situazione. La forza
    della preghiera è tangibile. Per noi, in particolare per me, è come
    avere accanto una persona in più. Ã=88 difficile spiegarlo, se non se
    ne ha esperienza: non sono parole vuote, che finiscono nel nulla, ma è
    un aiuto veramente concreto e sostanziale. All'aiuto spirituale si
    affianca poi l'aiuto pratico. Abbiamo persone che vengono qui e danno
    una mano in tutto. Quando ho bisogno di qualcosa, alzo il telefono e
    trovo sempre una risposta maggiore delle aspettative.

    D. Come sei cambiata in questi mesi?
    R. Ho imparato, prima di tutto, ad amare mio marito come non avrei
    mai immaginato e sperato: sono innamorata di lui e lo risposerei
    immediatamente, nella situazione in cui si trova. Ho compreso che una
    persona non è ciò che può o non può fare: il suo valore è altrove. E
    poi ho imparato a chiedere aiuto, amicizia, sostegno e
    compagnia. Troppo spesso siamo portati a cercare di far tutto da soli,
    arrogandoci il diritto di poter bastare a noi stessi. Invece siamo
    creature dipendenti, e Ugo lo mostra in modo eclatante. Lui,
    oggettivamente, dipende dagli altri in qualsiasi cosa: dalle più
    piccole, come grattarsi la fronte, fino a quelle fondamentali come il
    nutrirsi o addirittura il respirare. E tuttavia lui mostra, in modo
    estremo, quello che ciascuno di noi è. Io stessa ho imparato a
    chiedere aiuto, perché oggettivamente non ce la faccio: è una
    situazione più grande di tutti noi. Si inizia a vedere che l'uomo è
    fatto per stare con gli altri, in un ambito comunitario. Sono convinta
    che chi muore di disperazione da un lato non si sia reso conto che
    ogni difficoltà racchiude possibilità buone anche per chi lo vive, e
    dall'altro si sia chiuso in se stesso, restando solo e così
    condannandosi all'angoscia. La presenza degli altri è un immenso
    aiuto: qualcuno che viene e chiede come stai, come va, se hai bisogno
    di qualcosa; e non lo chiede solo per formalità , ma perché veramente
    ci tiene a te. Questo ti dà un respiro infinito, ti dà la possibilitÃ
    di ripartire, di guardare a coloro che hai vicino e che ami in un modo
    nuovo tutti i giorni. E ciò è più che mai necessario, in quanto ogni
    giornata è segnata dalla fatica. Fin dal risveglio, Ugo ha problemi
    respiratori per via delle secrezioni che si accumulano nella cannula
    durante il sonno. Poi bisogna spostarlo per l'igiene personale. Troppo
    spesso ci si approccia alle persone con difficoltà di questo tipo come
    se fossero prima di tutto ammalate. Invece, Ugo prima di tutto è mio
    marito: ed è un uomo che ha bisogno di fare una doccia, come tutti. E,
    come tutti, Ugo fa la doccia tutte le mattine. Certo, è una fatica,
    prima di tutto per lui, perché per spostarlo ci vuole un
    sollevatore... Eppure tutto ciò mantiene alta la sua dignità . A noi
    avevano suggerito un letto motorizzato, come quello degli ospedali,
    fin dal primo ricovero. Noi invece abbiamo scelto di dormire insieme
    ancora oggi, nel `lettone», come una qualsiasi coppia di
    sposi. Vogliamo preservare un ambiente familiare a tutti gli effetti
    per i nostri figli. Ugo rimane il papà dei suoi figli: un papà con dei
    problemi, un papà ammalato, ma sempre il papà . E tutta la famiglia
    vive la fede e la speranza della guarigione. I bambini si chiedono
    quando il papà potrà guarire, come se avesse un raffreddore. Nessuno
    di noi vive in una prospettiva di negatività senza speranza: crediamo
    tantissimo nei miracoli.
    Potrebbe essere qualcosa di eclatante: chiudo la porta, vado
    nell'altra stanza e mi trovo mio marito in piedi, guarito. E questo
    potrebbe essere! Oppure, l'altro miracolo sarebbe che si trovasse una
    terapia risolutiva per la SLA: e questo è il miracolo che mio marito
    chiede a Dio, perché sarebbe la guarigione non solo per lui. E credo
    che solo chi soffre come un malato di SLA possa capire cosa vuol dire
    chiedere la stessa salvezza per qualche altro malato che nemmeno
    conosciamo.

    D. mi hanno raccontato che tu e Ugo tenete anche un Corso per fidanzati?
    R: Silvia sorride: credo di averli `stesi', i ragazzi che sono venuti
    qui! Ho detto loro chiaro e tondo che nella vita non si può sapere
    cosa accadrà , e bisogna affrontare coscientemente il passo decisivo
    della vita, quello del matrimonio, sapendo che può capitare anche una
    situazione come la nostra. Certo, quando si fanno le promesse
    matrimoniali, `nella salute e nella malattia', si spera sempre che la
    malattia non accada. Eppure ci si promette di restare accanto
    all'altro anche nel dolore, che può anche essere il dolore di un
    tradimento, ma anche quello di veder tradita l'idea che abbiamo
    dell'altro. Io, Silvia, ho avuto la grazia, il giorno del matrimonio,
    di sentire ciò molto chiaramente: ho fatto quelle promesse con
    coscienza, quel giorno `c'ero' con la testa e con il cuore e non ero
    sopraffatta dalle emozioni. Ho preso in carico questa missione: perché
    sposarsi è una missione, come andare in Africa a convertire e aiutare
    le persone. Il matrimonio non è soltanto il sì di `quel giorno', ma un
    sì rinnovato tutti i giorni e tutte le sere, quando ci si impegna a
    non andare a dormire con il rancore e la rabbia nel cuore, perché il
    momento di buio della notte non si estenda a tutta la vita. Anche se
    l'innamoramento passa, si riafferma continuamente il significato
    dell'accompagnarsi reciprocamente al proprio destino: diventare più
    veri ogni giorno, raggiungendo la verità di sé. Ripensando a questi
    anni di fatica, chi non mi avrebbe giustificata se avessi mollato
    tutto? Cosa mi tiene legata ad una condizione familiare come questa,
    in cui, oltre ad Ugo, anche i bambini mi richiedono moltissimo? Il sì
    delle mie nozze non è un sì soltanto mio, ma è accompagnato dalla
    presenza di un Altro. Ã=88 grazie a Lui che posso oggi guardare mio
    marito con una tenerezza ed un amore molto più potenti di quelli del
    giorno del matrimonio; è grazie a Lui che mio marito, a sua volta, mi
    vuole così bene. `Io ho bisogno di te', mi dice: e non è solo un
    bisogno di cose da fare... Quale marito ha la libertà di dire alla
    moglie una cosa del genere? Il nostro rapporto è vero perché è molto
    libero. Ci guardiamo per quello che siamo, e questa è una meta
    difficilissima. Noi ci sentiamo `benedetti', perché a noi, comunque,
    questa malattia ha portato tanta Grazia. Le nostre promesse sono state
    pronunciate davanti ad un Altro che vive con noi, e la cui presenza e
    vicinanza è ciò che ci tiene insieme e ci aiuta ad avere pietà dei
    nostri limiti: di quelli dell'altro, ma anche dei propri. A volte,
    inconsapevolmente, mi capita di far male ad Ugo: e lì, prima di tutto,
    è a me stessa che devo chiedere perdono, ammettendo di essere limitata
    e di non poter far bene ogni cosa. Amarsi vuol dire non partire dal
    proprio limite, bensì dalla presenza dell'altro. Anche perché non
    sarebbe stato mica facile vivere con Ugo in ogni caso: è un testone
    terribile!


    Autore del post: Lorenzo Roberto Quaglia - Poeta, laureato in
    Giurisprudenza, nato il 12 luglio 1966 a Milano. Suoi lavori sono
    stati pubblicati in riviste culturali, altri hanno ricevuto dei
    prestigiosi consensi ai concorsi: - Artisti Veneti 1989 - C.L.I. 1990
    - Città di Venezia 1992 - XXII Edizione Premio Nazionale Natale
    1989. E' presente nel "Dizionario antologico dei poeti italiani", nel
    "Censimento dei poeti e scrittori contemporanei", in "Arte e Poesia
    dei giorni nostri" e nel "Repertorio di poesia contemporanea"
    (Ed. Ursini 1992). Con la casa editrice on line "Lulu.com"
    (https://www.lulu.com/) pubblica: - nel dicembre 2008 la raccolta di
    poesie "Al Bal Tabarin" - - nel dicembre 2012 il saggio: "Post 2010 -
    2012" gli anni delle opportunità Critica: le sue orme poetiche
    ricalcano, in certo qual modo, lo stile ungarettiano per asciuttezza
    espressiva e per essenzialità e quasi assenza della parola. Il suo
    navigare è senz'altro ok e scandisce un battito non temporale di
    verità e di attese.
    __________________________________________________ ______________
    Translated from Italian to English using Bing Translator

    Face to face with Silvia and Ugo

    Reset Italia
    Fri March 8, 2013

    Meet Ugo with Silvia and children, Richard of 5 years and Letizia of 3
    a boring Friday of January, in a late afternoon kindergarten post. Ugo
    know him from more than twenty-five years, was my wedding and witness
    for more than three years is suffering from ALS, the now no longer
    rare disease known as amyotrophic lateral sclerosis. Communicates
    through a voice synthesizer, controlled from the eyes, the only part
    of the body that can still move.

    D. ask Silvia: tell me about the beginning of your relationship.
    A. we met as adults: a year of engagement, also lived at a distance
    for work commitments in China by Hugh [which is mechanical
    engineer]. We quarrelled a lot, from boyfriends! Luckily we got
    married a few months later. One day, instantly, I had a certainty:
    this man, from the dawn of time, was designed by God for me. There
    were no other people with whom, as with him, felt no need to
    pretend. I couldn't escape the thought! It was a small great
    certainties of life, insights as flames that are the way to find the
    fire. We were married in 2005, remember true our marriage?! In
    February 2008 was born Richard, soon I am waiting for Letizia whose
    birth is scheduled for September 2009. In June 2009 we discover that
    Hugh is suffering from ALS.

    Q. How did it go?
    R. Hugh at the time it felt a little tired. A friend Physiatrist has
    the foresight to provide some tests that it seems appropriate to
    make. The verdict is terrible: Ugo is suffering from ALS. Our impact
    with the disease was brutal. The specialist looked on my face my
    husband and me, I had the belly of the seventh month of pregnancy, and
    told us in no uncertain terms not to do long-term projects; do not
    turn on a mortgage in ten years, and that if Hugh wanted to make a run
    today don't they were to postpone to tomorrow because perhaps tomorrow
    would no longer be able to do it. It was a shock and an insult. We
    tried to react and deal with unexpected reality anyway and full of
    anguish. The help there came from the Centre of Milan's Niguarda Nemo,
    a specialized Centre for the SLA, where the approach is quite
    different: the drastic "there is nothing to do," we heard sentencing
    doctor contrasts here a simple and concrete "Let's see what you can
    do". We were next to help us understand what is the best way to deal
    with the situation. Unfortunately, with Ugo als proves just a bad
    voracious beast. In early September, when Gladness was born, Ugo
    already struggling to stand. We begin the terrible months, where, with
    frightening speed, Ugo seems to cede ground to the illness in a
    retreat without truce: in a few months is in a wheelchair. In February
    2010, after a hospitalization at Nemo, Hugh did not move more arms.

    Q. How did you create, with children, in this circumstance to move forward?
    A. when Hugh comes out of Nemo, in February, began a movement of
    solidarity and friendship that soon takes unexpected proportions. Our
    friends, particularly those of the movement of communion and
    liberation are organized in shifts: every night they arrive at least
    two, with dinner ready and the sleeves rolled up. Of course, this
    situation has difficult aspects: it means that the home stops being
    your own home, and must open up to force a way-go of generosity and
    friendship that has beautiful aspects but still requires acceptance
    and hospitality. A great attention towards our situation; Yet,
    paradoxically, many of the people who come here say they do it because
    they feel helped by us. It is to lend a hand, but often profound
    motivation is stronger, and resides in need that we all have to be
    helped. This is miraculous. We don't do anything, we don't want to
    teach anything to anyone, but when someone comes here then there is
    confident to get better himself, and there are several people who want
    to come to help us. Thinks that in the parish are the rounds because
    every day there is someone who recites the Rosary for Ugo. We thus
    know that someone dedicates time daily and prayers for us. Others have
    organized pilgrimages to the tomb of Fr. Giussani, which was recently
    inaugurated the cause for beatification, to ask for the grace of
    healing. To pray for us there are friendly people, but also many
    strangers: even a cloistered monastery in Armenia, where a friend has
    told our situation. The power of prayer is tangible. For us,
    especially for me, it's like having a person next door. It's hard to
    explain it, if you don't have experience: they are not empty words,
    which end in nothing, but is a really concrete and substantial
    aid. Spiritual aid complements then the practical help. We have people
    who come here and give a hand in everything. When I need something, I
    lift the phone and I always find an answer greater than expectations.

    Q. How are changed during these months?
    A. I learned, first of all, to love my husband as I never imagined
    and hoped: I am in love with him and risposerei him immediately, in
    the situation where it is located. I realized that a person is not
    what may or may not do: its value is elsewhere. And then I learned to
    ask for help, friendship, support and companionship. Too often we tend
    to try to do everything yourself, arrogandoci the right to suffice
    ourselves. Instead we are dependent creatures, and Hugh shows it so
    striking. He, objectively, depends on the other in everything: from
    the smallest, as scratching his forehead until fundamental ones such
    as feeding or even breathe. And yet he shows so far, what each of us
    is. I myself learned to ask for help because I can't objectively: is
    bigger than all of us. You get to see that man is made to be with
    others, on a community level. I am convinced that anyone who dies of
    despair on the one hand we have not realized that each fix has also
    good chances for whoever lives, and on the other it is closed in on
    itself, leaving only and thus condemning the anxiety. The presence of
    others is a huge help: someone who comes and asks how are you, how's
    it going, if you need something; and it asks only for formality, but
    because it really holds us to you. This gives a infinite breath, gives
    you the ability to share, to look at those who have close and you love
    in a new way every day. And this is more than ever necessary because
    each day is marked by fatigue. Since awakening, Ugo has trouble
    breathing because of the secretions that accumulate into the cannula
    while sleeping. Then you have to move it to personal hygiene. All too
    often there are approaches to people with such difficulties as if they
    were first off ill. Instead, Hugh is first of all my husband: ed is a
    man who needs to take a shower, like everybody else. And, like
    everyone else, Ugo showering every morning. Sure, it's a struggle,
    first of all for him, because to move it it takes a lift ... Yet all
    this keeps high dignity. We had suggested a motorized bed, like that
    of hospitals since the first hospitalization. Instead we chose to
    sleep together again today, in Latvian, "like any other married
    couple. We want to preserve an environment familiar to all effects for
    our children. Hugh is the father of her children: a dad with problems,
    a sick dad, but always dad. And the whole family lives the faith and
    hope of healing. Children are asking when Dad can heal, as if he had a
    cold. None of us lives in a perspective of negativity hopeless: we
    believe so much in miracles. Might be something obvious: I close the
    door, go in the other room and I am my husband standing, healed. And
    this could be! Or, another miracle would you find a definitive therapy
    for ALS: and this is the miracle that my husband asks God why would
    not only healing for him. And I guess only those who suffer as a
    sufferer of ALS can understand what does it mean to ask the same
    salvation for some other ill that not even know it.

    Q. I have told you and Ugo keep even
    a course for boyfriends?
    A: Silvia smiles: I think I have them «spread', the guys who came
    here! I told them clearly that in life one cannot know what will
    happen, and you have to consciously address the decisive step of life,
    that of marriage, knowing that it can happen even a situation like
    ours. Of course, when you do the double, "promises in health and
    disease", it is hoped that the disease does not happen. Yet it
    promises to remain next to each other even in pain, which can also be
    the pain of a betrayal, but also to have betrayed the idea that we
    have of each other. I, John, I had the grace, on your wedding day, to
    hear this very clearly: I made those promises with conscience, that
    day there was ' with the head and heart and I wasn't overwhelmed by
    emotion. I took charge of this mission: why getting married is a
    mission, how to go to Africa to convert and help people. Marriage is
    not only the cause of "that day", but a Yes renewed every day and
    every night, when we will not go to sleep with the resentment and
    anger in the heart, because the moment of darkness of the night does
    not extend to the rest of his life. Although falling in love passes,
    it reaffirms the significance of associating with each other to their
    fate: becoming more real every day, reaching the truth
    himself. Thinking back to these years of toil, who I wouldn't be
    justified if I ditched altogether? What keeps me tied to a condition
    familiar as this, in which, apart from Hugh, even children need me so
    much? The Yes of my marriage is not a Yes only mine, but is
    accompanied by the presence of another. It is thanks to him that I can
    now watch my husband with a tenderness and a love more powerful than
    those of the wedding day; It is thanks to him that my husband, in
    turn, want me so well. ' I need you ', it tells me: it is not only a
    need for things to be done ... Which husband has the freedom to say
    his wife such a thing? Our relationship is true because it is very
    free. We look for what we are, and this is a very difficult goal. "We
    feel blessed", because to us, however, the disease has brought such
    grace. Our promises were spoken in front of another who lives with us,
    and whose presence and closeness is what keeps us together and helps
    us to have mercy on our limits: those of others, but also of their
    own. Sometimes, unconsciously, I happen to hurt Hugh: and there, first
    of all, it's myself that I have to ask for forgiveness, admitting to
    be limited and cannot do well everything. Love means not from its
    limit, but by the presence of the other. Also because it wouldn't be
    easy to live with mica Ugo anyway: is an awful big head!


    Author of post: Lorenzo Roberto Quaglia -poet, graduated in law, born
    on July 12, 1966 in Milan. His works have been published in cultural
    magazines, others have received prestigious accolades in
    competitions:-Venetian Artists 1989-C.L.I. 1990-1992 Venice-XXII
    Edition Christmas 1989 national award. It is present in the
    "dictionary of Italian poets anthology", in the "census of
    contemporary poets and writers", "art and poetry of our time" and in
    "contemporary poetry Repertoire" (ed. Ursini 1992). With the online
    publishing house "Lulu.com" (https://www.lulu.com/) publishes:-in
    December 2008 the collection of poems "Al Bal Tabarin"--in December
    2012 the essay: "Post 2010-2012" the years of Critical opportunities:
    poetic retrace his footsteps, somewhat ungarettiano style for dryness
    and expressive essentiality and virtual absence of speech. Her sail is
    definitely ok and marks a non-time beat of truth and waited.


Working...
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