L'ARMENIA DEL GENOCIDIO CENT'ANNI DOPO (3)
Ultimo capitolo del reportage del viadanese Paolo Bergamaschi,
consigliere della Commissione Esteri del Parlamento Europeodi Paolo
Bergamaschi
16 aprile 2015
Foto di Paolo Bergamaschi
MANTOVA. (segue) Quando si discute di genocidio armeno il convitato
di pietra è come sempre la Turchia. Sono in molti in Europa,
in particolare i movimenti di estrema destra, che utilizzano
provocatoriamente, ogniqualvolta possibile, la tragedia del popolo
armeno in funzione anti-turca. Le autorita di Ankara, peraltro, ad
eccezione di qualche sporadica occasione, rispondono in modo isterico
alle richieste di riconoscimento della comunita internazionale negando
l'evidenza dei fatti o cercando di ribaltare in modo grossolano le
vicende storiche. Richard Giragosian, autorevole esponente della
societa civile armena, ritiene che un primo passo sulla strada della
riconciliazione delle parti sarebbe la normalizzazione dei rapporti
fra Ankara e Erevan con la conseguente riapertura delle frontiere
e il ristabilimento delle relazioni diplomatiche. La Turchia, però,
continua a sottrarsi agli impegni sottoscritti con l'Armenia dopo lo
storico incontro fra i presidenti dei due paesi che ebbe luogo nella
capitale della repubblica caucasica nel settembre 2008.
"La ricomposizione della frattura", osserva Giragosian, "sarebbe
nell'interesse anche di Ankara", sottolineando come la prolungata
chiusura del confine si ripercuota negativamente sulla situazione
economica delle regioni nord-orientali della Turchia. Ma Giragosian
non si limita nel suo intervento a parlare delle relazioni con il paese
vicino e a proposito di quelle con l'Unione Europea rivolge un appello
accorato affinche vengano salvaguardate e rilanciate con rinnovate
prospettive ed opportunita. "Il prossimo vertice del Partenariato
Orientale di Riga che si tiene a maggio", fa presente, "deve diventare
per l'Armenia il nuovo punto di partenza delle relazioni con l'Europa",
lamentandosi della scarsa trasparenza con cui il suo paese ha deciso
di aderire all'Unione Economica Euroasiatica.
"L'Armenia ha bisogno di una democrazia sostenibile e durevole",
continua, "in una situazione come quella odierna dove la politica
è definita più dalle personalita dei contendenti che dai programmi
occorre rafforzare le istituzioni più che i leader politici".
E non risparmiando critiche al suo governo Richard osserva come lo
stato di diritto sia stato manipolato nella legge di chi comanda. Da
ultimo Giragosian si sofferma sul muro contro muro in corso fra Russia
ed Unione Europea. "In questo contesto", descrive con lucida analisi,
"l'Armenia rischia di trovarsi dalla parte sbagliata della storia a
causa delle nuova cortina di ferro". E nei confronti dei tradizionali
alleati conclude "l'Armenia tende a sottovalutare la sua importanza per
la Russia mentre la Russia sovrastima il suo valore nelle relazioni
con l'Armenia", augurandosi implicitamente un riaggiustamento di
direzione nella politica estera del suo paese.
Di parere radicalmente opposto è, come ovvio, il presidente Serzh
Sargsyanche rivolgendosi ai presenti da un'immagine completamente
diversa della giovane repubblica. "L'Armenia è un paese dove
i cittadini possono esprimersi liberamente ed i media operano in
piena liberta", dichiara dal podio sottolineando come la riforma in
corso della costituzione migliorera lo stato di diritto e proteggera
ulteriormente i diritti fondamentali. "Buon governo e lotta alla
corruzione sono capisaldi dell'azione di governo", continua, "mentre
cerchiamo di trovare un terreno comune con la societa civile per
arrivare ad un approccio congiunto", aggiunge smentendo le lamentele
insistenti delle organizzazioni non governative. Per quanto riguarda
la situazione geopolitica il capo di stato si limita ad annunciare
nuovi sforzi per trovare uno spazio intermedio di compatibilita fra
Unione Euroasiatica e Unione Europea. L'ultima parte del breve discorso
non può non essere dedicata al genocidio che, a suo avviso, dimostra
come la comunita internazionale non abbia saputo imparare la lezione
della storia, e agli acerrimi nemici azeri accusati di atteggiamenti
distruttivi e massimalisti. "Non voglio rispondere alla provocazioni di
Baku", conclude ribadendo la ferma convinzione che non c'è alternativa
ad una soluzione pacifica del conflitto in Nagorno Karabakh.
Nonostante i recenti screzi diplomatici fra Ankara e la Santa Sede
sbaglia chi pensa che sia la Turchia il principale oppositore del
riconoscimento del dramma storico del popolo armeno. Erdogan a
Davutoglou, gli attuali presidente e primo ministro turco, l'anno
scorso, rompendo il consolidato silenzio del loro paese su questo
tema, avevano pubblicamente offerto le condoglianze alle vittime
della tragedia armena senza però utilizzare il termine genocidio così
come hanno fatto in svariate occasioni altri politici, personalita ed
intellettuali turchi. I più ostinati negazionisti si trovano oggi a
Baku dove si levano continuamente accuse nei confronti di Erevan di
falsificazione e reinterpretazione della storia a fini politici. Dal
campo di battaglia lo scontro fra Armenia ed Azerbaigian si è
trasferito su quello della propaganda. Per la diplomazia azera il
timore è che Erevan possa sfruttare la solidarieta internazionale
derivante dalla commemorazione del genocidio per rafforzare e
giustificare la conquista del Nagorno Karabakh e l'occupazione delle
province circostanti. Durante quella guerra a cavallo degli anni
novanta vennero commesse da entrambe le parti atrocita di ogni tipo.
Non più tardi di qualche settimana fa davanti al parlamento europeo
una piccola manifestazione di azeri ricordava i tragici fatti di
Khojali quando nel 1992 le forze armene spalleggiate dai russi
trucidarono più di 500 abitanti di quel villaggio. Su iniziativa di
Baku l'Organizzazione della Conferenza Islamica ha riconosciuto quel
massacro come genocidio. L'Azerbaigian può così oggi rivendicare
sostegno e compartecipazione, indispensabili per controbilanciare
l'apertura di credito internazionale ottenuta dai nemici armeni. Come
se il torto subito da Baku possa neutralizzare quello subito da Erevan
e le ferite storiche degli uni possano annullare le ferite storiche
degli altri.
Tutto si può dire degli armeni salvo che non siano ospitali. Come
nella vicina Georgia e nel Caucaso in genere le cene ufficiali con
le grandi tavole imbandite straripanti di cibo si trasformano sempre
in festa all'insegna della convivialita e del buonumore. Un fattore
decisivo in questo senso è rappresentato dal vino ma soprattutto dal
brandy che accompagna d'abitudine i pasti in abbondanza. Gli animi
dei commensali si sciolgono dopo pochi istanti come per magia e non
è solo l'effetto dell'alcol. Il distillato stravecchio prodotto in
Armenia è annoverato fra i più rinomati dagli esperti del settore. La
distilleria più famosa è senz'altro l'Ararat che porta sull'etichetta
l'immagine dei monti al centro di quell'Armenia storica che oggi
non c'è più. Prima di partire per Mosca intravedo, a tratti, le
cime innevate del piccolo e del grande Ararat circondate dalle nubi
attraverso le vetrate dell'aeroporto. Si trovano a pochi chilometri
di distanza ma oltre il confine, in territorio turco. In mezzo c'è
una frontiera chiusa ermeticamente da anni e, al di la di questa,
un pezzo di memoria di un popolo che non può e non deve morire perche
è parte della storia dell'umanita, che piaccia o meno ad Ankara.
http://gazzettadimantova.gelocal.it/mantova/cronaca/2015/04/16/news/l-armenia-del-gonocidio-cent-anni-dopo-3-1.11248416
Ultimo capitolo del reportage del viadanese Paolo Bergamaschi,
consigliere della Commissione Esteri del Parlamento Europeodi Paolo
Bergamaschi
16 aprile 2015
Foto di Paolo Bergamaschi
MANTOVA. (segue) Quando si discute di genocidio armeno il convitato
di pietra è come sempre la Turchia. Sono in molti in Europa,
in particolare i movimenti di estrema destra, che utilizzano
provocatoriamente, ogniqualvolta possibile, la tragedia del popolo
armeno in funzione anti-turca. Le autorita di Ankara, peraltro, ad
eccezione di qualche sporadica occasione, rispondono in modo isterico
alle richieste di riconoscimento della comunita internazionale negando
l'evidenza dei fatti o cercando di ribaltare in modo grossolano le
vicende storiche. Richard Giragosian, autorevole esponente della
societa civile armena, ritiene che un primo passo sulla strada della
riconciliazione delle parti sarebbe la normalizzazione dei rapporti
fra Ankara e Erevan con la conseguente riapertura delle frontiere
e il ristabilimento delle relazioni diplomatiche. La Turchia, però,
continua a sottrarsi agli impegni sottoscritti con l'Armenia dopo lo
storico incontro fra i presidenti dei due paesi che ebbe luogo nella
capitale della repubblica caucasica nel settembre 2008.
"La ricomposizione della frattura", osserva Giragosian, "sarebbe
nell'interesse anche di Ankara", sottolineando come la prolungata
chiusura del confine si ripercuota negativamente sulla situazione
economica delle regioni nord-orientali della Turchia. Ma Giragosian
non si limita nel suo intervento a parlare delle relazioni con il paese
vicino e a proposito di quelle con l'Unione Europea rivolge un appello
accorato affinche vengano salvaguardate e rilanciate con rinnovate
prospettive ed opportunita. "Il prossimo vertice del Partenariato
Orientale di Riga che si tiene a maggio", fa presente, "deve diventare
per l'Armenia il nuovo punto di partenza delle relazioni con l'Europa",
lamentandosi della scarsa trasparenza con cui il suo paese ha deciso
di aderire all'Unione Economica Euroasiatica.
"L'Armenia ha bisogno di una democrazia sostenibile e durevole",
continua, "in una situazione come quella odierna dove la politica
è definita più dalle personalita dei contendenti che dai programmi
occorre rafforzare le istituzioni più che i leader politici".
E non risparmiando critiche al suo governo Richard osserva come lo
stato di diritto sia stato manipolato nella legge di chi comanda. Da
ultimo Giragosian si sofferma sul muro contro muro in corso fra Russia
ed Unione Europea. "In questo contesto", descrive con lucida analisi,
"l'Armenia rischia di trovarsi dalla parte sbagliata della storia a
causa delle nuova cortina di ferro". E nei confronti dei tradizionali
alleati conclude "l'Armenia tende a sottovalutare la sua importanza per
la Russia mentre la Russia sovrastima il suo valore nelle relazioni
con l'Armenia", augurandosi implicitamente un riaggiustamento di
direzione nella politica estera del suo paese.
Di parere radicalmente opposto è, come ovvio, il presidente Serzh
Sargsyanche rivolgendosi ai presenti da un'immagine completamente
diversa della giovane repubblica. "L'Armenia è un paese dove
i cittadini possono esprimersi liberamente ed i media operano in
piena liberta", dichiara dal podio sottolineando come la riforma in
corso della costituzione migliorera lo stato di diritto e proteggera
ulteriormente i diritti fondamentali. "Buon governo e lotta alla
corruzione sono capisaldi dell'azione di governo", continua, "mentre
cerchiamo di trovare un terreno comune con la societa civile per
arrivare ad un approccio congiunto", aggiunge smentendo le lamentele
insistenti delle organizzazioni non governative. Per quanto riguarda
la situazione geopolitica il capo di stato si limita ad annunciare
nuovi sforzi per trovare uno spazio intermedio di compatibilita fra
Unione Euroasiatica e Unione Europea. L'ultima parte del breve discorso
non può non essere dedicata al genocidio che, a suo avviso, dimostra
come la comunita internazionale non abbia saputo imparare la lezione
della storia, e agli acerrimi nemici azeri accusati di atteggiamenti
distruttivi e massimalisti. "Non voglio rispondere alla provocazioni di
Baku", conclude ribadendo la ferma convinzione che non c'è alternativa
ad una soluzione pacifica del conflitto in Nagorno Karabakh.
Nonostante i recenti screzi diplomatici fra Ankara e la Santa Sede
sbaglia chi pensa che sia la Turchia il principale oppositore del
riconoscimento del dramma storico del popolo armeno. Erdogan a
Davutoglou, gli attuali presidente e primo ministro turco, l'anno
scorso, rompendo il consolidato silenzio del loro paese su questo
tema, avevano pubblicamente offerto le condoglianze alle vittime
della tragedia armena senza però utilizzare il termine genocidio così
come hanno fatto in svariate occasioni altri politici, personalita ed
intellettuali turchi. I più ostinati negazionisti si trovano oggi a
Baku dove si levano continuamente accuse nei confronti di Erevan di
falsificazione e reinterpretazione della storia a fini politici. Dal
campo di battaglia lo scontro fra Armenia ed Azerbaigian si è
trasferito su quello della propaganda. Per la diplomazia azera il
timore è che Erevan possa sfruttare la solidarieta internazionale
derivante dalla commemorazione del genocidio per rafforzare e
giustificare la conquista del Nagorno Karabakh e l'occupazione delle
province circostanti. Durante quella guerra a cavallo degli anni
novanta vennero commesse da entrambe le parti atrocita di ogni tipo.
Non più tardi di qualche settimana fa davanti al parlamento europeo
una piccola manifestazione di azeri ricordava i tragici fatti di
Khojali quando nel 1992 le forze armene spalleggiate dai russi
trucidarono più di 500 abitanti di quel villaggio. Su iniziativa di
Baku l'Organizzazione della Conferenza Islamica ha riconosciuto quel
massacro come genocidio. L'Azerbaigian può così oggi rivendicare
sostegno e compartecipazione, indispensabili per controbilanciare
l'apertura di credito internazionale ottenuta dai nemici armeni. Come
se il torto subito da Baku possa neutralizzare quello subito da Erevan
e le ferite storiche degli uni possano annullare le ferite storiche
degli altri.
Tutto si può dire degli armeni salvo che non siano ospitali. Come
nella vicina Georgia e nel Caucaso in genere le cene ufficiali con
le grandi tavole imbandite straripanti di cibo si trasformano sempre
in festa all'insegna della convivialita e del buonumore. Un fattore
decisivo in questo senso è rappresentato dal vino ma soprattutto dal
brandy che accompagna d'abitudine i pasti in abbondanza. Gli animi
dei commensali si sciolgono dopo pochi istanti come per magia e non
è solo l'effetto dell'alcol. Il distillato stravecchio prodotto in
Armenia è annoverato fra i più rinomati dagli esperti del settore. La
distilleria più famosa è senz'altro l'Ararat che porta sull'etichetta
l'immagine dei monti al centro di quell'Armenia storica che oggi
non c'è più. Prima di partire per Mosca intravedo, a tratti, le
cime innevate del piccolo e del grande Ararat circondate dalle nubi
attraverso le vetrate dell'aeroporto. Si trovano a pochi chilometri
di distanza ma oltre il confine, in territorio turco. In mezzo c'è
una frontiera chiusa ermeticamente da anni e, al di la di questa,
un pezzo di memoria di un popolo che non può e non deve morire perche
è parte della storia dell'umanita, che piaccia o meno ad Ankara.
http://gazzettadimantova.gelocal.it/mantova/cronaca/2015/04/16/news/l-armenia-del-gonocidio-cent-anni-dopo-3-1.11248416