Panorama, Italia
27 gen 2015
Pro Armenia. Gli ebrei raccontano il genocidio fantasma
Nel giorno della Memoria un toccante libro di Giuntina fa luce sul
primo genocidio del Novecento, quello degli armeni per mano dei
Giovani turchi
Anna Mazzone
Nel 1939, poco prima dell'invasione della Polonia, Adolf Hitler tenne
un discorso al comando delle SS, in cui ordinò come procedere per la
"soluzione finale" e lo sterminio degli ebrei attraverso un universo
concentrazionario fatto di sangue e orrore. Quando qualcuno dalla
platea gli fece notare che sterminare milioni di ebrei non sarebbe
passato inosservato, Hitler rispose: "Chi si ricorda oggi dello
sterminio degli armeni?". Anche in questo Hitler è stato sconfitto.
Non si può cancellare un popolo né la sua memoria. E a mantenere vivo
il ricordo del genocidio armeno per primi sono stati proprio quattro
ebrei.
"Armeni, fratelli miei, è un ebreo che vi sta parlando...". Nel giorno
della Memoria che ricorda l'Olocausto degli ebrei nella Germania
nazista della Seconda guerra mondiale e a settanta anni dalla
liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, la casa editrice
La Giuntina dà alle stampe Pro Armenia. Voci ebraiche sul genocidio
armeno, un libro toccante e coraggioso a cura di Fulvio Cortese e
Francesco Berti, che racconta dello sterminio degli armeni per mano
dei Giovani turchi nel 1915.
Toccante perché le voci narranti di Metz Yeghern, il Grande male come
lo chiamano gli armeni, sono quelle di quattro ebrei. Coraggioso
perché, a distanza di cento anni dal massacro degli armeni, il loro
genocidio è ancora negato dai carnefici. Nessuna traccia sui libri di
scuola di tanti Paesi europei, nessuna traccia nei libri di scuola
della Turchia del presidente Recep Tayyip Erdogan.
E, a quanto sembra, nessuno traccia nemmeno nelle commemorazioni che
si terranno il 24 aprile a Berlino, visto che il ministro degli Esteri
tedesco, Frank Walter Steinmeir, ha recentemente dichiarato che "Il
governo (tedesco) è informato delle iniziative programmate dalle
comunità armene per il centenario degli eventi del 1915. Ma al momento
non è previsto il patrocinio queste iniziative". Rispondendo nel
Bundestag a una serie di domande dei deputati di Die Linke, il capo
della Diplomazia tedesca ha detto che non c'è "certezza storica" del
genocidio armeno e che, per questo, la questione va risolta tra
Turchia e Armenia. .
Pro Armenia. Voci ebraiche sul genocidio armeno è un volume che
gronda sangue e memoria. La prefazione di Antonia Arslan squarcia il
velo di racconti serrati e tragici. Le parole di Lewis Einstein, André
Mandelstam, Aaron Aaronsohn e Rapahel Lemkin rievocano un genocidio
fantasma, che aleggia sull'Europa e la cui testimonianza impone una
doverosa riflessione. Il racconto in tempo reale di questi quattro
ebrei è ancora più significativo perché Einstein, Mandelstam,
Aaronsohn e Lemnkin furono tra le poche voci a cercare di portare
all'attenzione del mondo quello che nel 1915 stava succedendo in
Turchia. All'epoca i tedeschi erano a conoscenza e non fecero nulla
per fermare l'eccidio, rendendosi storicamente complici dei Giovani
turchi e del massacro di più di 1 milione e mezzo di armeni.
Sfilano nelle pagine di Pro Armenia le immagini di madri, padri,
bambini, anziani, ragazzi e ragazze, un intero popolo sterminato,
cacciato dalle proprie case, umiliato, offeso, torturato. I vagoni
merce che trasportavano gli armeni a morire nel deserto non erano
marchiati dalla svastica del Terzo Reich, ma dalla Mezzaluna
dell'impero ottomano, tuttora nella bandiera della Repubblica turca.
Immagini di morte e disperazione in bianco e nero, che prendono corpo
e vita, che respirano plasticamente attraverso il racconto di chi
c'era e ha provato a salvarli.
Quattro uomini giusti, quattro ebrei. Furono tra i pochi a squarciare
il velo dell'indifferenza su un genocidio che era il tragico antipasto
della mattanza ebraica cui il mondo avrebbe assistito solo un pugno di
anni dopo. Le quattro voci dei "fratelli" ebrei degli armeni provarono
a lanciare l'allarme, tentatono di fermare l'eccidio in una disperata
corsa contro il tempo. Ma la comunità internazionale colpevolmente
volse lo sguardo altrove.
Oggi, a cento anni dal genocidio armeno, non è più possibile chiudere
gli occhi e - anzi - è un dovere tenerli bene aperti. Perché, se -
come dice Elie Wiesel - l'ultimo atto di un genocidio è la sua
negazione, la demonizzazione dell'altro, l'antisemitismo e
l'armenofobia galoppante, alimentata negli ultimi anni sia
dall'Azerbaijan che dalla Turchia, è il segnale che un nuovo genocidio
potrebbe ancora compiersi, perché laddove non esiste "memoria", il
Grande male può nuovamente affilare i suoi artigli.
Ebrei ed armeni, uniti nella memoria e nella condivisione di un
passato di morte e di una ferita lacerante che si riapre ogni volta
che la comunità ebraica e quella armena entrano nel mirino di
antisemiti e armenofobi. Non è casuale che nel giorno della memoria
della Shoah il presidente armeno Serzh Sargsyan abbia indirizzato alla
comunità ebraica mondiale un discorso, dicendo che "E' verità
incontestabile che relegare le vittime di genocidi all'oblio e al
negazionismo, soprattutto se di Stato, rappresenti un altro passo
dello stesso crimine. E si tratta di un doppio crimine perché viene
commesso non solo contro delle vittime innocenti ma anche contro il
nostro presente ed il nostro futuro".
Ma c'è una speranza. In un'Europa segnata da un antisemitismo
crescente, la Fondazione per la Memoria della Shoah e la Fondazione
per l'Innovazione politica, hanno diffuso i risultati di una ricerca
sulla "Memoria nel Ventesimo secolo". Un'inchiesta condotta su 31.172
giovani tra i 16 e i 29 anni in 24 Paesi del mondo. Il 77% dei giovani
intervistati crede che nel 1915 in Turchia andò in scena il genocidio
degli armeni. E in Italia i numeri sono addirittura più alti.
Nonostante il silenzio dei libri di Storia, l'87% dei ragazzi italiani
interpellati non ha dubbi nel dire che quello degli armeni fu un
genocidio.
Alla faccia di Hitler e delle sue convinzioni assassine, la Storia ha
già parlato. E questo vale per gli ebrei, per gli armeni e per i
ruandesi. I tre popoli che nel Ventesimo secolo hanno attraversato
l'inferno del genocidio e ne custodiscono la memoria, tramandandola
affinché non succeda mai più.
Pro Armenia. Voci ebraiche sul genocidio armeno
a cura di Fulvio Cortese e Francesco Berti
Prefazione di Antonia Arslan
Edizioni La Giuntina
pag. 140, euro 12
http://www.panorama.it/cultura/libri/pro-armenia-gli-ebrei-raccontano-genocidio-dimenticato/
27 gen 2015
Pro Armenia. Gli ebrei raccontano il genocidio fantasma
Nel giorno della Memoria un toccante libro di Giuntina fa luce sul
primo genocidio del Novecento, quello degli armeni per mano dei
Giovani turchi
Anna Mazzone
Nel 1939, poco prima dell'invasione della Polonia, Adolf Hitler tenne
un discorso al comando delle SS, in cui ordinò come procedere per la
"soluzione finale" e lo sterminio degli ebrei attraverso un universo
concentrazionario fatto di sangue e orrore. Quando qualcuno dalla
platea gli fece notare che sterminare milioni di ebrei non sarebbe
passato inosservato, Hitler rispose: "Chi si ricorda oggi dello
sterminio degli armeni?". Anche in questo Hitler è stato sconfitto.
Non si può cancellare un popolo né la sua memoria. E a mantenere vivo
il ricordo del genocidio armeno per primi sono stati proprio quattro
ebrei.
"Armeni, fratelli miei, è un ebreo che vi sta parlando...". Nel giorno
della Memoria che ricorda l'Olocausto degli ebrei nella Germania
nazista della Seconda guerra mondiale e a settanta anni dalla
liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, la casa editrice
La Giuntina dà alle stampe Pro Armenia. Voci ebraiche sul genocidio
armeno, un libro toccante e coraggioso a cura di Fulvio Cortese e
Francesco Berti, che racconta dello sterminio degli armeni per mano
dei Giovani turchi nel 1915.
Toccante perché le voci narranti di Metz Yeghern, il Grande male come
lo chiamano gli armeni, sono quelle di quattro ebrei. Coraggioso
perché, a distanza di cento anni dal massacro degli armeni, il loro
genocidio è ancora negato dai carnefici. Nessuna traccia sui libri di
scuola di tanti Paesi europei, nessuna traccia nei libri di scuola
della Turchia del presidente Recep Tayyip Erdogan.
E, a quanto sembra, nessuno traccia nemmeno nelle commemorazioni che
si terranno il 24 aprile a Berlino, visto che il ministro degli Esteri
tedesco, Frank Walter Steinmeir, ha recentemente dichiarato che "Il
governo (tedesco) è informato delle iniziative programmate dalle
comunità armene per il centenario degli eventi del 1915. Ma al momento
non è previsto il patrocinio queste iniziative". Rispondendo nel
Bundestag a una serie di domande dei deputati di Die Linke, il capo
della Diplomazia tedesca ha detto che non c'è "certezza storica" del
genocidio armeno e che, per questo, la questione va risolta tra
Turchia e Armenia. .
Pro Armenia. Voci ebraiche sul genocidio armeno è un volume che
gronda sangue e memoria. La prefazione di Antonia Arslan squarcia il
velo di racconti serrati e tragici. Le parole di Lewis Einstein, André
Mandelstam, Aaron Aaronsohn e Rapahel Lemkin rievocano un genocidio
fantasma, che aleggia sull'Europa e la cui testimonianza impone una
doverosa riflessione. Il racconto in tempo reale di questi quattro
ebrei è ancora più significativo perché Einstein, Mandelstam,
Aaronsohn e Lemnkin furono tra le poche voci a cercare di portare
all'attenzione del mondo quello che nel 1915 stava succedendo in
Turchia. All'epoca i tedeschi erano a conoscenza e non fecero nulla
per fermare l'eccidio, rendendosi storicamente complici dei Giovani
turchi e del massacro di più di 1 milione e mezzo di armeni.
Sfilano nelle pagine di Pro Armenia le immagini di madri, padri,
bambini, anziani, ragazzi e ragazze, un intero popolo sterminato,
cacciato dalle proprie case, umiliato, offeso, torturato. I vagoni
merce che trasportavano gli armeni a morire nel deserto non erano
marchiati dalla svastica del Terzo Reich, ma dalla Mezzaluna
dell'impero ottomano, tuttora nella bandiera della Repubblica turca.
Immagini di morte e disperazione in bianco e nero, che prendono corpo
e vita, che respirano plasticamente attraverso il racconto di chi
c'era e ha provato a salvarli.
Quattro uomini giusti, quattro ebrei. Furono tra i pochi a squarciare
il velo dell'indifferenza su un genocidio che era il tragico antipasto
della mattanza ebraica cui il mondo avrebbe assistito solo un pugno di
anni dopo. Le quattro voci dei "fratelli" ebrei degli armeni provarono
a lanciare l'allarme, tentatono di fermare l'eccidio in una disperata
corsa contro il tempo. Ma la comunità internazionale colpevolmente
volse lo sguardo altrove.
Oggi, a cento anni dal genocidio armeno, non è più possibile chiudere
gli occhi e - anzi - è un dovere tenerli bene aperti. Perché, se -
come dice Elie Wiesel - l'ultimo atto di un genocidio è la sua
negazione, la demonizzazione dell'altro, l'antisemitismo e
l'armenofobia galoppante, alimentata negli ultimi anni sia
dall'Azerbaijan che dalla Turchia, è il segnale che un nuovo genocidio
potrebbe ancora compiersi, perché laddove non esiste "memoria", il
Grande male può nuovamente affilare i suoi artigli.
Ebrei ed armeni, uniti nella memoria e nella condivisione di un
passato di morte e di una ferita lacerante che si riapre ogni volta
che la comunità ebraica e quella armena entrano nel mirino di
antisemiti e armenofobi. Non è casuale che nel giorno della memoria
della Shoah il presidente armeno Serzh Sargsyan abbia indirizzato alla
comunità ebraica mondiale un discorso, dicendo che "E' verità
incontestabile che relegare le vittime di genocidi all'oblio e al
negazionismo, soprattutto se di Stato, rappresenti un altro passo
dello stesso crimine. E si tratta di un doppio crimine perché viene
commesso non solo contro delle vittime innocenti ma anche contro il
nostro presente ed il nostro futuro".
Ma c'è una speranza. In un'Europa segnata da un antisemitismo
crescente, la Fondazione per la Memoria della Shoah e la Fondazione
per l'Innovazione politica, hanno diffuso i risultati di una ricerca
sulla "Memoria nel Ventesimo secolo". Un'inchiesta condotta su 31.172
giovani tra i 16 e i 29 anni in 24 Paesi del mondo. Il 77% dei giovani
intervistati crede che nel 1915 in Turchia andò in scena il genocidio
degli armeni. E in Italia i numeri sono addirittura più alti.
Nonostante il silenzio dei libri di Storia, l'87% dei ragazzi italiani
interpellati non ha dubbi nel dire che quello degli armeni fu un
genocidio.
Alla faccia di Hitler e delle sue convinzioni assassine, la Storia ha
già parlato. E questo vale per gli ebrei, per gli armeni e per i
ruandesi. I tre popoli che nel Ventesimo secolo hanno attraversato
l'inferno del genocidio e ne custodiscono la memoria, tramandandola
affinché non succeda mai più.
Pro Armenia. Voci ebraiche sul genocidio armeno
a cura di Fulvio Cortese e Francesco Berti
Prefazione di Antonia Arslan
Edizioni La Giuntina
pag. 140, euro 12
http://www.panorama.it/cultura/libri/pro-armenia-gli-ebrei-raccontano-genocidio-dimenticato/