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Armeni, la lezione del genocidio

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    Avvenire. Italia
    4 mar 2015

    Armeni, la lezione del genocidio

    Herman Vahramian
    4 marzo 2015


    Apartire dall'VIII secolo il Medio Oriente divenne teatro di genocidi.
    Il genocidio e la "soluzione finale", in quanto elementi risolutivi di
    una controversia politica e territoriale, divennero la regola.
    Persiani, georgiani, armeni, greci bizantini ecc. subirono numerosi
    massacri e/o genocidi - che ridussero di nove decimi il novero della
    popolazione vivente su quei territori. In epoca moderna, invece, i
    territori abitati dagli armeni divennero una sorta di "laboratorio
    sito in periferia", assai proficuo per l'Occidente al fine di
    giungere, per mezzo del genocidio, alla soluzione finale di un
    problema, specialmente se le vittime si presentavano "ben pasciute" -
    come appunto accadde con gli ebrei europei. Nel 1932 Hitler a Vienna
    affermò: . Il "lardo armeno" - compreso il
    petrolio di Baku e tutti i beni armeni sparsi nell'impero ottomano e
    lungo la Via della Seta - servì al governo turco-ottomano per
    finanziare la Prima grande guerra mondiale. La prima legge turca che
    cercava di "digerire" i beni depredati agli armeni risaliva al 13
    settembre 1915. Più avanti nella storia, il "lardo ebraico" servì alla
    Germania per finanziare la Seconda guerra mondiale.

    Le condizioni erano invero eccellenti. L'impero ottomano, ormai in
    declino, aveva varcato la soglia della trasformazione da vasto impero
    (comprendente segmenti di Caucaso, Anatolia, Grecia, Balcani,
    Mesopotamia, svariati litorali mediterranei ecc.) a Stato-nazione di
    dimensioni ben più ridotte. In questo sistema-nazione non vi era posto
    per elementi etnici che venivano considerati estranei. Inoltre le
    rivendicazioni indipendentiste armene, che si aggiungevano a quelle
    greche e poi curde, irachene, nestoriane, siriane, libiche, balcaniche
    e arabe in genere, rappresentavano una seria minaccia per la
    sopravvivenza territoriale della Turchia, ormai ridotta a una misera
    cosa. A quel punto, su ispirazione germanica e inglese, venne
    concepito, organizzato e messo in atto il primo tentativo dell'era
    contemporanea di genocidio su vasta scala - che fu, a dir poco, assai
    ben riuscito. Nel giugno 1915 Talaat Pascià, uno dei turchi che
    organizzarono il genocidio armeno, ebbe a dire: . (sottocommissione Onu dei
    Diritti umani, 1973).

    I massacri sistematici di armeni, perpetuati nell'arco dell'ultima
    decade del XIX secolo, sfociarono, a partire dal 1915 e fino a tutto
    il 1918, in un genocidio che sterminò tutti gli armeni che vivevano
    nel territorio della cosiddetta Armenia occidentale (vale a dire
    nell'odierna Turchia). La penisola anatolica (in greco anatolì, ossia
    "oriente") venne svuotata dell'elemento armeno, ebreo, greco,
    mesopotamico, persiano ecc., "salvando" - sottoforma di "turchi di
    montagna" - i soli curdi, la cui sopravvivenza, come è noto, è oggi
    pure seriamente minacciata (35mila morti nell'ultima guerra civile).

    Nel seno di uno Stato-nazione i cosiddetti "elementi estranei" da
    sempre contribuiscono allo sviluppo e alla creazione della ricchezza,
    così come alla sua multiculturalità. Vedi l'esempio degli ebrei
    d'Europa (quanta povertà ha causato agli europei lo sterminio degli
    ebrei? Qualcheduno, munito di carta e penna, forse un giorno dovrebbe
    pur iniziare a fare un calcolo di questo tipo). Sarebbe impossibile
    paragonare la Istanbul di oggi alla Costantinopoli multirazziale e
    tollerante di un tempo, oppure Izmir alla Smirne greco-turco-armena, o
    Tbilisi a Tiflis, e poi Gerusalemme e soprattutto Beirut (ma che bella
    guerra civile interconfessionale...), Baku, Baghdad, Erevan, Algeri,
    Sarajevo alle città che furono nel loro passato. In tutti questi
    luoghi è penetrato come un vento sinistro il nazionalismo più torvo,
    più cieco, più aberrante, e spesso e volentieri assassino. Vietnam,
    Ruanda, Bosnia, Cecenia, Kurdistan, Cambogia, Darfur, Ossezia del
    Sud... Massacri o genocidi? La definizione è labile, la demarcazione
    incerta. Nel primo caso sono esclusi donne e bambini, nel secondo
    invece sono compresi. Diecimila, centomila, un milione e mezzo,
    quattro milioni di vietnamiti, cinque milioni di zingari e ancora sei
    milioni di ebrei sono tanti o pochi? Dipende... Comunque sia,
    stranamente, le immagini dei morti che ci sono arrivate e
    quotidianamente ancora ci arrivano attraverso i mass media - sotto
    qualsiasi cielo - sono simili tra loro, e inoltre i morti risultano
    del tutto indifferenti alla diffusione delle immagini dei loro
    cadaveri.
    Viceversa, la memoria storica che si crea nella mente dei
    sopravvissuti, strano a dirsi, non rimane affatto indifferente. Basti
    come esempio l'accapponarsi della pelle in cui incorre un qualsiasi
    persiano contemporaneo - dopo quasi tredici secoli - di fronte
    all'"arabo" (in Iran la parola "arabo" definisce solo gli arabi
    sauditi; gli altri per i persiani sono iracheni, libanesi, siriani,
    libici ecc.); gli "arabi" di oggi sono pur sempre i discendenti di
    quegli arabi-islamici che in Iran fra il VII e il IX secolo si
    macchiarono di un genocidio quasi totale.

    Storicamente, dopo ogni soluzione finale resta un solo problema: il
    sopravvissuto. Da sempre politica, economia e potere sono anche
    questione di maggioranze e minoranze. Oggi che massacri e genocidi
    stanno diventando a poco a poco dei fatti comuni, quotidiani, da
    consumare comodamente seduti in poltrona con l'ausilio dei vari
    telegiornali serali, qual è il futuro che si prepara, quando ai
    sopravvissuti armeni, ebrei, bosniaci, ceceni, zingari, vietnamiti,
    ruandesi si aggiungeranno i tanti che nel mondo possono candidarsi
    come possibili oggetti di nuovi genocide?


    http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/armeni-la-lezione-del-genocidio.aspx


    From: Baghdasarian
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