Futuro Quotidiano, Italia
07 mar 2015
"ARMENIA, IL POPOLO DELL'ARCA": IN MOSTRA LA RESILIENZA DI UNA CIVILTA'
Di Giulia Di Stefano il 7 marzo 2015
"I tre pilastri su cui si fondano i valori fondamentali della nostra
società europea, il mondo classico, quello cristiano e l'illuminismo
sono oggi sempre più a rischio: basti vedere quello che è stato fatto
dai terroristi dell'Isis ai capolavori del museo di Mosul. L'Armenia
ci insegna che occorre resistere a queste barbare minacce, con la
forza del pensiero e quella dell'anima".
A parlare così, è Louis Godart, archeologo di fama internazionale e
Consigliere per la Conservazione del patrimonio Artistico del
Presidente della Repubblica Italiana, in occasione della conferenza
stampa inaugurale della mostra "Armenia, il popolo dell'Arca" al
Salone Centrale del Complesso del Vittoriano. La ricca esposizione di
reperti archeologici, codici miniati, opere d'arte ed illustrazioni
appartenenti all'antichissima civiltà armena sarà aperta al pubblico,
con ingresso gratuito, fino al 3 maggio prossimo e fa parte delle
iniziative per la commemorazione del centenario dal genocidio armeno,
che fu perpetrato nel 1915, dall'Impero Ottomano, ai danni di più di
un milione e mezzo di armeni residenti su suolo turco.
Un viaggio tra cultura e identità
Una mostra per testimoniare quello che sarebbe dovuto essere
annientato e che invece non solo ha resistito, ma ha anche continuato
a fiorire, proprio come i rami che germogliano dalla croce
nell'iconografia armena. "Armenia, il popolo dell'Arca" parla
innanzitutto della resilienza di una civiltà, votata nel corso dei
secoli a una continua diaspora e che non ha però mai perso la propria
identità, le proprie radici che affondano nel cristianesimo più
antico, in una commistione etnica e culturale tra oriente ed
occidente.
Articolata in sette sezioni, la mostra intende guidare il visitatore
in un viaggio affascinante attraverso reperti antichissimi, quali
capitelli e portali in pietra del V secolo d.C., oggetti preziosi come
la Croce con le reliquie di San Giorgio proveniente dal Museo di
Echmiadzin, codici miniati appartenenti alla Biblioteca dei padri
Mechitaristi di San Lazzaro di Venezia, tra cui il pregiato Vangelo
della regina Mlke risalente all'anno 862. Vera chicca della mostra è
l'Omiliario di Mush, manoscritto miniato del 1202 dalle incredibili
dimensioni e dal ragguardevole peso di 37 kg, le cui vicissitudini
novecentesche sono assurte a simbolo del coraggio e della resilienza
del popolo armeno: il prezioso codice fu infatti diviso in due parti e
così tratto in salvo dal monastero dei Santi Apostoli, nella valle di
Mush, da due donne armene in fuga dalle stragi compiute dagli ottomani
nel 1915. Non a caso anche Antonia Arslan, scrittrice e autrice del
bestseller "La Masseria delle Allodole", nel 2012 dedicò il suo
romanzo "Il Libro di Mush" proprio a questa storia.
Genocidio, diaspora, integrazioni
Le ultime due sezioni espositive sono dedicate, rispettivamente, al
genocidio armeno del 1915 e ai rapporti tra l'Italia e l'Armenia. La
sala in cui viene ricordato il massacro portato avanti dall'Impero
Ottomano all'ombra della Prima guerra mondiale, sterminio spesso
dimenticato dall'opinione pubblica internazionale e negato ancora oggi
dallo stesso governo turco, è una sala buia, scarna, con al centro un
enorme schermo che illustra le mappe e i numeri del genocidio e della
diaspora. A disposizione dei visitatori, una serie di postazioni con
cuffie per poter ascoltare la lettura di alcuni brani di intellettuali
e politici primo novecenteschi che affrontarono pubblicamente e con
coraggio la questione del genocidio armeno: le parole di Antonio
Gramsci, Luigi Luzzatti, Filippo Meda rivivono per gli ascoltatori con
la voce dell'attore di origini armene Paolo Kessisoglu. Infine,
nell'ultima sezione, si parla di integrazione tra popolo armeno e
popolo italiano: una contaminazione che affonda le sue radici in
secoli lontani, a partire dal tardo Medioevo, con il fiorire delle
relazioni mercantili tra l'Italia e l'Oriente. Comunità armene nascono
e si sviluppano un po' in tutto il paese, da Venezia a Livorno, da
Genova a Roma, da Padova a Napoli, con la presenza di artisti,
mercanti, monaci e scrittori che porteranno con sé, di volta in volta,
il loro genio e le loro tradizioni. Dalle pendici del biblico monte
Ararat, oggi geograficamente compreso entro i confini turchi ma da
sempre considerato nucleo originario della propria identità nazionale
dagli armeni, ai piedi del Campidoglio: il viaggio della cultura e
della civiltà armene sembra incredibile, misterioso, tortuoso e,
seppure a tratti confinato nelle pagine più buie della nostra storia
contemporanea, non è mai finito ed è potuto giungere fino a noi, oggi,
con la forza della memoria e della testimonianza.
Giulia Di Stefano
http://www.futuroquotidiano.com/armenia-il-popolo-dellarca-in-mostra-la-resilenza-di-una-civilta/
07 mar 2015
"ARMENIA, IL POPOLO DELL'ARCA": IN MOSTRA LA RESILIENZA DI UNA CIVILTA'
Di Giulia Di Stefano il 7 marzo 2015
"I tre pilastri su cui si fondano i valori fondamentali della nostra
società europea, il mondo classico, quello cristiano e l'illuminismo
sono oggi sempre più a rischio: basti vedere quello che è stato fatto
dai terroristi dell'Isis ai capolavori del museo di Mosul. L'Armenia
ci insegna che occorre resistere a queste barbare minacce, con la
forza del pensiero e quella dell'anima".
A parlare così, è Louis Godart, archeologo di fama internazionale e
Consigliere per la Conservazione del patrimonio Artistico del
Presidente della Repubblica Italiana, in occasione della conferenza
stampa inaugurale della mostra "Armenia, il popolo dell'Arca" al
Salone Centrale del Complesso del Vittoriano. La ricca esposizione di
reperti archeologici, codici miniati, opere d'arte ed illustrazioni
appartenenti all'antichissima civiltà armena sarà aperta al pubblico,
con ingresso gratuito, fino al 3 maggio prossimo e fa parte delle
iniziative per la commemorazione del centenario dal genocidio armeno,
che fu perpetrato nel 1915, dall'Impero Ottomano, ai danni di più di
un milione e mezzo di armeni residenti su suolo turco.
Un viaggio tra cultura e identità
Una mostra per testimoniare quello che sarebbe dovuto essere
annientato e che invece non solo ha resistito, ma ha anche continuato
a fiorire, proprio come i rami che germogliano dalla croce
nell'iconografia armena. "Armenia, il popolo dell'Arca" parla
innanzitutto della resilienza di una civiltà, votata nel corso dei
secoli a una continua diaspora e che non ha però mai perso la propria
identità, le proprie radici che affondano nel cristianesimo più
antico, in una commistione etnica e culturale tra oriente ed
occidente.
Articolata in sette sezioni, la mostra intende guidare il visitatore
in un viaggio affascinante attraverso reperti antichissimi, quali
capitelli e portali in pietra del V secolo d.C., oggetti preziosi come
la Croce con le reliquie di San Giorgio proveniente dal Museo di
Echmiadzin, codici miniati appartenenti alla Biblioteca dei padri
Mechitaristi di San Lazzaro di Venezia, tra cui il pregiato Vangelo
della regina Mlke risalente all'anno 862. Vera chicca della mostra è
l'Omiliario di Mush, manoscritto miniato del 1202 dalle incredibili
dimensioni e dal ragguardevole peso di 37 kg, le cui vicissitudini
novecentesche sono assurte a simbolo del coraggio e della resilienza
del popolo armeno: il prezioso codice fu infatti diviso in due parti e
così tratto in salvo dal monastero dei Santi Apostoli, nella valle di
Mush, da due donne armene in fuga dalle stragi compiute dagli ottomani
nel 1915. Non a caso anche Antonia Arslan, scrittrice e autrice del
bestseller "La Masseria delle Allodole", nel 2012 dedicò il suo
romanzo "Il Libro di Mush" proprio a questa storia.
Genocidio, diaspora, integrazioni
Le ultime due sezioni espositive sono dedicate, rispettivamente, al
genocidio armeno del 1915 e ai rapporti tra l'Italia e l'Armenia. La
sala in cui viene ricordato il massacro portato avanti dall'Impero
Ottomano all'ombra della Prima guerra mondiale, sterminio spesso
dimenticato dall'opinione pubblica internazionale e negato ancora oggi
dallo stesso governo turco, è una sala buia, scarna, con al centro un
enorme schermo che illustra le mappe e i numeri del genocidio e della
diaspora. A disposizione dei visitatori, una serie di postazioni con
cuffie per poter ascoltare la lettura di alcuni brani di intellettuali
e politici primo novecenteschi che affrontarono pubblicamente e con
coraggio la questione del genocidio armeno: le parole di Antonio
Gramsci, Luigi Luzzatti, Filippo Meda rivivono per gli ascoltatori con
la voce dell'attore di origini armene Paolo Kessisoglu. Infine,
nell'ultima sezione, si parla di integrazione tra popolo armeno e
popolo italiano: una contaminazione che affonda le sue radici in
secoli lontani, a partire dal tardo Medioevo, con il fiorire delle
relazioni mercantili tra l'Italia e l'Oriente. Comunità armene nascono
e si sviluppano un po' in tutto il paese, da Venezia a Livorno, da
Genova a Roma, da Padova a Napoli, con la presenza di artisti,
mercanti, monaci e scrittori che porteranno con sé, di volta in volta,
il loro genio e le loro tradizioni. Dalle pendici del biblico monte
Ararat, oggi geograficamente compreso entro i confini turchi ma da
sempre considerato nucleo originario della propria identità nazionale
dagli armeni, ai piedi del Campidoglio: il viaggio della cultura e
della civiltà armene sembra incredibile, misterioso, tortuoso e,
seppure a tratti confinato nelle pagine più buie della nostra storia
contemporanea, non è mai finito ed è potuto giungere fino a noi, oggi,
con la forza della memoria e della testimonianza.
Giulia Di Stefano
http://www.futuroquotidiano.com/armenia-il-popolo-dellarca-in-mostra-la-resilenza-di-una-civilta/