Avvenire. Italia
28 marzo 2015
Andrea Riccardi
28 marzo 2015
La passione di Gesù ricorda che la sofferenza del Maestro non è un
fatto isolato, ma continua tra i suoi discepoli. Questo è avvenuto in
modo particolare nel XX e nel XXI secolo. È una realtà dolorosa di cui
i cristiani hanno fatto fatica a prendere coscienza. Infatti una
simile coscienza non solo chiedeva solidarietà per i perseguitati, ma
anche una nuova concezione del cristianesimo nella storia. Soprattutto
domandava che la storia del cristianesimo non fosse ridotta al nostro
perimetro.
C'è stata (e rimane) una resistenza a ricordare in modo ravvicinato un
martirio che svela il vero volto del cristianesimo e ridimensiona
drammi e problemi dei cristiani del benessere. L'amnesia ha spesso
anestetizzato la coscienza cristiana lungo il Novecento. Dimenticare
tante sofferenze ci ha reso insensibili a molti altri dolori. Eppure
questi anni sono stati un vero "secolo del martirio".
Il Novecento si è aperto con la strage di massa dei cristiani
nell'impero ottomano durante la Grande Guerra.
Gli armeni lo ricordano ogni 24 aprile. In questo giorno, nel 1915,
con l'arresto dei notabili armeni di Istanbul, iniziò la persecuzione
che avrebbe spazzato via un milione e mezzo di armeni, assassinati,
deportati in marce insensate e crudeli, internati in rudimentali campi
della morte. Un mondo di chiese, quartieri, cultura e civiltà,
laboriosità, fu distrutto in qualche mese. È Metz Yeghern (il Grande
Male), come gli armeni chiamano il genocidio. Il 24 aprile 2015
ricorrono cent'anni dai massacri. La Chiesa armena lo ricorda
canonizzando tutti i caduti armeni come martiri.
Questo centenario non riguarda solo la Chiesa armena. Tocca tutte le
Chiese, perché - come insegnava Giovanni Paolo II - nel sangue dei
martiri i cristiani sono già uniti. Forse le nostre Chiese locali
potrebbero ricordare, almeno attraverso la preghiera, questo
centenario di martirio cristiano che aprì il Novecento. Più volte la
Cei ha richiamato i cristiani italiani a non dimenticare nella
preghiera e nella solidarietà i perseguitati. Ebbene, i cristiani oggi
colpiti in Medio Oriente sono spesso discendenti dei martiri del 1915.
Qualche caduto nel 1915 (pochi), come il vescovo armeno-cattolico di
Mardin, Maloyan, è stato beatificato. La maggior parte dei martiri
sono anonimi. Ricordarli da parte delle nostre comunità cristiane
sarebbe veramente opportuno, quando il secolo del martirio, cominciato
nel 1915, si sta ripetendo. La preghiera è un degno ricordo. È anche
un atto di giustizia dopo una lunga dimenticanza di tanto sacrificio.
Questa storia non è una vicenda turco-armena. Nel 1915 c'è stata la
strage di tutti i cristiani: armeni ortodossi in prevalenza, ma anche
armeno-cattolici, siriaci ortodossi e cattolici, caldei, assiri, e
pure protestanti e cattolici latini. Il governo giovane turco (laico e
nazionalista), al potere a Istanbul, volle una purificazione etnica
degli armeni ortodossi, una strage preventiva accusandoli di
separatismo.
Aveva garantito agli ambasciatori "cristiani" che sarebbero stati
risparmiati gli altri ortodossi non armeni e i cattolici. Ma, per
mobilitare i curdi e le masse anatoliche, fu usato l'odio religioso
contro il giaour (l'infedele). Il disegno laico-nazionalista dei
Giovani Turchi scatenò il fanatismo contro i cristiani in quanto tali.
Quasi due milioni di morti. Finì un mondo di convivenza tra cristiani
e musulmani. Fu Seyfo, il tempo della "spada": così lo chiamano
siriaci, assiri e caldei.
Non mancarono giusti musulmani o yazidi che tentarono di salvare la
vita ai cristiani, talvolta perdendo la loro. Fu però una immensa
strage. Molti armeni e altri cristiani, specie donne, avrebbero potuto
salvare la loro vita convertendosi all'islam: non lo fecero e
morirono. Troppa polvere si è accumulata su questa memoria. Questo
centenario avviene, proprio mentre le antiche ferite si sono riaperte
con la persecuzione dei cristiani nel Vicino Oriente. La preghiera e
la memoria delle nostre comunità nel giorno anniversario del genocidio
sarebbe un segno importante nell'orizzonte difficile di oggi.
http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/Memoria-e-preghiera-parla-ancorabr-il-martirio-degli-armeni-nel-.aspx
28 marzo 2015
Andrea Riccardi
28 marzo 2015
La passione di Gesù ricorda che la sofferenza del Maestro non è un
fatto isolato, ma continua tra i suoi discepoli. Questo è avvenuto in
modo particolare nel XX e nel XXI secolo. È una realtà dolorosa di cui
i cristiani hanno fatto fatica a prendere coscienza. Infatti una
simile coscienza non solo chiedeva solidarietà per i perseguitati, ma
anche una nuova concezione del cristianesimo nella storia. Soprattutto
domandava che la storia del cristianesimo non fosse ridotta al nostro
perimetro.
C'è stata (e rimane) una resistenza a ricordare in modo ravvicinato un
martirio che svela il vero volto del cristianesimo e ridimensiona
drammi e problemi dei cristiani del benessere. L'amnesia ha spesso
anestetizzato la coscienza cristiana lungo il Novecento. Dimenticare
tante sofferenze ci ha reso insensibili a molti altri dolori. Eppure
questi anni sono stati un vero "secolo del martirio".
Il Novecento si è aperto con la strage di massa dei cristiani
nell'impero ottomano durante la Grande Guerra.
Gli armeni lo ricordano ogni 24 aprile. In questo giorno, nel 1915,
con l'arresto dei notabili armeni di Istanbul, iniziò la persecuzione
che avrebbe spazzato via un milione e mezzo di armeni, assassinati,
deportati in marce insensate e crudeli, internati in rudimentali campi
della morte. Un mondo di chiese, quartieri, cultura e civiltà,
laboriosità, fu distrutto in qualche mese. È Metz Yeghern (il Grande
Male), come gli armeni chiamano il genocidio. Il 24 aprile 2015
ricorrono cent'anni dai massacri. La Chiesa armena lo ricorda
canonizzando tutti i caduti armeni come martiri.
Questo centenario non riguarda solo la Chiesa armena. Tocca tutte le
Chiese, perché - come insegnava Giovanni Paolo II - nel sangue dei
martiri i cristiani sono già uniti. Forse le nostre Chiese locali
potrebbero ricordare, almeno attraverso la preghiera, questo
centenario di martirio cristiano che aprì il Novecento. Più volte la
Cei ha richiamato i cristiani italiani a non dimenticare nella
preghiera e nella solidarietà i perseguitati. Ebbene, i cristiani oggi
colpiti in Medio Oriente sono spesso discendenti dei martiri del 1915.
Qualche caduto nel 1915 (pochi), come il vescovo armeno-cattolico di
Mardin, Maloyan, è stato beatificato. La maggior parte dei martiri
sono anonimi. Ricordarli da parte delle nostre comunità cristiane
sarebbe veramente opportuno, quando il secolo del martirio, cominciato
nel 1915, si sta ripetendo. La preghiera è un degno ricordo. È anche
un atto di giustizia dopo una lunga dimenticanza di tanto sacrificio.
Questa storia non è una vicenda turco-armena. Nel 1915 c'è stata la
strage di tutti i cristiani: armeni ortodossi in prevalenza, ma anche
armeno-cattolici, siriaci ortodossi e cattolici, caldei, assiri, e
pure protestanti e cattolici latini. Il governo giovane turco (laico e
nazionalista), al potere a Istanbul, volle una purificazione etnica
degli armeni ortodossi, una strage preventiva accusandoli di
separatismo.
Aveva garantito agli ambasciatori "cristiani" che sarebbero stati
risparmiati gli altri ortodossi non armeni e i cattolici. Ma, per
mobilitare i curdi e le masse anatoliche, fu usato l'odio religioso
contro il giaour (l'infedele). Il disegno laico-nazionalista dei
Giovani Turchi scatenò il fanatismo contro i cristiani in quanto tali.
Quasi due milioni di morti. Finì un mondo di convivenza tra cristiani
e musulmani. Fu Seyfo, il tempo della "spada": così lo chiamano
siriaci, assiri e caldei.
Non mancarono giusti musulmani o yazidi che tentarono di salvare la
vita ai cristiani, talvolta perdendo la loro. Fu però una immensa
strage. Molti armeni e altri cristiani, specie donne, avrebbero potuto
salvare la loro vita convertendosi all'islam: non lo fecero e
morirono. Troppa polvere si è accumulata su questa memoria. Questo
centenario avviene, proprio mentre le antiche ferite si sono riaperte
con la persecuzione dei cristiani nel Vicino Oriente. La preghiera e
la memoria delle nostre comunità nel giorno anniversario del genocidio
sarebbe un segno importante nell'orizzonte difficile di oggi.
http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/Memoria-e-preghiera-parla-ancorabr-il-martirio-degli-armeni-nel-.aspx