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Nagorno-Karabakh, la prossima guerra in Europa?

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  • Nagorno-Karabakh, la prossima guerra in Europa?

    Meridiani Relazioni Internazionali , Italia
    4 luglio 2012

    Nagorno-Karabakh, la prossima guerra in Europa??



    Siamo ai confini dell'Europa geografica, in mezzo ai monti del Caucaso
    meridionale. Qui si estende il Nagorno-Karabakh, una regione di circa
    4.400 km quadrati avvolta dalle foreste caucasiche e abitata da appena
    138.000 persone, quasi tutte di etnia armena.

    Questo scenario idilliaco è però ingannevole. La regione è circondata
    da mine e filo spinato. Lungo la cosiddetta `linea di contatto', i
    cecchini armeni e azeri si scontrano quasi quotidianamente. Non si
    tratte di semplici schermaglie, ma di una vera e propria `sniper war',
    una guerra tra cecchini che provoca decine di vittime all'anno. Nel
    resto dell'Europa se ne parla relativamente poco perché questa
    situazione è ormai considerata lo status quo. Eppure, nel medio
    termine, il rischio che la guerra tra cecchini degeneri in un nuovo
    conflitto armato tra Armenia e Azerbaigian è altissimo.

    Al momento, la situazione sul terreno vede l'esercito armeno schierato
    a difesa dei confini del Nagorno-Karabakh e di alcune regioni
    circostanti (che gli armeni chiamano `zona di sicurezza') occupate
    durante la guerra armeno-azera del 1988-1994. Quest'ultima è un
    conflitto in larga parte dimenticato nel resto dell'Europa, che in
    quegli anni era alle prese con le crisi balcaniche.

    Nel maggio 1994 Armenia e Azerbaigian firmarono un cessate il fuoco a
    Mosca, mettendo fine a una guerra che aveva causato 30-35.000 vittime,
    più di 80.000 feriti e un milione di rifugiati. Nonostante la
    mediazione del Gruppo di Minsk dell'Organizzazione per la Sicurezza e
    la Cooperazione in Europa (OSCE), presieduto da Russia, USA e Francia,
    il processo di pace non si è mai concluso.

    L'Armenia rivendica il diritto del Nagorno-Karabakh all'indipendenza
    dall'Azerbaigian in base al tanto discusso principio
    dell'autodeterminazione dei popoli. L'Azerbaigian invece richiede la
    restituzione della regione e dei territori circostanti occupati
    dall'esercito armeno (circa il 16% del territorio azero), facendo
    riferimento al principio della sovranità territoriale. Entrambi i
    principi sono menzionati nella Carta delle Nazioni Unite, che non
    specifica quale prevalga in caso di conflitto.

    In base al diritto internazionale (secondo il principio dell'uti
    possidetis e il diritto consuetudinario), il Nagorno-Karabakh avrebbe
    dovuto diventare parte integrante dell'Azerbaigian dopo il
    disfacimento dell'Unione Sovietica. Gli armeni sottolineano però che i
    confini ereditati dall'epoca sovietica, secondo i quali il
    Nagorno-Karabakh era sotto il controllo di Baku, sono il frutto di
    decisioni arbitrarie degli anni '20 e dell'epoca staliniana.

    In questo confuso retroscena legale e diplomatico, la parola rischia
    di passare nuovamente alle armi. Baku e Yerevan hanno aumentato
    notevolmente la spesa militare negli ultimi anni. In particolare,
    quella azera è passata da 175 milioni di dollari nel 2004 a 3,1
    miliardi di dollari nel 2011. In quest'ultimo anno, il budget militare
    azero è cresciuto del 45% e, grazie ai proventi delle esportazioni di
    gas e petrolio, ha superato l'intero prodotto interno lordo annuale
    armeno.

    L'Azerbaigian sta dunque aumentando la sua forza militare ed è
    determinato a recuperare il controllo delle regioni perse nella guerra
    del 1988-1994, se necessario con l'aiuto delle armi ` come
    recentemente affermato dal presidente azero Ilham Aliyev.

    Sia in Azerbaigian che in Armenia, la retorica bellicistica dei
    politici alimenta una tensione continua. Per l'Armenia, il Nagorno
    Karabakh rappresenta un elemento fondamentale dell'identità nazionale
    (nonostante il suo scarso valore economico). Buona parte dell'élite
    politica armena è originaria della regione. Per l'Azerbaigian, il
    Nagorno-Karabakh costituisce una ferita aperta, evidenziata dalla
    presenza di centinaia di migliaia di rifugiati mai integrati nel
    paese.

    Finora il contesto geopolitico ha frenato l'aggressività di Baku.
    Senza quanto meno la neutralità della Russia ` principale potenza
    militare nel Caucaso ` un attacco azero è molto rischioso. Mosca è il
    principale alleato dell'Armenia e ha 3000 soldati nel paese. Se si
    schierasse al fianco di Yerevan, la guerra potrebbe rivelarsi un
    disastro per l'Azerbaigian. Per l'aviazione russa sarebbe
    relativamente facile bombardare le infrastrutture energetiche azere,
    privando il paese della sua linfa vitale, i proventi che derivano
    dalle esportazioni di gas e petrolio.

    Il contesto geopolitico potrebbe però smettere di essere un freno alla
    ripresa delle ostilità e causare un conflitto di proporzioni molto più
    ampie rispetto a quello del 1988-1994. Oltre alla Russia, Turchia e
    Iran hanno preso posizione a sostegno di una delle parti. Nel 2010
    Baku e Istanbul hanno firmato un accordo di partnership strategica.
    L'Azerbaigian ha ottenuto assistenza militare dalla Turchia, paese con
    cui ha forti affinità etniche, culturali e linguistiche. L'Iran ha
    sviluppato un buon rapporto con l'Armenia.

    La posizione di Stati Uniti e Unione Europea è incerta. Le forti
    lobbies armene negli USA e in paesi europei come la Francia hanno
    impedito un atteggiamento pro-azero, senza però ottenere un sostegno
    costante alla causa armena.

    L'Unione Europea sarebbe sicuramente tra i perdenti di un nuovo
    conflitto in Nagorno-Karabakh, indipendentemente dal fatto che le armi
    diano ragione a Baku o a Yerevan. La guerra creerebbe instabilitÃ
    nell'area dove Bruxelles spera di realizzare il suo Corridoio
    Energetico Meridionale per avere accesso diretto alle risorse del
    Caspio e ridurre la sua dipendenza dalle importazioni dalla Russia. E'
    anche probabile che un nuovo flusso di rifugiati metta sotto pressione
    i confini dell'area Schengen.

    Nonostante questi rischi, l'Unione Europea non è ancora riuscita a
    elaborare una strategia per la risoluzione del conflitto ed è tuttora
    esclusa dal Gruppo di Minsk dell'OSCE. Il rappresentante speciale
    dell'Unione per il Caucaso meridionale, Philippe Lefort, non è
    riuscito a inserirsi in modo determinante nei negoziati. La linea
    elaborata da Bruxelles nei piani d'azione della politica di vicinato è
    contradditoria: i documenti riguardanti l'Azerbaigian sottolineano il
    principio di integrità territoriale, quelli sull'Armenia danno invece
    la priorità al concetto di autodeterminazione dei popoli.

    In assenza di un rinnovato impegno della comunità internazionale per
    la risoluzione del conflitto, una nuova guerra nel medio termine è
    molto probabile. Un'escalation improvvisa non è da escludere nemmeno
    nel breve termine. Con l'opinione pubblica concentrata sulla questione
    siriana, l'Azerbaigian potrebbe lanciare un'offensiva militare lampo
    come quella tentata (senza successo) dalla Georgia di Saakashvili
    nell'agosto 2008.

    Nella peggiore delle ipotesi, il conflitto potrebbe anche estendersi e
    coinvolgere Russia, Turchia e Iran. Oppure, potrebbe svilupparsi come
    corollario di un confronto armato in Siria, dove gli schieramenti
    delle potenze regionali corrispondono. Anche se rimanesse limitata ad
    Armenia e Azerbaigian, la guerra avrebbe effetti più distruttivi di
    quella del 1988-1994. Entrambe le parti dispongono di sistemi d'arma
    più potenti e su scala più ampia.

    Mentre la corsa agli armamenti continua, il tempo per i negoziati sta
    per scadere. L'Europa rischia di diventare teatro di un nuovo
    conflitto, con conseguenze umanitarie e geopolitiche imprevedibili, ma
    quasi sicuramente disastrose.




    From: A. Papazian
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