Osservatorio Balcani e Caucaso, Italia
22 gennaio 2013
Armenia: elezioni a senso unico
Mikayel Zolyan | Yerevan
L'Armenia si prepara ad eleggere il suo prossimo presidente.
Nonostante la pesante crisi economica e il peggiorato quadro
regionale, Serzh Sargsyan, presidente in carica, si prepara ad un
nuovo mandato
Il prossimo 18 febbraio si terranno le elezioni presidenziali in
Armenia. La risposta alla domanda più importante che si pone con ogni
elezione è già chiara: l'attuale presidente Serzh Sargsyan sembra
destinato a vincere le elezioni, dal momento che gli sfidanti non sono
verosimilmente in grado di batterlo né di portarlo al ballottaggio. La
campagna elettorale, tuttavia, solleva un'altra domanda, a cui sia gli
osservatori armeni che quelli esterni trovano difficile rispondere.
Nella maggior parte dei paesi europei, i governi che hanno visto le
proprie economie soffrire a causa della crisi sono stati sconfitti
alle elezioni.
Com'è possibile che in Armenia, uno dei Paesi più colpiti dalla crisi,
il governo in carica si appresti a fare nuovamente il pieno di voti?
Eppure Serzh Sargsyan, un presidente la cui elezione precedente è
stata segnata da accuse di frode e proteste di massa, si trova oggi
praticamente senza concorrenza. Tutto questo sarebbe facile da
spiegare in un paese autoritario. Il sistema politico dell'Armenia,
tuttavia, pur non essendo esattamente una piena e funzionante
democrazia, non è nemmeno una brutale dittatura.
La situazione attuale è particolarmente sorprendente se si guarda alla
complicata situazione interna ed esterna dell'Armenia di oggi.
L'economia è stata duramente colpita dalla crisi economica, e oggi
molti armeni sono alla ricerca di lavoro all'estero. Le già complicate
relazioni esterne sono diventate ancora più insidiose nel corso degli
ultimi anni. Il tentativo di riconciliazione turco-armeno, lanciato
nel 2008 con il sostegno degli Stati Uniti e dell'Unione europea, è
fallito: i protocolli firmati da Ankara e Yerevan nel 2009 sono
rimasti lettera morta.
Se non molto tempo fa i mediatori parlavano di "finestre di
opportunità" nei negoziati armeno-azeri sulla risoluzione del
conflitto del Karabakh, oggi anche questo processo sembra congelato. A
fine agosto Ramil Safarov, militare azero detenuto in un carcere
ungherese per l'omicidio di un ufficiale armeno, è stato estradato in
Azerbaijan, dove non solo è stato rilasciato, ma anche trattato come
un eroe nazionale. Il conseguente scandalo diplomatico ha segnato
probabilmente il punto più basso nelle relazioni armeno-azere dal
cessate il fuoco del 1994. La vicenda Safarov e i costanti incidenti
sulla linea di contatto tra le forze armene e azere dovrebbero far
capire quanto vicine siano le parti al confronto militare aperto. Sul
piano dei rapporti con le potenze mondiali e regionali, infine, il
governo armeno deve conciliare le aspirazioni europee e la
cooperazione con l'UE nel quadro di programmi come il partenariato
orientale con l'alleanza politico-militare con la Russia, compito che
spesso appare praticamente impossibile.
La rinuncia dell'opposizione
Tuttavia, mentre l'Armenia si trova a gestire tante questioni
difficili, nella campagna elettorale si discute sorprendentemente poco
su come affrontarle. Il tema della maggior parte delle discussioni è
stato piuttosto l'identità dei potenziali candidati. Hanno infatti
esitato a lungo due dei più probabili concorrenti di Sargsyan: Levon
Ter-Petrosyan, primo presidente armeno e leader del blocco di
opposizione "Congresso Nazionale Armeno", e Gagik Tsarukyan, uno degli
uomini più ricchi del Paese e leader del partito di semi-opposizione
Armenia Prospera. Fino a dicembre, non è stato chiaro se i due
avrebbero corso o meno, ma alla fine entrambi hanno deciso di
astenersi.
Perché i candidati che avevano le maggiori possibilità contro Sargsyan
hanno deciso di abbandonare la corsa? Molto probabilmente, la
decisione di Ter-Petrosyan è legata agli sviluppi dell'ultimo anno e
alle sue basse probabilità di vittoria. Nelle parlamentari di maggio
2012, l'ANC di Ter-Petrosyan ha ricevuto solo il 7% dei voti. Il
partito aveva rappresentato una forza emergente alle elezioni del
2008, ma oggi, a causa delle manovre del governo in carica, è
sull'orlo del collasso.
- -- Dal nostro archivio: vai al dossier sulle elezioni presidenziali del 2008
-Al contrario, Armenia Prospera, fino a poco tempo fa parte della
coalizione di governo, ha fatto molto bene alle elezioni parlamentari,
sfruttando la sua posizione di partito che ha lasciato la coalizione
di governo, ma che ancora non si è dichiarato opposizione, evitando di
criticare apertamente il governo in carica. Tuttavia, tale posizione
non può essere mantenuta a lungo. La decisione di sfidare Sargsyan
nelle presidenziali avrebbe significato entrare apertamente nel campo
dell'opposizione, che in Armenia, come in altri paesi post-sovietici,
è associato a molti rischi. Molti esponenti di spicco di Armenia
Prospera, compreso il leader Gagik Tsarukyan, sono persone benestanti
con molto da perdere, non disposte a rischiare le proprie ricchezze
per la politica. Il procedimento per appropriazione indebita istruito
a carico di Vartan Oskanian, ex ministro degli Esteri, membro di
spicco di AP e potenziale candidato presidenziale, ha fatto capire ai
membri di AP ciò che potevano aspettarsi nel caso in cui il partito
avesse deciso di diventare una vera forza di opposizione.
I magnifici otto
Pertanto, in assenza di sfidanti di peso, agli elettori armeni sarà
presentato un bizzarro elenco di otto candidati, la maggior parte dei
quali ha poche possibilità di andare oltre l'uno-due per cento dei
voti. Il più esotico è probabilmente Vartan Sedrakyan, auto-proclamato
"eposologo" (il termine, altrettanto oscuro in armeno che in italiano,
vuole significare `ricercatore di folklore epico'). Sedrakyan ha
attirato una certa attenzione dichiarando che userà il folklore epico
armeno di "Sasuntsi David" come programma politico, e che il suo motto
elettorale è "C'è Dio al di sopra". La maggior parte degli altri
candidati sono meno eccentrici, ma le loro probabilità di successo non
sono molto più alte.
Ci sono tuttavia due candidati, l'ex Primo ministro Hrant Bagratyan e
l'ex ministro degli Esteri Raffi Hovannisian, che possono lasciare il
segno sulle elezioni. Anche se nessuno dei due ha alcuna possibilità
realistica di battere Sargsyan, entrambi hanno l'opportunità di
ottenere una percentuale significativa di voti che potrebbe servire da
base per consolidare l'opposizione in futuro. Anche se Sargsyan è il
vincitore più probabile, infatti, nel Paese c'è molto malcontento, e
chi sarà in grado di posizionarsi come principale sfidante in queste
elezioni potrà sfruttare tale malcontento nei prossimi anni.
I due candidati hanno tuttavia i loro limiti. Bagratyan, spesso
associato alle discutibili politiche economiche dei primi anni
novanta, è profondamente impopolare presso alcune fasce di elettori,
in particolare quelli di età media e avanzata. A suo sfavore gioca
anche il fatto che il Congresso Nazionale Armeno, di cui Bagratyan è
ancora formalmente membro, non sostiene la sua candidatura e chiede il
boicottaggio delle elezioni. Hovannisian, nato in America dalla
diaspora armena e trasferitosi in Armenia nel 1991, gode della
reputazione di patriota, lontano dallo stile corrotto e cinico tipico
dei politici post-sovietici. Tuttavia, per alcuni elettori, il suo
background occidentale può essere un handicap, dal momento che spesso
viene visto come lontano dalla realtà sul terreno. La reputazione
politica di Hovannisian ha poi recentemente subito un colpo a causa
del fallito tentativo di alleanza tra il suo partito, "Heritage", e i
"Liberi Democratici". Se l'alleanza è riuscita ad entrare in
parlamento alle politiche del 2012, molti importanti membri di
"Heritage" sono stati lasciati fuori. Di conseguenza, l'alleanza è ora
di fatto inesistente e i "Liberi Democratici" non sostengono nemmeno
la candidatura di Hovannisian.
Dominio indiscusso
Il governo in carica, così traballante solo un paio di anni fa, si
trova oggi in una situazione di dominio indiscusso. La vecchia
opposizione è frammentata e marginalizzata, una nuova non è emersa.
Tuttavia, ciò che sembra una vittoria a breve termine per l'élite al
potere, potrebbe portare a problemi nel lungo termine. È evidente sia
agli armeni che alla comunità internazionale che queste elezioni
saranno senza una vera scelta. La quasi certa vittoria del governo in
carica, già pesantemente delegittimato agli occhi di gran parte della
società armena dopo le contestate elezioni del 2008 e la violenta
repressione delle proteste di massa, difficilmente risolverà il
problema della distanza tra governo e società. Nel suo discorso
inaugurale del 2008, Serzh Sargsyan aveva detto che avrebbe cercato di
rompere il muro di incomprensione tra il governo e una parte dei
cittadini armeni. Se le prossime elezioni sembrano destinate a
conferirgli un secondo mandato, difficilmente lo aiuteranno a rompere
quel muro.
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Armenia/Armenia-elezioni-a-senso-unico-129237
From: A. Papazian
22 gennaio 2013
Armenia: elezioni a senso unico
Mikayel Zolyan | Yerevan
L'Armenia si prepara ad eleggere il suo prossimo presidente.
Nonostante la pesante crisi economica e il peggiorato quadro
regionale, Serzh Sargsyan, presidente in carica, si prepara ad un
nuovo mandato
Il prossimo 18 febbraio si terranno le elezioni presidenziali in
Armenia. La risposta alla domanda più importante che si pone con ogni
elezione è già chiara: l'attuale presidente Serzh Sargsyan sembra
destinato a vincere le elezioni, dal momento che gli sfidanti non sono
verosimilmente in grado di batterlo né di portarlo al ballottaggio. La
campagna elettorale, tuttavia, solleva un'altra domanda, a cui sia gli
osservatori armeni che quelli esterni trovano difficile rispondere.
Nella maggior parte dei paesi europei, i governi che hanno visto le
proprie economie soffrire a causa della crisi sono stati sconfitti
alle elezioni.
Com'è possibile che in Armenia, uno dei Paesi più colpiti dalla crisi,
il governo in carica si appresti a fare nuovamente il pieno di voti?
Eppure Serzh Sargsyan, un presidente la cui elezione precedente è
stata segnata da accuse di frode e proteste di massa, si trova oggi
praticamente senza concorrenza. Tutto questo sarebbe facile da
spiegare in un paese autoritario. Il sistema politico dell'Armenia,
tuttavia, pur non essendo esattamente una piena e funzionante
democrazia, non è nemmeno una brutale dittatura.
La situazione attuale è particolarmente sorprendente se si guarda alla
complicata situazione interna ed esterna dell'Armenia di oggi.
L'economia è stata duramente colpita dalla crisi economica, e oggi
molti armeni sono alla ricerca di lavoro all'estero. Le già complicate
relazioni esterne sono diventate ancora più insidiose nel corso degli
ultimi anni. Il tentativo di riconciliazione turco-armeno, lanciato
nel 2008 con il sostegno degli Stati Uniti e dell'Unione europea, è
fallito: i protocolli firmati da Ankara e Yerevan nel 2009 sono
rimasti lettera morta.
Se non molto tempo fa i mediatori parlavano di "finestre di
opportunità" nei negoziati armeno-azeri sulla risoluzione del
conflitto del Karabakh, oggi anche questo processo sembra congelato. A
fine agosto Ramil Safarov, militare azero detenuto in un carcere
ungherese per l'omicidio di un ufficiale armeno, è stato estradato in
Azerbaijan, dove non solo è stato rilasciato, ma anche trattato come
un eroe nazionale. Il conseguente scandalo diplomatico ha segnato
probabilmente il punto più basso nelle relazioni armeno-azere dal
cessate il fuoco del 1994. La vicenda Safarov e i costanti incidenti
sulla linea di contatto tra le forze armene e azere dovrebbero far
capire quanto vicine siano le parti al confronto militare aperto. Sul
piano dei rapporti con le potenze mondiali e regionali, infine, il
governo armeno deve conciliare le aspirazioni europee e la
cooperazione con l'UE nel quadro di programmi come il partenariato
orientale con l'alleanza politico-militare con la Russia, compito che
spesso appare praticamente impossibile.
La rinuncia dell'opposizione
Tuttavia, mentre l'Armenia si trova a gestire tante questioni
difficili, nella campagna elettorale si discute sorprendentemente poco
su come affrontarle. Il tema della maggior parte delle discussioni è
stato piuttosto l'identità dei potenziali candidati. Hanno infatti
esitato a lungo due dei più probabili concorrenti di Sargsyan: Levon
Ter-Petrosyan, primo presidente armeno e leader del blocco di
opposizione "Congresso Nazionale Armeno", e Gagik Tsarukyan, uno degli
uomini più ricchi del Paese e leader del partito di semi-opposizione
Armenia Prospera. Fino a dicembre, non è stato chiaro se i due
avrebbero corso o meno, ma alla fine entrambi hanno deciso di
astenersi.
Perché i candidati che avevano le maggiori possibilità contro Sargsyan
hanno deciso di abbandonare la corsa? Molto probabilmente, la
decisione di Ter-Petrosyan è legata agli sviluppi dell'ultimo anno e
alle sue basse probabilità di vittoria. Nelle parlamentari di maggio
2012, l'ANC di Ter-Petrosyan ha ricevuto solo il 7% dei voti. Il
partito aveva rappresentato una forza emergente alle elezioni del
2008, ma oggi, a causa delle manovre del governo in carica, è
sull'orlo del collasso.
- -- Dal nostro archivio: vai al dossier sulle elezioni presidenziali del 2008
-Al contrario, Armenia Prospera, fino a poco tempo fa parte della
coalizione di governo, ha fatto molto bene alle elezioni parlamentari,
sfruttando la sua posizione di partito che ha lasciato la coalizione
di governo, ma che ancora non si è dichiarato opposizione, evitando di
criticare apertamente il governo in carica. Tuttavia, tale posizione
non può essere mantenuta a lungo. La decisione di sfidare Sargsyan
nelle presidenziali avrebbe significato entrare apertamente nel campo
dell'opposizione, che in Armenia, come in altri paesi post-sovietici,
è associato a molti rischi. Molti esponenti di spicco di Armenia
Prospera, compreso il leader Gagik Tsarukyan, sono persone benestanti
con molto da perdere, non disposte a rischiare le proprie ricchezze
per la politica. Il procedimento per appropriazione indebita istruito
a carico di Vartan Oskanian, ex ministro degli Esteri, membro di
spicco di AP e potenziale candidato presidenziale, ha fatto capire ai
membri di AP ciò che potevano aspettarsi nel caso in cui il partito
avesse deciso di diventare una vera forza di opposizione.
I magnifici otto
Pertanto, in assenza di sfidanti di peso, agli elettori armeni sarà
presentato un bizzarro elenco di otto candidati, la maggior parte dei
quali ha poche possibilità di andare oltre l'uno-due per cento dei
voti. Il più esotico è probabilmente Vartan Sedrakyan, auto-proclamato
"eposologo" (il termine, altrettanto oscuro in armeno che in italiano,
vuole significare `ricercatore di folklore epico'). Sedrakyan ha
attirato una certa attenzione dichiarando che userà il folklore epico
armeno di "Sasuntsi David" come programma politico, e che il suo motto
elettorale è "C'è Dio al di sopra". La maggior parte degli altri
candidati sono meno eccentrici, ma le loro probabilità di successo non
sono molto più alte.
Ci sono tuttavia due candidati, l'ex Primo ministro Hrant Bagratyan e
l'ex ministro degli Esteri Raffi Hovannisian, che possono lasciare il
segno sulle elezioni. Anche se nessuno dei due ha alcuna possibilità
realistica di battere Sargsyan, entrambi hanno l'opportunità di
ottenere una percentuale significativa di voti che potrebbe servire da
base per consolidare l'opposizione in futuro. Anche se Sargsyan è il
vincitore più probabile, infatti, nel Paese c'è molto malcontento, e
chi sarà in grado di posizionarsi come principale sfidante in queste
elezioni potrà sfruttare tale malcontento nei prossimi anni.
I due candidati hanno tuttavia i loro limiti. Bagratyan, spesso
associato alle discutibili politiche economiche dei primi anni
novanta, è profondamente impopolare presso alcune fasce di elettori,
in particolare quelli di età media e avanzata. A suo sfavore gioca
anche il fatto che il Congresso Nazionale Armeno, di cui Bagratyan è
ancora formalmente membro, non sostiene la sua candidatura e chiede il
boicottaggio delle elezioni. Hovannisian, nato in America dalla
diaspora armena e trasferitosi in Armenia nel 1991, gode della
reputazione di patriota, lontano dallo stile corrotto e cinico tipico
dei politici post-sovietici. Tuttavia, per alcuni elettori, il suo
background occidentale può essere un handicap, dal momento che spesso
viene visto come lontano dalla realtà sul terreno. La reputazione
politica di Hovannisian ha poi recentemente subito un colpo a causa
del fallito tentativo di alleanza tra il suo partito, "Heritage", e i
"Liberi Democratici". Se l'alleanza è riuscita ad entrare in
parlamento alle politiche del 2012, molti importanti membri di
"Heritage" sono stati lasciati fuori. Di conseguenza, l'alleanza è ora
di fatto inesistente e i "Liberi Democratici" non sostengono nemmeno
la candidatura di Hovannisian.
Dominio indiscusso
Il governo in carica, così traballante solo un paio di anni fa, si
trova oggi in una situazione di dominio indiscusso. La vecchia
opposizione è frammentata e marginalizzata, una nuova non è emersa.
Tuttavia, ciò che sembra una vittoria a breve termine per l'élite al
potere, potrebbe portare a problemi nel lungo termine. È evidente sia
agli armeni che alla comunità internazionale che queste elezioni
saranno senza una vera scelta. La quasi certa vittoria del governo in
carica, già pesantemente delegittimato agli occhi di gran parte della
società armena dopo le contestate elezioni del 2008 e la violenta
repressione delle proteste di massa, difficilmente risolverà il
problema della distanza tra governo e società. Nel suo discorso
inaugurale del 2008, Serzh Sargsyan aveva detto che avrebbe cercato di
rompere il muro di incomprensione tra il governo e una parte dei
cittadini armeni. Se le prossime elezioni sembrano destinate a
conferirgli un secondo mandato, difficilmente lo aiuteranno a rompere
quel muro.
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Armenia/Armenia-elezioni-a-senso-unico-129237
From: A. Papazian